LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Legittimazione a querelare: il dipendente può agire?

Un soggetto condannato per danneggiamento ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo, tra le altre cose, che il dipendente che aveva sporto querela non avesse la legittimazione per farlo. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la legittimazione a querelare spetta anche al dipendente che abbia la ‘detenzione qualificata’ del bene, come un addetto alle vendite responsabile di uno stand. La Corte ha stabilito che tale posizione è sufficiente a fondare il diritto di tutelare il bene attraverso la querela.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittimazione a querelare: quando il dipendente può denunciare il danno?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 43556/2024, ha fornito un importante chiarimento sulla legittimazione a querelare in caso di danneggiamento di beni aziendali. La questione centrale è se un semplice dipendente, non proprietario né legale rappresentante, possa validamente sporgere querela. La risposta della Suprema Corte è affermativa e si fonda sul concetto di “detenzione qualificata”, un principio con rilevanti implicazioni pratiche per la tutela dei patrimoni aziendali.

I fatti del caso: un atto di danneggiamento in un centro commerciale

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato condannato per il reato di danneggiamento, previsto dall’art. 635 del codice penale. L’episodio si era verificato ai danni di uno stand di una nota compagnia telefonica situato all’interno di un centro commerciale. L’imputato, attraverso la sua difesa, contestava la sentenza di merito sollevando tre motivi principali. Tra questi, spiccava l’eccezione relativa alla presunta assenza di legittimazione a querelare da parte della persona che aveva sporto la denuncia: un addetto alle vendite dello stand.

Secondo la tesi difensiva, il dipendente non avrebbe avuto il titolo per avviare l’azione penale, in quanto non era il proprietario del bene danneggiato. Inoltre, la difesa lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

La decisione della Cassazione e la legittimazione a querelare del dipendente

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa. La parte più significativa della decisione riguarda proprio la legittimazione a querelare del dipendente. I giudici hanno stabilito che l’addetto alle vendite era pienamente legittimato a sporgere querela, poiché deteneva la disponibilità dello stand e dei beni in esso contenuti in virtù del suo rapporto di lavoro. Questa posizione configura una “detenzione qualificata”, sufficiente a radicare il diritto di tutelare il bene da aggressioni esterne.

Il principio della “detenzione qualificata”

La Corte ha spiegato che la legittimazione a proporre querela non spetta esclusivamente al proprietario del bene, ma anche a chiunque abbia su di esso una relazione di interesse giuridicamente rilevante. La detenzione qualificata si verifica quando una persona ha la custodia e la gestione di un bene per uno scopo specifico, come l’esercizio di un’attività commerciale. L’addetto alle vendite, essendo responsabile dello stand, era titolare di una posizione di garanzia e tutela sui beni aziendali a lui affidati.

A sostegno di questa interpretazione, la Cassazione ha richiamato precedenti consolidati, tra cui sentenze che hanno riconosciuto la legittimazione alla cassiera di un supermercato, al custode di uno stabilimento e all’amministratore di condominio per i beni comuni.

Gli altri motivi di ricorso respinti

La Corte ha inoltre rigettato gli altri due motivi di ricorso. Il primo, relativo all’insussistenza del reato, è stato giudicato inammissibile per mancanza di specificità, in quanto non si confrontava con le prove decisive, come i filmati di videosorveglianza richiamati nella sentenza impugnata. Anche l’argomento sulla presunta rinuncia alla querela da parte di un altro dipendente è stato ritenuto infondato, poiché non si trattava di una rinuncia espressa e formale.

Infine, riguardo alla richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p., i giudici hanno confermato la valutazione del tribunale di merito, che aveva motivato in modo congruo la non particolare tenuità del fatto, rendendo la questione non sindacabile in sede di legittimità.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione estensiva e pragmatica del diritto di querela. Il fulcro della decisione risiede nel riconoscimento che la tutela penale del patrimonio non può essere limitata al solo titolare del diritto di proprietà. Chiunque abbia un rapporto qualificato con la cosa, derivante da un obbligo di custodia o gestione, è portatore di un interesse meritevole di protezione. Questa visione è coerente con la realtà operativa di molte aziende, dove la protezione quotidiana dei beni è affidata ai dipendenti presenti sul posto. Negare loro la possibilità di agire tempestivamente con una querela svuoterebbe di efficacia la tutela penale.

La Corte ha inoltre ribadito l’importanza della specificità dei motivi di ricorso: non è sufficiente contestare genericamente una decisione, ma è necessario confrontarsi punto per punto con le argomentazioni del giudice di merito. La dichiarazione di inammissibilità per questo vizio procedurale sanziona la superficialità dell’atto di impugnazione.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza pratica: un dipendente responsabile di beni aziendali ha piena legittimazione a querelare in caso di danneggiamento. La decisione rafforza gli strumenti di tutela a disposizione delle imprese, consentendo una reazione più immediata ed efficace contro gli atti illeciti. Per le aziende, ciò significa che la denuncia presentata da un proprio collaboratore è un atto valido e sufficiente per avviare un procedimento penale. Per i dipendenti, rappresenta il riconoscimento del loro ruolo di garanti dei beni affidati, con il conseguente diritto di attivarne la protezione legale.

Un dipendente può sporgere querela per un danno ai beni dell’azienda?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, un dipendente può sporgere querela se ha la ‘detenzione qualificata’ del bene danneggiato, ovvero ne ha la disponibilità materiale e la responsabilità in virtù del suo rapporto di lavoro, come un addetto alle vendite che gestisce uno stand.

Cosa si intende per ‘detenzione qualificata’ ai fini della legittimazione a querelare?
Si intende la disponibilità materiale di un bene che un soggetto esercita per uno scopo specifico (come la custodia o l’esercizio di un’attività commerciale), che gli conferisce un interesse giuridicamente tutelato alla protezione del bene stesso, fondando così il suo diritto di sporgere querela.

La rinuncia alla querela da parte di un altro dipendente non proprietario è valida?
No. La Corte ha chiarito che la presunta ‘rinuncia’ da parte di un altro dipendente (in questo caso un addetto marketing), che non era titolare del bene, non ha alcun valore. Inoltre, una rinuncia, per essere valida, deve essere espressa e formale, non potendo desumersi da comportamenti equivoci o da semplici comunicazioni interne non formalizzate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati