Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31306 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31306 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/10/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Torin che ne ha confermato la condanna per il delitto di furto;
considerato che il primo motivo, con il quale il ricorrente lamenta la violazione della l penale in ordine alla ritualità della querela presentata in nome e per conto della persona giuridic uno dei soci, senza la specificazione dei poteri di rappresentanza ed anzi essendone sprovvisto, manifestamente infondato e privo di specificità, atteso che: secondo la consolidata giurisprudenza d legittimità (cui si è uniformata la Corte territoriale), il bene giuridico protetto dal delitt individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, ma anc possesso – inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce in mo clandestino o illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale posizione di fatto spe qualifica di persona offesa e, di conseguenza, la legittimazione a proporre querela (Sez. U, n. 403 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv. 255975 – 01); nel caso in esame il telefono cellulare oggetto materia del reato è stato ritenuto nella disponibilità anche di NOME COGNOME, socia dell’ent esercita l’attività di «RAGIONE_SOCIALE», nei cui locali ha avuto luogo l’impossessamento, la qual sporto querela; il ricorso in maniera del tutto assertiva ha negato che ella avesse il possesso telefono sol perché non sarebbe stata presente nel locale al momento del furto (ragion per cui, avviso della difesa, solo l’altro socio ne sarebbe stato possessore), senza considerare – come g esposto – che «il possesso penalistico non implica necessariamente una relazione fisica co bene» (ivi) e che esso non può dirsi escluso sol perché – come prospetta la difesa – nella specie relazione fisica con il bene doveva attribuirsi all’altro socio che ex se, alla luce delle generiche allegazioni difensive, lo qualificherebbe come compossessore;
considerato che il secondo e il terzo motivo, con i quali il ricorrente lamenta la viola della legge penale e il vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di punibilità per la particolare tenuità del fatto e alla sussistenza della recidiva specifica e sono manifestamenti infondati e privi della necessaria specificità, in quanto:
in ogni caso l’imputato ha riportato condanna per reati della stessa indole (cfr. punti 10. del certificato penale) di cui neppure la difesa – che ha del tutto pretermesso il fatto di 10 – ha prospettato l’estinzione ex art. 445, comma 2, cod. proc. pen.;
con riguardo all’istituto di cui all’art. 131-bis, cod. pen., pure tali reati sono sta dalla Corte territoriale a sostegno del rigetto in parte qua del gravame perché dimostrativi dell’abitualità del comportamento dell’imputato (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv 266591 – 01);
e in ragione dei medesimi reati, per l’appunto della stessa indole, è immune dalle censur difensive (incentrate sulla possibilità di apprezzare, a tal fine, il solo reato di cui al pu
certificato penale, nonostante la condanna anche per quello di cui al n. 10 la ritenuta sussiste della recidiva reiterata e specifica;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 10/04/2024.