Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30026 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30026 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nata a Barletta il 28/12/1997 COGNOME NOME nato a Barletta il 26/11/1973
avverso l’ordinanza del 03/02/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Trani Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi, come da memoria scritta alla quale si riporta.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3 febbraio 2025, il Tribunale del riesame di Trani rigettava l’appello cautelare reale propost o nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Trani in data 19 gennaio 2025, sequestro disposto per finalità impeditive nell’ambito di un procedimento penale in cui gli stessi risultano indagati, la prima quale amministratore di diritto, il secondo quale amministratore di fatto, della RAGIONE_SOCIALE e quale amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE per il reato di frode fiscale ex art. 2, D. lgs. n. 74 del 2000, avente ad oggetto le partecipazioni o quote detenute dalla NOME COGNOME nella RAGIONE_SOCIALE nonché dell’azienda della predetta società .
Avverso tale provvedimento hanno proposto congiunto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME a mezzo dei difensori di fiducia, articolando un unico motivo, di seguito sommariamente enunciato ex art. 173, disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Deducono, tale unico, articolato, motivo, il vizio di violazione di legge, in particolare per essere stato confermato ai danni dei predetti ricorrenti il sequestro impeditivo in difetto del periculum in mora .
In sintesi, si sostiene in ricorso che il Tribunale, nel contrastare il merito dell’istanza di revoca del sequestro preventivo impeditivo, avrebbe dimenticato l’unica ragione che aveva giustificato il provvedimento ablatorio ( la libera disponibilità delle quote societarie potrebbe consentire agli indagati di continuare a porre in essere il sistema fraudolento di emissione ed utilizzo di fatture per reazioni inesistenti gestendo le due società, la cartiera e la società operativa, in maniera illecita anche avvalendosi di eventuali teste di legno ). L’attenzione del giudice delle indagini preliminari si era quindi focalizzata in via esclusiva sulla necessità di evitare, attraverso il sequestro preventivo impeditivo, che la libera disponibilità della società RAGIONE_SOCIALE e dell’azienda gestita dai ricorrenti potesse facilitare l’aggravamento o il protrarsi delle conseguenze dei reati ascritti. Non anche la consumazione di ulteriori reati analoghi a quelli per cui si procede. In definitiva, il sequestro disposto mirava a disarticolare un sistema illecito presuntivamente finalizzato a sottrarsi ai doveri tributari attraverso la creazione di una società schermo nel caso di specie la RAGIONE_SOCIALE Il Tribunale, ignorando la motivazione del decreto di sequestro secondo cui il periculum in mora era da intendersi quale rischio, attuale ed imminente, che la libera disponibilità della RAGIONE_SOCIALE potesse facilitare la consumazione di ulteriori reati in danno dell’Erario, non avrebbe correttamente valutato gli elementi oggettivi e soggettivi che, a suo giudizio, imponevano di considerare la stabile destinazione della società alla consumazione dei reati contestati. Nel ricorso, in particolare, vengono proposti alcuni stralci dell’ordinanza rispetto ai quali la difesa rivolge autonome censure, in particolare sostenendo l’inesistenza di una stabile destinazione di tale società alla consumazione dei contestati reati tributari. Poiché il procedimento nella sua fase genetica si collega ad una verifica fiscale intrapresa nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, da cui emergeva come essa svolgesse la propria attività in via esclusiva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in regime di monocommittenza, e che tra le due società venivano stipulati i contratti di appalto in cui il falso appaltatore (RAGIONE_SOCIALE si limitava a mettere a disposizione del falso committente (RAGIONE_SOCIALE le prestazioni lavorative dei propri dipendenti, si sostiene che quanto descritto nell’ordinanza costituirebbe una mera ipotesi di lavoro non idoneamente riscontrata dai fatti. Non sarebbe quindi emersa alcuna strutturale preordinazione della società indagata alla consumazione dei reati tributari, non essendo state acquisite le dichiarazioni dei redditi della RAGIONE_SOCIALE né il libro delle fatture emesse
relativamente agli anni 2017/2022 a sostegno dell’ipotesi accusatoria. I giudici dell’appello cautelare si sarebbero limitati semplicemente ad eccepire la inidoneità dimostrativa della documentazione commerciale prodotta dalla difesa in occasione dell’udienza camerale in via soltanto esemplificativa e rappresentata da taluni contratti di appalto e da preventivi. Non avrebbe pertanto alcun significato sostenere, come fa invece l’ordinanza a sostegno del periculum in mora , che condotte criminose analoghe a quelle per cui si procede ben potrebbero essere poste anche con eterogenee modalità dalla RAGIONE_SOCIALE Sostenere che l’articolato sistema fraudolento prospettato nella provvisoria incolpazione possa essere in futuro sostituito o surrogato attraverso condotte alternative di natura egualmente illegale, integrerebbe una mera ipotesi di lavoro priva dei caratteri della concretezza e della attualità, peraltro in assenza di elementi di riscontro all’altra ipotesi fondante il rinnovato schema di accusa di una società strutturalmente illecita quale la RAGIONE_SOCIALE Di contro, si osserva in ricorso, vi sarebbero una serie di argomenti in atti già adottati dalla difesa degli indagati che sarebbero stati ignorati dall’ordinanza impugnata (la presenza attuale di un amministratore giudiziario all’interno della RAGIONE_SOCIALE e nominato dal giudice a seguito del sequestro preventivo per equivalente, il quale, nominato anche per il sequestro impeditivo, eserciterebbe tuttora le sue funzioni anche con riferimento a tale provvedimento ablatorio; la presenza di un amministratore giudiziario all’interno della RAGIONE_SOCIALE; la pendenza di un procedimento penale ancora in fase di indagini a carico di entrambi i ricorrenti). Si sarebbe dunque in presenza di una situazione di natura oggettiva che sarebbe fuori dalla realtà non considerare quale di ostacolo o di remora alla reiterazione di condotte delittuose analoghe a quelle già contestate.
In data 27/04/2025 sono state trasmesse le conclusioni scritte del Procuratore generale, con cui chiede la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
In particolare, osserva il PG, il Tribunale della Libertà, difformemente da quanto ritenuto dai ricorrenti, avrebbe correttamente e coerentemente motivato in ordine alla finalità del sequestro preventivo, essendo quest’ultimo stato agganciato al periculum in mora , anch’esso assistito da adeguata motivazione. Al riguardo sono state valutate adeguatamente le doglianze difensive volte a dimostrare l’insussistenza di detto periculum .
In data 1° aprile 2025 è pervenuta richiesta di discussione orale a firma dell’Avv. NOME COGNOME autorizzata con provvedimento del Presidente titolare. In data 10 aprile 2025 è pervenuta una memoria, con allegato, a firma dei difensori, con cui si insiste nell’accoglimento del congiunto ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
È anzitutto inammissibile ricorso proposto dalla ricorrente NOME COGNOME indagata, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
Va premesso che non ha alcun rilievo la circostanza, che emerge dallo stesso ricorso, per la quale il giudice delle indagini preliminari ha nominato per il sequestro impeditivo un amministratore giudiziario della società nella persona del dott. NOME COGNOME Sul punto non può operarsi alcuna distinzione tra le quote societarie – di spettanza dei soci – e compendio aziendale, per sostenere che la ricorrente non abbia legittimazione ad impugnare, posto che è stato nominato un amministratore giudiziario.
2.1. Al riguardo, non può richiamarsi il principio secondo cui, in tema di sequestro preventivo di beni di una società, la legittimazione all’impugnazione spetterebbe all’amministratore giudiziario nominato all’atto del sequestro e non al legale rappresentante della persona giuridica in carica prima del provvedimento ablatorio (Sez. 1, n. 36064 del 15/06/2023, Sangermano, Rv. 285280 – 01).
Va infatti precisato che tale precedente giurisprudenziale concerne, a ben vedere, la diversa ipotesi in cui il socio unico della società non abbia – o non abbia più – la rappresentanza formale dell’ente, posto che costituisce ius receptum il principio, ricordato anche dalla pronuncia, secondo cui colui che riveste la qualifica di socio di una società di persone ma non quella di legale rappresentante non è legittimato a chiedere la restituzione dei beni in sequestro di proprietà della stessa, non potendo far valere in giudizio situazioni a lui estranee (in tal senso, da ultimo, Sez.3, n. 34996 del 15/05/2024, Rv. 286910). Nel caso in disamina, la ricorrente ha formulato richiesta di riesame nella qualità di indagata, quale avente diritto alla restituzione delle quote (v., in termini, Sez. 3, n. 12671 del 5 febbraio 2025, Vienna RAGIONE_SOCIALE, non mass.).
2.2. Quanto, invece, al sequestro del compendio aziendale, non sussiste la legittimazione all’impugnazione della ricorrente, in quanto difetta in capo al difensore la procura speciale necessaria per poter impugnare.
Questa Corte ha, infatti, anche da ultimo affermato che, in tema di sequestro preventivo di beni appartenenti a una società di capitali, l’indagato, pur se legale rappresentante e socio unico di essa, non è legittimato a proporre, in proprio, richiesta di riesame, essendo necessario il conferimento di procura speciale al difensore per agire nell’interesse della persona giuridica (Sez. 2, n. 18419 del 22/03/2024, COGNOME, Rv. 286321 – 01) . Del resto, è noto l’orientamento di questa Corte secondo cui l ‘indagato è legittimato ad impugnare il provvedimento che disponga una misura cautelare reale ovvero che ne confermi l’applicazione solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale all’impugnazione stessa, che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 5, n. 52060 del 30/10/2019, Angeli, Rv. 277753 -04).
Nella specie è indimostrata la sussistenza di un simile interesse in capo alla ricorrente in quanto la restituzione dei beni immobili, in ipotesi di annullamento del sequestro, sarebbe dovuta avvenire in favore dell ‘amministratore giudiziario e non in favore della ricorrente.
Quanto, invece, al ricorso proposto nell’interesse dell’amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, l’indagato NOME COGNOME il ricorso è inammissibile per difetto di legittimazione ex art. 591, cod. proc. pen.
Ed invero, in materia di misure cautelari reali, soggetti legittimati alla impugnazione sono il proprietario della cosa, i titolari di un diritto reale di godimento o di garanzia sul bene sequestrato e anche il soggetto che ne abbia il possesso o la detenzione qualificati (ad esempio, il conduttore di bene immobile: Sez. 3, 22/04/2010 n. 26196 Rv. 247693). L’impugnazione, infatti, può essere proposta solamente da chi, in caso di accoglimento, ha diritto alla restituzione del bene (giurisprudenza costante: tra le tante: Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, Rv. 281098).
3.1. Nella specie, il provvedimento di sequestro preventivo ha attinto le partecipazioni o quote detenute dalla legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME.
3.2. Il ricorso, proposto da entrambi gli indagati, contesta il periculum in mora . Quanto alla legale rappresentante, si è già detto.
Quanto al COGNOME, quale amministratore di fatto, proprio tale qualifica esclude che egli sia legittimato, attesa l’ insussistenza del diritto alla restituzione sia delle quote (di cui non è titolare) sia del compendio aziendale della RAGIONE_SOCIALE (di cui non è legale rappresentante, peraltro in costanza della presenza di un amministratore giudiziario che, come visto, priva di legittimazione, quanto al compendio aziendale, anche la stessa legale rappresentante).
In ogni caso, il ricorso è inammissibile nel merito, nonostante quanto esposto in ricorso e nella memoria in limine litis depositata, in quanto i giudici del riesame, come emerge nitidamente dalla lettura delle pagg. 7/ 10 dell’impugnata ordinanza, hanno chiaramente indicato le ragioni per le quali la prospettazione difensiva era del tutto priva di pregio.
4.1. Il ricorso, dunque, è generico per aspecificità, in quanto non si confronta minimamente con le argomentazioni del giudice del riesame, svolgendo censure che replicano, per così dire, le critiche già svolte in sede di appello cautelare reale, esponendosi quindi al giudizio di inammissibilità.
I giudici dell’appello cautelare, infatti, spiegano a pag. 7 perché sono da considerarsi irrilevanti le obiezioni difensive riguardanti, da un lato, l’esistenza della
duplicità di un sequestro, impeditivo e per equivalente, sugli stessi beni, attesa l’assoluta legittimità della coesistenza delle due misure.
4.2. Il sequestro preventivo impeditivo e per equivalente possono infatti coesistere, ma con obiettivi e finalità differenti.
Il sequestro preventivo impeditivo è finalizzato a impedire la commissione di ulteriori reati o l’aggravamento delle conseguenze di un reato, mentre il sequestro per equivalente mira a confiscare beni di valore equivalente al profitto del reato quando non è possibile confiscare i beni direttamente oggetto del reato. Inoltre, per il sequestro impeditivo è necessario un nesso di pertinenzialità tra il bene e il reato (Sez. 3, n. 42129 del 08/04/2019, M., Rv. 277173 -01); il sequestro per equivalente, invece, non richiede questo nesso (Sez. 2, n. 21228 del 29/04/2014, Riva, Rv. 259717 -01).
4.3. Analogamente, i giudici del riesame hanno chiarito l’irrilevanza della tesi difensiva secondo cui tale periculum non poteva dirsi sussistere per essere stata sottoposta a sequestro preventivo la società RAGIONE_SOCIALE ossia la c.d. cartiera, ben potendo la libera disponibilità da parte degli indagati della RAGIONE_SOCIALE ossia la società operativa, facilitare la consumazione di ulteriori reati analoghi a quelli per cui si procede.
I giudici, sul punto, rimarcano la correlazione tra il requisito del periculum e la necessità di evitare che la libera disponibilità dei beni possa facilitare non solo l’aggravamento o il protrarsi delle conseguenze dei reati ascritti, ma anche la consumazione di ulteriori reati analoghi a quelli per i quali si procede.
Si legge in particolare a pagina 8 come è proprio l’attenta valutazione di tutti gli elementi del caso concreto ad acclarare inequivocabilmente la perdurante sussistenza del periculum , individuando specificamente gli elementi che inducono a ritenere elevato il rischio, attuale e concreto, di reiterazione di condotte delittuose analoghe a quelle per le quali si procede.
I giudici dell’appello cautelare si prendono, altresì, carico di confutare le argomentazioni difensive fondate sulla documentazione prodotta in sede di appello cautelare (l’irrilevanza della procura institoria conferita dalla NOME COGNOME in favore del padre, attuale ricorrente; l ‘ inidoneità della documentazione commerciale a revocare in dubbio la gestione illecita della RAGIONE_SOCIALE o la prevalenza dell’attività illegale dalla stessa esercitata).
In particolare, poi, a pagina 9, si osserva come la perdurante esistenza delle esigenze cautelari geneticamente ravvisate nel decreto di sequestro preventivo impeditivo risulta attualizzata dagli atti di indagine prodotti dal PM in sede di udienza camerale e, in particolare, dal contenuto delle sommarie informazioni testimoniali rese dall’amministratore giudiziario sia della società cartiera della società operativa, che acclara la natura fittizia della RAGIONE_SOCIALE, nella quale non venivano rilevati elementi caratterizzanti l’attività dell’azienda e la sostanziale coincidenza di detta
attività con quella posta effettivamente in essere dalla RAGIONE_SOCIALE, unica società realmente operativa: tanto che l’amministratore giudiziario non proseguiva l’attività della RAGIONE_SOCIALE trasferendone i dipendenti nella RAGIONE_SOCIALE al fine di garantire il regolare svolgimento delle attività di cantiere già in essere.
4.4. Tali elementi, confermando la sostanziale riconducibilità alla RAGIONE_SOCIALE e agli indagati di tutti i reati ascritti in rubrica, per i giudici del riesame avvalorano l’insufficienza del sequestro preventivo impeditivo della sola cartiera a scongiurare il pericolo di reiterazione di condotte criminose analoghe a quelle per le quali si procede, e che ben potrebbero essere attuate anche con eterogenee modalità dalla RAGIONE_SOCIALE.
Alla declaratoria di inammissibilità del congiunto ricorso per cassazione consegue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria determinata in dispositivo, a favore della Cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione dei ricorsi.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 23/05/2025