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Legittimazione ad impugnare il sequestro: chi decide?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un legale rappresentante contro il sequestro di beni societari. La ragione fondamentale è la carenza di legittimazione ad impugnare a titolo personale, poiché solo la società, in qualità di proprietaria dei beni, possiede l’interesse concreto e attuale per chiederne la restituzione. Il ricorso era inoltre privo di elementi nuovi in grado di superare il precedente giudicato cautelare.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittimazione ad impugnare il sequestro: la Cassazione chiarisce chi può agire

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31815/2024, affronta un tema cruciale della procedura penale: la legittimazione ad impugnare un provvedimento di sequestro. Il caso riguarda il legale rappresentante di una società che, agendo a titolo personale, ha presentato ricorso per il dissequestro di beni aziendali. La Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha ribadito principi fondamentali sull’interesse ad agire e sulla distinzione tra la figura dell’indagato e la titolarità dei beni.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli, che aveva respinto l’appello cautelare proposto dal legale rappresentante di una società. L’appello era diretto contro la decisione del Giudice per le indagini preliminari di non accogliere un’istanza di dissequestro di alcuni beni (una cisterna, un furgone e una macchina operatrice) sottoposti a vincolo nell’ambito di un procedimento per reati ambientali.
Il ricorrente lamentava l’illogicità e la carenza di motivazione del provvedimento, sostenendo di aver prodotto documentazione che attestava la cessazione di ogni condotta illecita già da tempo. Contestava inoltre la genericità delle motivazioni sulle esigenze cautelari che giustificavano il mantenimento del sequestro.

La Questione sulla Legittimazione ad Impugnare e l’Interesse ad Agire

Il cuore della pronuncia della Suprema Corte risiede nella questione procedurale della legittimazione ad impugnare. L’indagato, pur essendo il legale rappresentante della società proprietaria dei beni, ha proposto il ricorso in proprio e non in nome e per conto dell’ente.
La Cassazione ha evidenziato che, ai sensi dell’art. 568, comma 4, del codice di procedura penale, per proporre un’impugnazione è necessario avere un interesse concreto e attuale. Nel caso del sequestro, l’interesse si identifica con la possibilità di ottenere la restituzione del bene. Poiché i beni sequestrati appartenevano alla società (una società in nome collettivo), e non alla persona fisica dell’amministratore, è solo la società ad avere un interesse diretto alla loro restituzione.

L’Analisi della Corte: Inammissibilità per Carenza di Interesse e nel Merito

La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso sotto un duplice profilo.

1. Inammissibilità per difetto di legittimazione

Il primo motivo, di natura prettamente processuale, è la mancanza di legittimazione ad impugnare da parte della persona fisica. L’indagato non è titolare del bene e, pertanto, non può vantare quell’interesse concreto che la legge richiede per contestare il sequestro. Il fatto di essere indagato non è sufficiente a conferirgli automaticamente il diritto di agire per la restituzione di un bene di proprietà di un soggetto giuridico distinto, quale è la società.

2. Inammissibilità nel merito per giudicato cautelare

In secondo luogo, la Corte ha rilevato che, anche qualora l’impugnazione fosse stata ammissibile sotto il profilo della legittimazione, sarebbe stata comunque respinta nel merito. Sul punto si era formato il cosiddetto “giudicato cautelare”. Le questioni sollevate dal ricorrente, come la cessazione dell’attività illecita, erano già state esaminate e valutate dal G.i.p. nel provvedimento genetico del sequestro. Il Tribunale del riesame aveva correttamente sottolineato che l’appello non presentava alcun “significativo elemento di novità” rispetto al quadro già noto. La preclusione derivante da una precedente pronuncia cautelare può essere superata solo con l’introduzione di elementi nuovi, idonei a modificare la situazione di fatto o di diritto, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su principi consolidati della giurisprudenza. Viene ribadito che l’interesse a impugnare deve essere apprezzabile non solo in termini di attualità, ma anche di concretezza. Non può risolversi in una mera aspirazione alla correzione di un presunto errore di diritto, ma deve mirare a un risultato pratico favorevole per chi agisce. Nel contesto del sequestro, questo risultato è la restituzione del bene. L’indagato non titolare del bene, anche se legale rappresentante, non ha un interesse proprio e diretto a tale restituzione; l’interesse appartiene all’ente societario. Inoltre, il principio del giudicato cautelare serve a garantire la stabilità delle decisioni e ad evitare la reiterazione di istanze basate sui medesimi presupposti, a meno che non intervengano fatti nuovi e rilevanti che alterino il quadro probatorio o le esigenze cautelari.

Le Conclusioni

La sentenza n. 31815/2024 offre un importante monito per gli operatori del diritto. Chiarisce in modo inequivocabile che la qualità di indagato non coincide con la legittimazione ad impugnare il sequestro di beni appartenenti a terzi, inclusa la società di cui si è amministratori. È indispensabile che l’impugnazione sia proposta dal soggetto giuridico titolare del bene, per il tramite del suo legale rappresentante munito di apposita procura. In assenza di tale presupposto, il ricorso è destinato a un’inevitabile declaratoria di inammissibilità. La pronuncia conferma inoltre la rigidità del principio del giudicato cautelare, che può essere scardinato solo da prove o circostanze sopravvenute e non da mere rivalutazioni di elementi già noti al giudice.

L’amministratore di una società può impugnare personalmente il sequestro di beni aziendali?
No. Secondo la Corte, l’amministratore, agendo come persona fisica, non ha la legittimazione per impugnare il sequestro di beni che appartengono alla società. L’impugnazione deve essere proposta dalla società stessa, in quanto è l’unico soggetto ad avere un interesse concreto e attuale alla restituzione dei beni.

Cosa si intende per “interesse concreto e attuale” per proporre un’impugnazione?
Significa che l’impugnazione deve mirare a un risultato pratico e favorevole per chi la propone. Nel caso di un sequestro, l’interesse concreto consiste nella possibilità di ottenere la restituzione del bene. Una semplice aspirazione a correggere un errore di diritto non è sufficiente.

È possibile chiedere nuovamente il dissequestro di un bene se una prima richiesta è stata respinta?
Sì, ma solo a determinate condizioni. Una volta che si è formato il “giudicato cautelare” su una decisione, è possibile superarlo solo se intervengono elementi nuovi e significativi che alterano il quadro precedentemente valutato dal giudice. Non è possibile riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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