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Legittimazione querela: chi può denunciare la truffa

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa. La Corte ha stabilito che la legittimazione querela per reati contro il patrimonio di una persona giuridica non spetta solo al legale rappresentante, ma anche a chi, all’interno di una sua articolazione territoriale (come una filiale), ha compiti di vigilanza e tutela. Inoltre, è stata respinta la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data la natura della condotta e il danno causato.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittimazione Querela: Chi Può Denunciare una Truffa Aziendale?

La questione della legittimazione querela in ambito societario è un tema cruciale nel diritto penale commerciale. Chi ha il potere di avviare un’azione penale quando il patrimonio leso appartiene a una complessa entità giuridica come una banca o una grande azienda? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, ampliando la platea dei soggetti autorizzati e confermando principi giurisprudenziali consolidati. Analizziamo insieme la decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

Il Caso in Esame

Il caso origina dal ricorso di un individuo condannato per truffa ai danni di un istituto di credito. L’imputato aveva presentato un assegno risultato poi scoperto. La sua difesa si basava su due argomenti principali:

1. Invalidità della querela: Secondo il ricorrente, la denuncia era stata sporta da una persona non legittimata a farlo, ovvero un dipendente della filiale e non il legale rappresentante della società.
2. Particolare tenuità del fatto: In subordine, si chiedeva il riconoscimento della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, sostenendo che il danno e la condotta fossero di lieve entità.

La Corte d’Appello aveva già respinto queste tesi, confermando la condanna. La questione è quindi approdata dinanzi alla Suprema Corte.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le censure difensive con argomentazioni chiare e fondate su principi giuridici solidi.

La Validità della Legittimazione Querela del Dipendente

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato in parte inammissibile. La Corte ha sottolineato che la difesa tentava di ottenere una rilettura dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. Nel merito, i giudici hanno confermato la piena validità della querela. La ricostruzione dei fatti aveva dimostrato che a sporgere denuncia era stato proprio il soggetto che, all’interno della filiale, aveva personalmente ricevuto l’assegno dall’imputato.

La Cassazione ha richiamato un suo precedente orientamento (sentenza n. 25134/2023) per spiegare il principio applicabile alla legittimazione querela nella truffa contrattuale contro persone giuridiche. Quando il reato non viene commesso direttamente contro i vertici aziendali, ma attraverso le sue articolazioni periferiche (come agenzie o filiali), la facoltà di querela non è un’esclusiva dei rappresentanti legali.

Questo diritto si estende anche a quei soggetti che, in virtù della loro posizione e dei loro compiti contrattuali all’interno di quella specifica articolazione, hanno il dovere di vigilare sulle attività e di garantire la tutela del patrimonio aziendale. Un esempio calzante è quello di un vicedirettore di filiale responsabile delle operazioni con i terzi. Tale figura, venendo a conoscenza di un illecito, ha non solo il potere ma anche il dovere di attivarsi per la tutela degli interessi dell’ente.

Il Rigetto della Particolare Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo di ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha evidenziato come la sentenza impugnata avesse già fornito una motivazione congrua e logica per escludere l’applicazione della causa di non punibilità.

I giudici di merito avevano infatti considerato le modalità complessive della condotta e la non irrisorietà del profitto ottenuto e del danno cagionato alla persona offesa. Questi elementi, valutati discrezionalmente dal giudice, sono sufficienti a escludere che il fatto possa essere qualificato come di ‘particolare tenuità’.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda sulla necessità di garantire una tutela efficace e tempestiva al patrimonio delle persone giuridiche, spesso articolate in numerose sedi operative. Limitare la legittimazione querela ai soli rappresentanti legali centrali creerebbe un ostacolo procedurale, rallentando la reazione all’illecito e potenzialmente vanificandola. Al contrario, riconoscere tale potere a figure apicali delle singole unità operative, che sono le prime a venire a contatto con la condotta criminale, risponde a un’esigenza di pragmatismo e di effettività della tutela penale. Per quanto riguarda la particolare tenuità del fatto, la Corte ribadisce che la valutazione non può limitarsi al solo dato quantitativo del danno, ma deve comprendere un’analisi complessiva della condotta, del suo grado di offensività e della personalità dell’autore, escludendo automatismi.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio di procedura penale: la tutela del patrimonio di una società non è demandata unicamente ai suoi vertici. I responsabili di filiali, agenzie o altre unità operative, che hanno un obbligo contrattuale di vigilanza, sono pienamente legittimati a sporgere querela per i reati subiti dall’azienda nel loro ambito di competenza. Questa interpretazione estensiva della legittimazione querela rafforza gli strumenti di difesa delle imprese contro le frodi e le truffe, assicurando una risposta giudiziaria più rapida ed efficiente.

Chi può presentare una querela per un reato di truffa commesso contro una società o un istituto di credito?
Non solo i legali rappresentanti della società. La facoltà di proporre querela è estesa anche ai soggetti che, all’interno di specifiche articolazioni aziendali (come filiali o agenzie), hanno l’obbligo contrattuale di vigilare sulle attività e proteggere il patrimonio aziendale.

Perché la Corte di Cassazione ha considerato valida la querela presentata da un dipendente della filiale?
Perché la persona che ha sporto querela era colui che aveva la responsabilità delle operazioni con i terzi in quella filiale e che aveva ricevuto personalmente l’assegno risultato illecito. In virtù del suo ruolo, aveva il potere e il dovere di agire per tutelare il patrimonio dell’istituto di credito.

Per quale motivo è stata negata l’applicazione della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse ben motivata. La valutazione ha tenuto conto delle modalità complessive della condotta e del fatto che il profitto per l’imputato e il danno per la vittima non erano irrisori, elementi che, a discrezione del giudice, escludono la particolare tenuità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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