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Legittimazione PG appello: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20930/2025, ha rigettato il ricorso di un imputato condannato in appello per lesioni stradali dopo un’assoluzione in primo grado. Il caso verteva sulla legittimazione PG appello, ovvero il diritto del Procuratore Generale di impugnare la sentenza. La Corte ha stabilito che tale legittimazione deriva da intese organizzative con la Procura di primo grado e non necessita di un’acquiescenza formale per ogni singolo caso, confermando la validità dell’appello e la conseguente condanna.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittimazione PG Appello: Quando il Procuratore Generale Può Impugnare un’Assoluzione

La questione della legittimazione PG appello rappresenta un punto cruciale nella procedura penale, specialmente quando una sentenza di assoluzione viene ribaltata in secondo grado. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 20930 del 2025, ha offerto chiarimenti fondamentali su questo tema, consolidando principi importanti in materia di impugnazioni da parte della pubblica accusa e di rinnovazione della prova.

I Fatti del Caso: Da un’Assoluzione a una Condanna in Appello

Il caso trae origine da un incidente stradale. In primo grado, il Tribunale aveva assolto un automobilista dall’accusa di lesioni colpose gravi (art. 590-bis c.p.), ritenendo non provata con certezza la dinamica del sinistro. Tuttavia, il Procuratore Generale (PG) presso la Corte d’Appello decideva di impugnare la sentenza assolutoria.

La Corte d’Appello, dopo aver disposto la rinnovazione dell’istruttoria riesaminando la persona offesa, riformava completamente la decisione di primo grado: dichiarava l’imputato colpevole e lo condannava a una pena detentiva, oltre alla sanzione accessoria della sospensione della patente.

I Motivi del Ricorso in Cassazione: Una Duplice Contestazione

L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione basandosi su due principali motivi di doglianza.

La Contestata Legittimazione PG Appello

Il primo motivo, di natura prettamente procedurale, contestava la stessa legittimazione PG appello. Secondo la difesa, il Procuratore Generale non avrebbe potuto impugnare la sentenza senza aver ricevuto una formale “acquiescenza” da parte del Procuratore della Repubblica che aveva condotto l’accusa in primo grado. Si sosteneva una violazione delle norme che regolano i rapporti tra i due uffici del Pubblico Ministero.

La Violazione delle Regole sulla Rinnovazione della Prova

Il secondo motivo atteneva al merito della decisione d’appello. La difesa lamentava che la Corte territoriale avesse ribaltato l’assoluzione basandosi esclusivamente sulla rinnovata deposizione della persona offesa, considerata decisiva. Tale testimonianza, a dire del ricorrente, era in palese contrasto con i rilievi tecnici effettuati dai Vigili intervenuti sul luogo dell’incidente (tracce di frenata e scarrocciamento del motociclo), che suggerivano una dinamica diversa da quella di un impatto improvviso e imprevedibile.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo importanti precisazioni su entrambi i punti sollevati.

La Piena Validità della Legittimazione PG Appello

Sul primo punto, la Corte ha chiarito che la legittimazione PG appello non è subordinata a un atto formale di consenso del procuratore di primo grado per ogni singolo procedimento. Citando un precedente delle Sezioni Unite (sent. n. 21176/2023), i giudici hanno affermato che la facoltà di impugnare del Procuratore Generale deriva dalle “intese” e dalle “forme di coordinamento” previste dalla legge tra i vari uffici requirenti del distretto. Si tratta di una “mera tecnica di coordinamento” che non incide sulla legittimazione dei due organi, entrambi titolari del potere di impugnazione. L’assenza di una prova formale di tale coordinamento nel singolo caso non rende, pertanto, l’appello inammissibile.

La Corretta Rinnovazione e Valutazione della Prova

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha osservato che la Corte d’Appello ha correttamente applicato il principio della “motivazione rafforzata”, necessario per ribaltare una sentenza di assoluzione. La rinnovazione dell’esame della persona offesa è stata considerata uno strumento adeguato per superare le contraddizioni che avevano portato all’assoluzione.

I giudici di secondo grado, secondo la Suprema Corte, hanno fornito una spiegazione logica e sufficiente sul perché la deposizione rinnovata fosse ritenuta decisiva, precisa e attendibile, superando i dubbi iniziali e ricostruendo la manovra colposa dell’imputato in modo coerente con gli stessi dati tecnici.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, la legittimazione PG appello è un potere autonomo che si fonda su meccanismi organizzativi interni alla magistratura requirente e non su singole autorizzazioni. In secondo luogo, il ribaltamento di un’assoluzione in appello è possibile, ma richiede che il giudice proceda alla rinnovazione delle prove dichiarative decisive e fornisca una motivazione particolarmente solida che spieghi, punto per punto, perché la valutazione del primo giudice era errata e perché le prove riconsiderate conducono a un giudizio di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio.

Il Procuratore Generale può appellare una sentenza di assoluzione senza un’autorizzazione formale dal Procuratore della Repubblica?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la legittimazione del Procuratore Generale a proporre appello deriva dalle intese e dalle forme di coordinamento con gli uffici requirenti di primo grado, come previsto dalla legge. Non è necessaria un’acquiescenza formale per ogni singolo caso, trattandosi di una questione di organizzazione interna.

È sempre obbligatorio rinnovare l’esame di un testimone per ribaltare un’assoluzione in appello?
Sì, quando la sentenza di assoluzione si fonda sulla valutazione di una prova dichiarativa (come una testimonianza) ritenuta decisiva. Il giudice d’appello che intende arrivare a una condanna ha l’obbligo di procedere a una nuova escussione del dichiarante per poter valutare direttamente la sua credibilità.

La sola testimonianza della persona offesa può essere sufficiente per una condanna in appello, anche se contrasta con alcuni dati tecnici?
Sì, a condizione che il giudice d’appello, dopo aver rinnovato l’esame, fornisca una ‘motivazione rafforzata’. Deve cioè spiegare in modo logico e convincente perché ritiene la testimonianza pienamente attendibile e decisiva, superando le contraddizioni (anche con dati tecnici) che avevano portato il primo giudice all’assoluzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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