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Legittimazione madre: assegno al figlio maggiorenne

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimazione della madre a costituirsi parte civile nel processo penale contro l’ex coniuge per il mancato versamento dell’assegno di mantenimento destinato alla figlia maggiorenne ma non economicamente autosufficiente. Secondo la Corte, il genitore convivente che provvede materialmente alle esigenze del figlio subisce un danno diretto dal reato, acquisendo un diritto autonomo e concorrente a quello del figlio a ricevere il contributo.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittimazione madre: l’assegno al figlio maggiorenne spetta anche a lei

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1474 del 2024, ha affrontato una questione cruciale in materia di diritto di famiglia e procedura penale: la legittimazione della madre a costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento del danno derivante dal mancato versamento dell’assegno di mantenimento per la figlia, sebbene quest’ultima sia maggiorenne. La decisione chiarisce che il genitore convivente con il figlio non autosufficiente è anch’esso persona danneggiata dal reato e, pertanto, titolare di un diritto autonomo ad agire.

I Fatti del Caso

Un padre veniva condannato in primo grado per il reato previsto dall’art. 570-bis c.p., per aver omesso di versare l’assegno di mantenimento in favore della figlia maggiorenne ma non economicamente autosufficiente. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza e riconoscendo la particolare tenuità del fatto, confermava le statuizioni civili, ovvero la condanna al risarcimento dei danni e al pagamento di una provvisionale in favore della madre della ragazza, costituitasi parte civile in proprio.

L’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: il difetto di legittimazione attiva della sua ex coniuge. Secondo la tesi difensiva, l’unica persona legittimata a costituirsi parte civile sarebbe stata la figlia, in quanto maggiorenne e destinataria diretta dell’assegno.

La Questione Giuridica e la Legittimazione della Madre

Il nucleo del ricorso verteva sulla presunta carenza di legittimazione della madre ad agire in giudizio. La difesa sosteneva che, essendo la figlia maggiorenne, il diritto a percepire il mantenimento fosse esclusivamente suo. Di conseguenza, solo lei avrebbe potuto agire per il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento del padre. La richiesta di estromissione della madre dal processo, già rigettata nei gradi di merito, veniva così riproposta in sede di legittimità.

I giudici di merito, al contrario, avevano sempre ritenuto che la madre fosse direttamente danneggiata dalla condotta omissiva dell’ex coniuge, in quanto genitore convivente costretto a farsi carico integralmente delle esigenze economiche della figlia.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e confermando la correttezza della decisione dei giudici di merito. Le motivazioni della Corte si basano su principi consolidati sia in materia civile che penale.

Il punto centrale della decisione è che il creditore della prestazione di mantenimento non è solo il figlio, ma anche l’altro genitore con cui egli convive. Quest’ultimo, infatti, sopporta l’onere quotidiano del mantenimento di un soggetto economicamente non autosufficiente. L’inadempimento del genitore obbligato al versamento dell’assegno causa un danno patrimoniale diretto e immediato al genitore convivente, che deve provvedere in via esclusiva alle necessità del figlio.

La Cassazione ha chiarito che il dovere dei genitori di provvedere ai bisogni dei figli nasce dalla filiazione e prosegue senza interruzioni fino al raggiungimento dell’indipendenza economica, a prescindere dal compimento della maggiore età. In questo contesto, il genitore convivente e il figlio sono titolari di diritti autonomi e concorrenti:

1. Il figlio è titolare del diritto al mantenimento.
2. Il genitore convivente è titolare del diritto a ricevere il contributo dall’altro genitore per le spese che sostiene materialmente.

Di conseguenza, il genitore convivente è a tutti gli effetti una ‘persona danneggiata dal reato’ (art. 570-bis c.p.) e ha pieno diritto, iure proprio (cioè in base a un diritto proprio e personale), di costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento del danno subito.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio di fondamentale importanza: la legittimazione della madre (o del genitore convivente) non viene meno con il raggiungimento della maggiore età del figlio, a condizione che quest’ultimo non sia ancora economicamente autosufficiente. Il genitore che si fa carico delle spese quotidiane ha un diritto autonomo e personale a ricevere il contributo dell’altro e, in caso di inadempimento, a essere risarcito. Questa decisione rafforza la tutela del genitore più esposto economicamente e garantisce che l’obbligo di mantenimento sia effettivo, anche quando il beneficiario diretto è ormai maggiorenne.

La madre può costituirsi parte civile per il mancato versamento dell’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la madre convivente con il figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente è considerata persona direttamente danneggiata dal reato di omesso versamento e, pertanto, ha la legittimazione ad agire iure proprio (per un diritto proprio) come parte civile.

Perché la madre è considerata ‘persona danneggiata’ dal reato commesso dall’altro genitore?
Perché l’inadempimento del genitore obbligato al versamento la costringe a sopportare integralmente l’onere economico del mantenimento del figlio, anticipando ogni spesa necessaria al suo sostentamento. Questo le causa un danno patrimoniale diretto e personale.

Il diritto della madre ad agire esclude quello del figlio maggiorenne?
No. La sentenza chiarisce che il diritto della madre è autonomo e concorrente rispetto a quello del figlio. Entrambi sono titolari di distinte posizioni giuridiche: il figlio ha diritto al mantenimento, mentre il genitore convivente ha diritto a ricevere il contributo per le spese che sostiene.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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