Legittimazione Querela: Chi Può Denunciare una Truffa Aziendale?
La questione della legittimazione querela in ambito societario è un tema cruciale nel diritto penale commerciale. Chi ha il potere di avviare un’azione penale quando il patrimonio leso appartiene a una complessa entità giuridica come una banca o una grande azienda? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, ampliando la platea dei soggetti autorizzati e confermando principi giurisprudenziali consolidati. Analizziamo insieme la decisione per capire le sue implicazioni pratiche.
Il Caso in Esame
Il caso origina dal ricorso di un individuo condannato per truffa ai danni di un istituto di credito. L’imputato aveva presentato un assegno risultato poi scoperto. La sua difesa si basava su due argomenti principali:
1. Invalidità della querela: Secondo il ricorrente, la denuncia era stata sporta da una persona non legittimata a farlo, ovvero un dipendente della filiale e non il legale rappresentante della società.
2. Particolare tenuità del fatto: In subordine, si chiedeva il riconoscimento della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, sostenendo che il danno e la condotta fossero di lieve entità.
La Corte d’Appello aveva già respinto queste tesi, confermando la condanna. La questione è quindi approdata dinanzi alla Suprema Corte.
L’Analisi della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le censure difensive con argomentazioni chiare e fondate su principi giuridici solidi.
La Validità della Legittimazione Querela del Dipendente
Il primo motivo di ricorso è stato giudicato in parte inammissibile. La Corte ha sottolineato che la difesa tentava di ottenere una rilettura dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. Nel merito, i giudici hanno confermato la piena validità della querela. La ricostruzione dei fatti aveva dimostrato che a sporgere denuncia era stato proprio il soggetto che, all’interno della filiale, aveva personalmente ricevuto l’assegno dall’imputato.
La Cassazione ha richiamato un suo precedente orientamento (sentenza n. 25134/2023) per spiegare il principio applicabile alla legittimazione querela nella truffa contrattuale contro persone giuridiche. Quando il reato non viene commesso direttamente contro i vertici aziendali, ma attraverso le sue articolazioni periferiche (come agenzie o filiali), la facoltà di querela non è un’esclusiva dei rappresentanti legali.
Questo diritto si estende anche a quei soggetti che, in virtù della loro posizione e dei loro compiti contrattuali all’interno di quella specifica articolazione, hanno il dovere di vigilare sulle attività e di garantire la tutela del patrimonio aziendale. Un esempio calzante è quello di un vicedirettore di filiale responsabile delle operazioni con i terzi. Tale figura, venendo a conoscenza di un illecito, ha non solo il potere ma anche il dovere di attivarsi per la tutela degli interessi dell’ente.
Il Rigetto della Particolare Tenuità del Fatto
Anche il secondo motivo di ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha evidenziato come la sentenza impugnata avesse già fornito una motivazione congrua e logica per escludere l’applicazione della causa di non punibilità.
I giudici di merito avevano infatti considerato le modalità complessive della condotta e la non irrisorietà del profitto ottenuto e del danno cagionato alla persona offesa. Questi elementi, valutati discrezionalmente dal giudice, sono sufficienti a escludere che il fatto possa essere qualificato come di ‘particolare tenuità’.
Le Motivazioni
La decisione della Cassazione si fonda sulla necessità di garantire una tutela efficace e tempestiva al patrimonio delle persone giuridiche, spesso articolate in numerose sedi operative. Limitare la legittimazione querela ai soli rappresentanti legali centrali creerebbe un ostacolo procedurale, rallentando la reazione all’illecito e potenzialmente vanificandola. Al contrario, riconoscere tale potere a figure apicali delle singole unità operative, che sono le prime a venire a contatto con la condotta criminale, risponde a un’esigenza di pragmatismo e di effettività della tutela penale. Per quanto riguarda la particolare tenuità del fatto, la Corte ribadisce che la valutazione non può limitarsi al solo dato quantitativo del danno, ma deve comprendere un’analisi complessiva della condotta, del suo grado di offensività e della personalità dell’autore, escludendo automatismi.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un importante principio di procedura penale: la tutela del patrimonio di una società non è demandata unicamente ai suoi vertici. I responsabili di filiali, agenzie o altre unità operative, che hanno un obbligo contrattuale di vigilanza, sono pienamente legittimati a sporgere querela per i reati subiti dall’azienda nel loro ambito di competenza. Questa interpretazione estensiva della legittimazione querela rafforza gli strumenti di difesa delle imprese contro le frodi e le truffe, assicurando una risposta giudiziaria più rapida ed efficiente.
Chi può presentare una querela per un reato di truffa commesso contro una società o un istituto di credito?
Non solo i legali rappresentanti della società. La facoltà di proporre querela è estesa anche ai soggetti che, all’interno di specifiche articolazioni aziendali (come filiali o agenzie), hanno l’obbligo contrattuale di vigilare sulle attività e proteggere il patrimonio aziendale.
Perché la Corte di Cassazione ha considerato valida la querela presentata da un dipendente della filiale?
Perché la persona che ha sporto querela era colui che aveva la responsabilità delle operazioni con i terzi in quella filiale e che aveva ricevuto personalmente l’assegno risultato illecito. In virtù del suo ruolo, aveva il potere e il dovere di agire per tutelare il patrimonio dell’istituto di credito.
Per quale motivo è stata negata l’applicazione della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse ben motivata. La valutazione ha tenuto conto delle modalità complessive della condotta e del fatto che il profitto per l’imputato e il danno per la vittima non erano irrisori, elementi che, a discrezione del giudice, escludono la particolare tenuità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30916 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30916 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si censura la violazione di legge e il vizio di motivazione per travisamento della prova posta a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, e per l’invalidità della querela in quanto presentata da persona non legittimata, è in parte non consentito perché finalizzato ad ottenere una lettura alternativa delle risultanze probatorie, estranea al sindacato di legittimità e avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali già valorizzate dai giudici di merito con corretti argomenti logici e giuridici (si veda, in particolare, pag. 1 sulla legittimazione del querelante in quanto, dalla ricostruzione offerta e condivisa dalla Corte di merito, aveva personalmente ricevuto dall’imputato l’assegno poi risultato scoperto);
che, infatti, secondo consolidata giurisprudenza, in tema di truffa contrattuale, ove il reato sia commesso con condotte aventi ad oggetto la stipula di contratti conclusi mediante rapporti intrattenuti non direttamente con la persona giuridica titolare del patrimonio aggredito, ma con sue articolazioni (quali le agenzie o le filiali degli istituti di credito), la facoltà di proporre querela deve essere riconosciuta non solo ai rappresentanti legali della società, ma anche ai soggetti che in quella specifica articolazione, in ragione dell’organizzazione interna dell’ente e dei ruoli in esso rivestiti, sono contrattualmente obbligati a vigilare sulle attività svolte nei contatti con il pubblico e a garantire la tutela del patrimonio aziendale. (Fattispecie in cui la Corte ha riconosciuto la facoltà di proporre querela a un vice direttore di filiale, che aveva la responsabilità delle operazioni concluse con i terzi in nome dell’istituto di credito, il quale, in tale veste, era venuto a conoscenza del tentativo dell’imputata di versare sul proprio conto un assegno falsificato). (Sez. 2 – , Sentenza n. 25134 del 07/03/2023 Ud. (dep. 09/06/2023 ) Rv. 284631 01)
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione di legge e il difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, è manifestamente infondato, poiché la struttura argomentativa della sentenza congruamente richiama, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità (si veda, in proposito, pag. 1 sulle complessive modalità della condotta e sulla non irrisorietà, a parere discrezionale del giudice, del profitto e correlativo danno cagioNOME alla p.o.);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 21 giugno 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente