Legittimazione a Proporre Querela: Basta il Possesso del Bene
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna a fare chiarezza su un tema cruciale della procedura penale: la legittimazione a proporre querela. La Suprema Corte ha stabilito che, in caso di furto, il diritto di sporgere querela non è una prerogativa esclusiva del proprietario legale del bene, ma si estende anche a chiunque ne abbia il possesso, inteso come relazione di fatto. Questa decisione conferma un orientamento consolidato e rafforza la tutela di situazioni giuridiche concrete.
I Fatti del Caso: Tentato Furto e Questioni Procedurali
Il caso trae origine dal ricorso presentato da due individui condannati nei gradi di merito per reati contro il patrimonio. Il primo era stato accusato di tentato furto di un’autovettura, mentre il secondo di tentata rapina impropria.
I motivi del ricorso erano distinti:
1. Il primo ricorrente sosteneva un difetto di legittimazione a proporre querela. Nello specifico, la denuncia era stata presentata dal figlio della proprietaria dell’auto, che era il possessore e l’utilizzatore abituale del veicolo. Secondo la difesa, solo la proprietaria formale avrebbe avuto il diritto di sporgere querela.
2. Il secondo ricorrente chiedeva una riqualificazione del reato da tentata rapina impropria a concorso in tentato furto, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge da parte dei giudici di merito.
L’Analisi della Corte: Legittimazione a Proporre Querela e Limiti del Ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, fornendo importanti chiarimenti su due aspetti fondamentali del processo penale.
Il Diritto del Possessore a Sporgere Querela
Sul primo punto, la Corte ha definito il motivo di ricorso ‘manifestamente infondato’ e ‘reiterativo’ di censure già respinte in appello. Citando un fondamentale principio espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 40354 del 2013), i giudici hanno ribadito che il bene giuridico protetto dal reato di furto non è solo la proprietà o altri diritti reali, ma anche il possesso.
Il possesso è inteso come una semplice relazione di fatto con la cosa, che non richiede né la disponibilità fisica diretta né un titolo giuridico formale. Di conseguenza, anche chi possiede un bene in modo clandestino o illecito è considerato ‘persona offesa’ dal reato e, pertanto, ha piena legittimazione a proporre querela.
L’Inammissibilità della Rivalutazione dei Fatti
Per quanto riguarda il secondo ricorso, la Corte ha osservato che le doglianze miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione dei fatti. Tale operazione, tuttavia, è preclusa in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio nel merito, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Prospettare una lettura alternativa delle risultanze processuali, per quanto plausibile, non è sufficiente a fondare un ricorso in Cassazione.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. Il primo è la tutela estesa del possesso nel diritto penale. Il legislatore, nel delineare il reato di furto, ha inteso proteggere non solo il diritto astratto di proprietà, ma anche la concreta relazione di un soggetto con un bene. Chi utilizza quotidianamente un’auto, pur non essendone l’intestatario, subisce un danno diretto dal tentativo di furto ed è quindi titolare del diritto di querela. Il secondo pilastro è la natura stessa del giudizio di Cassazione. Permettere una rivalutazione delle prove significherebbe snaturare la funzione della Suprema Corte, trasformandola in un giudice del fatto, compito che la legge riserva esclusivamente ai tribunali di primo e secondo grado.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza ha rilevanti implicazioni pratiche. In primo luogo, consolida la posizione di chi, pur non essendo proprietario formale di un bene, ne ha la disponibilità e l’uso effettivo (si pensi a conviventi, familiari, o a chi detiene un bene in comodato). Questi soggetti possono agire prontamente per la tutela dei loro diritti presentando querela, senza dover attendere l’iniziativa del proprietario. In secondo luogo, la decisione funge da monito per la redazione dei ricorsi in Cassazione, ricordando che questi devono concentrarsi su vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti logici della motivazione) e non su tentativi di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti operato dai giudici di merito. La declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, rappresenta il costo di un ricorso che travalica i limiti imposti dalla legge.
Chi può sporgere querela per il furto di un bene?
Non solo il proprietario legale, ma anche chiunque abbia il possesso del bene, inteso come una relazione di fatto con esso. La sentenza specifica che anche chi utilizza l’auto di un familiare è legittimato a presentare querela.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che non è suo compito effettuare una nuova valutazione delle prove o una diversa ricostruzione dei fatti. Il suo ruolo è limitato a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Cosa accade se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Come avvenuto in questo caso, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28241 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28241 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato il 05/01/1976 COGNOME nato il 18/09/1997
avverso la sentenza del 08/01/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi congiuntamente proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione di legge in ordine agli artt. 120 e 336 cod. proc. pen. per difetto di legittimazione in cap al querelante, in relazione al reato di tentato furto ascritto al primo ricorrent oltre che manifestamente infondato, risulta reiterativo di profili di censura gi dedotti in appello e già congruamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale (si veda pag. 1 della sentenza impugnata, ove si è sottolineato come il querelante, figlio della proprietaria dell’auto, fosse il possessore e utilizzatore dell’auto rubat facendo corretta applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui: «Il bene giuridico protetto dal delitto di furt individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godiment ma anche nel possesso – inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità – che si configura anche in assenza di un titolo giuridico e persin quando esso si costituisce in modo clandestino o illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale posizione di fatto spetta la qualifica di persona offesa e, conseguenza, la legittimazione a proporre querela» (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 255975 – 01);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato d tentata rapina impropria ascritto al secondo ricorrente e alla mancata riqualificazione di tale fattispecie in quella di concorso nel reato di furto, oltre essere anch’esso riproduttivo di doglianze già svolte in appello e già motivatamente respinte dai giudici di appello (si veda pag. 2 della impugnata sentenza), risulta non consentito in questa sede dalla legge in quanto volto a prospettare una non consentita rivalutazione delle risultanze processuali: a questa Corte, infatti, è preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle emergenze probatorie, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271702);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.