Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34195 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34195 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI TRANI nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a TERLIZZI il DATA_NASCITA inoltre:
RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 28/10/2024 del TRIB. LIBERTA’ di TRANI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il verbale viene riaperto alle ore 13,05
Il Proc. AVV_NOTAIO. conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
udito il difensore
Sull’istanza di differimento orario fatta pervenire dall’AVV_NOTAIO COGNOME la Corte sentito il parere del P.G., che non si oppone, dispone chiamarsi il ricorso alle ore 12.00 compatibilmente con la trattazione dei procedimenti dell’udienza pubblica. Quindi alle ore 10,24 viene sospesa la trattazione dell’udienza camerale che sarà ripresa dopo le ore 12.00 e quindi si dispone procedersi alla trattazione dell’udienza pubblica.
Il difensore presente AVV_NOTAIO COGNOME chiede l’inammissibilità del ricorso.
Il Tribunale di Trani ha, con ordinanza del 28 ottobre 2024, accolto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, attraverso il suo legale rappresentante, avverso il provvedimento, emesso in data imprecisata, con il quale il Gip del medesimo Tribunale aveva rigettato la istanza di dissequestro presentata dalla difesa di quella in relazione al provvedimento di sequestro emesso in data 13 agosto 2024 dal detto Gip, ad integrazione di un precedente provvedimento del 29 settembre 2023, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo di una serie di beni immobili formalmente intestati alla RAGIONE_SOCIALE ma, ad avviso del Gip, realmente riconducibili a tale COGNOME, persona indagata per la violazione dell’art. 5 del dlgs n. 74 del 2000 per avere, in qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, omesso di presentare negli anni di imposta 2016 e 2017 la dichiarazione dei redditi, in tal modo realizzando una complessiva evasione di imposta pari, secondo l’accusa provvisoria ad oltre 15.000.000,00 di euri.
Come detto, avverso il provvedimento del 13 agosto 2024 la RAGIONE_SOCIALE, aveva formulato al Gip istanza di dissequestro, cui ha corrisposto un provvedimento di rigetto, adottato in data imprecisata, che, a sua volta, è stato impugnato, con appello cautelare, di fronte al Tribunale di Trani.
Nell’accogliere il gravame cautelare formulato dalla RAGIONE_SOCIALE il Tribunale di Trani ha, in sostanza, ritenuto che non vi fossero sicure emergenze idonee a fondare il giudizio di solo fittizia intestazione dei beni immobili oggetto di sequestro alla RAGIONE_SOCIALE, della quale non è dubbia la formale estraneità alle ipotesi delittuose oggetto di contestazione a carico del COGNOME.
Ha interposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il predetto Tribunale contestando la legittimazione attiva del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE a proporre il gravame cautelare, avendo osservato, in tale senso richiamando una recente sentenza di questa Corte, che, essendo stato nominato, a seguito dell’avvenuto sequestro preventivo, un Amministratore giudiziario incaricato di occuparsi della gestione dei beni oggetto del provvedimento cautelare e che, laddove il ricorso fosse stato accolto, i beni non sarebbero stati restituiti alla RAGIONE_SOCIALE ma, parrebbe comprendersi, a detto Amministratore, sarebbe spettato a questo impugnare il provvedimento di rigetto della istanza di dissequestro ora oggetto di impugnazione.
Il ricorso è manifestamente infondato ed esso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Osserva, infatti, il Collegio che l’assunto su cui si basa l’argomentazione impugnatorìa sviluppata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani a sostegno della propria doglianza è chiaramente erronea.
Egli, infatti, sostiene che la RAGIONE_SOCIALE non fosse legittimata ad impugnare, tramite il gravame cautelare, l’ordinanza con la quale il Gip del Tribunale di Trani aveva disposto, nell’ambito di una articolata inchiesta avente ad oggetto una serie di reati in materia fiscale, il rigetto della richiesta di dissequestro di taluni beni di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, in precedenza interessati da un provvedimento di sequestro preventivo emesso in data 13 agosto 2024, né che avesse, in ogni caso, interesse a coltivare siffatta impugnazione.
Ciò in quanto, ad avviso del ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE appellante, essendo stato nominato un Amministratore giudiziario per la gestione dei beni in questione, non solo non sarebbe stata legittimata a proporre la impugnazione definita dal Tribunale di Trani con il provvedimento ora censurato, spettando una tale legittimazione al predetto Amministratore giudiziario, ma neppure sarebbe stata portatrice di un valido interesse a coltivare la impugnazione in quanto, in caso di accoglimento di essa, i beni liberati sarebbero stati restituiti a tale Amministratore; aggiunge il ricorrente – il quale richiama, pur ammettendo la diversità del caso allora esaminato rispetto a quello ora in questione, a proprio sostegno una precedente decisione della Corte di cassazione – che “nel caso di specie il ricorso é(ra) stato proposto da soggetto formalmente terzo che però non ha più l’amministrazione della società e in tale veste non può essere legittimato ad impugnare, poiché non ha un interesse concreto ed attuale alla restituzione del bene”, precisando, altresì, che la società ricorrente “in quanto spossessata della gestione sociale (…) non presenta(va) alcun interesse concreto ed attuale alla impugnazione”.
Come detto gli argomenti in tale modo sviluppati sono privi di pregio.
Invero, osserva il Collegio, è pacifico nella giurisprudenza della Corte che il soggetto attinto dalla misura cautelare reale, quand’anche non sia indagato ma terzo rispetto alla indagine penale nell’ambito della quale la misura è stata disposta, è legittimato ad impugnare, sia pure con talune limitazioni contenutistiche, il provvedimento cautelare al fine di conseguire nuovamente la disponibilità dei beni oggetto della misura; come, infatti, è
stato chiarito dalla Corte di legittimità, il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sequestrato, sebbene non possa contestare l’esistenza dei presupposti per la adozione della misura cautelare, può, tuttavia, dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene stesso e l’assenza di collegamento concorsuale con l’indagato (Corte di cassazione, Sezione III penale, 13 giugno 2024, n. 23713, rv 286439; Corte di cassazione, Sezione II penale, 13 novembre 2024, n. 41861, rv 287165; Corte di cassazione, Sezione IV penale, 31 gennaio 2025, n. 4170, rv NUMERO_DOCUMENTO; secondo Corte di cassazione, Sezione VI penale, 7 gennaio 2025, n. 305, rv NUMERO_DOCUMENTO, sarebbe, anzi, consentito al terzo anche di contestare la violazione di legge in relazione al periculum in rnora, cioè uno dei presupposti per la adozione della misura, ma – al di là di siffatta divergenza giurisprudenziale – ciò che è pacifico anche sulla base di tale, parzialmente diverso, orientamento è che il terzo titolare del bene staggito è legittimato ad impugnare il provvedimento di sequestro del bene in questione).
Non è chiaro che cosa voglia intendere il ricorrente allorché segnala la circostanza che, per effetto della avvenuta nomina dell’Amministratore giudiziario, sarebbe stato quest’ultimo, in quanto onerato della gestione dei beni in sequestro, ad essere legittimato ad impugnare il provvedimento in questione; sfugge, evidentemente, al ricorrente che la legittimazione gestoria dell’Amministratore giudiziario è la conseguenza del provvedimento di sequestro, di tal che ove questo venisse meno, verrebbe meno anche la investitura del citato Amministratore che (oltre a non avere per tale ragione alcun sostanziale motivo per impugnare il provvedimento in forza del quale egli ripete la sua stessa funzione, posto che questa verrebbe meno nel caso in cui la sua ipotetica impugnazione fosse accolta) ove il provvedimento cautelare fosse rimosso, perderebbe la sua stessa ragion d’essere e non sarebbe, indubbiamente, più legittimato a gestire i beni de quibus né, tanto meno, a conseguirne la restituzione una volta cessata l’efficacia del provvedimento cautelare.
Parimenti non condivisibile è il rilievo formulato dal ricorrente secondo il quale, essendo stato, nel caso di specie, il ricorso in sede di appello cautelare proposto da un soggetto formalmente terzo che non ha più l’amministrazione della società (deve ritenersi che si alluda proprio alla amministrazione della società RAGIONE_SOCIALE), esso, non avendo un interesse concreto ed attuale alla restituzione del bene, non poteva essere legittimato ad impugnare il provvedimento emesso dal Gip di Trani; invero, al di là di una certa promiscua esposizione dei concetti, fra loro invece autonomi, di “legittimazione ad agire”
e di “interesse ad agire”, il ragionamento svolto dal ricorrente non considera che la citata RAGIONE_SOCIALE, soggetto giuridico dotato di piena capacità, ha, appunto agito in giudizio a tutela della propria posizione giuridica in ipotesi lesa dalla adozione del provvedimento cautelare avverso il quale essa è insorta; negare alla medesima, come parrebbe ritenere il ricorrente, il diritto di agire a tutela della integrità dei proprio patrimonio, equivarrebbe ad impedire alla medesima, la quale, si ribadisce è soggetto nel pieno godimento dei propri diritti, l’esercizio della facoltà di tutelare giudizialmente i propri interessi, così violando il diritto, costituzionalmente tutelato (cfr. art. 24 della Costituzione), alla difesa in giudizio.
Né risulta pertinente il richiamo operato dal ricorre nte alla giurisprudenza di questa Corte; è d’altra parte lo stesso ricorrente che evidenzia il fatto che “si tratti di un caso diverso”.
In tale occasione, infatti, ad agire in giudizio per la restituzione dei beni societari era stato un soggetto, peraltro personalmente oggetto di indagine penale, che, essendo la impresa a suo tempo da lui rappresentata (impresa, peraltro, non dotata di una sua effettiva autonomia in quanto ritenuta un mero schermo formale dietro al quale operava direttamente l’indagato quale persona fisica) sottoposta all’amministrazione di un amministratore giudiziario ai sensi dell’art. 104-bis disp att. cod. proc. pen., era stato privato dei poteri rappresentativi a lui precedentemente conferiti (Corte di cassazione, Sezione I penale, 29 agosto 2023, n. 36064).
Nel caso che interessa i poteri rappresentativi delle RAGIONE_SOCIALE non sono mai stata esautorati dal un qualche provvedimento giurisdizionale, avendo il provvedimento di sequestro attinto non la “impresa” nella sua totalità, intesa questa quale soggetto complesso funzionalmente autonomo costituente l’attività dell’imprenditore, ma taluni singoli beni rappresentativi di una parte, più o meno ampia, del patrimonio della società in questione, la quale, pertanto, come soggetto giuridico era perfettamente vitale e potenzialmente operante in modo autonomo.
La diversità ontologica fra l’una ipotesi e l’altra non consente, come invece ipotizzato dal ricorrente, la meccanica trasposizione dei principi a suo tempo espressi da questa Corte nella presente fattispecie.
Essendo, per come dianzi evidenziato, risultate manifestamente infondate le argomentazioni posta a base della impugnazione proposta dal
Procuratore della Repubblica di Trani, il ricorso da questo presentato deve essere dichiarato inammissibile.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 1<b4Z 4,CT ts 7/0 -i-e 45
Il Consigliere estensore
Il Presidente