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Legittimazione a proporre querela: il gestore può?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di tre imputati, confermando un principio fondamentale sulla legittimazione a proporre querela. La Corte ha ribadito che il gestore di un’attività commerciale, in quanto detentore del bene (mero possesso), è pienamente titolato a sporgere querela per reati come il furto, senza necessità di una procura speciale da parte del proprietario. Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittimazione a Proporre Querela: La Cassazione Conferma il Potere del Gestore

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame affronta un tema cruciale della procedura penale: la legittimazione a proporre querela. Con una decisione netta, i giudici di legittimità hanno dichiarato inammissibile il ricorso di tre imputati, consolidando un principio di fondamentale importanza pratica: il gestore di un’attività commerciale ha pieno diritto di sporgere querela per i reati subiti dall’esercizio. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Processo: Un Percorso Giudiziario Complesso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte di Appello di Torino. Contro tale decisione, tre imputati avevano già proposto un primo ricorso in Cassazione, che era stato parzialmente accolto. In particolare, la Suprema Corte aveva annullato la sentenza limitatamente alla qualificazione giuridica di un capo d’imputazione per furto pluriaggravato, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte di Appello per una nuova valutazione e per la rideterminazione della pena.

In sede di rinvio, la Corte d’Appello ha rilevato un difetto di querela per alcuni capi di imputazione, ha concesso le attenuanti generiche a tutti gli imputati e ha ricalcolato le pene. Non soddisfatti, gli imputati hanno nuovamente presentato ricorso per cassazione avverso quest’ultima sentenza.

I Motivi del Ricorso: I Punti Contestati dagli Appellanti

Il nuovo ricorso si fondava su tre motivi principali:
1. La contestazione sulla valutazione delle circostanze attenuanti generiche, ritenute meramente equivalenti alle aggravanti.
2. La presunta irregolarità della querela relativa al reato di furto, mettendo in dubbio la titolarità del potere di presentarla da parte del querelante.
3. La sussistenza della recidiva.

La Legittimazione a Proporre Querela secondo la Cassazione

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel rigetto del motivo relativo alla legittimazione a proporre querela. Gli imputati sostenevano che la persona che aveva sporto denuncia non ne avesse il titolo. La Corte ha spazzato via ogni dubbio, richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 40354 del 2013).

Secondo questo consolidato orientamento, il titolare del potere di proporre querela non è necessariamente il proprietario legale del bene, ma colui che ne ha il possesso o la detenzione. Pertanto, il gestore di un esercizio commerciale, in quanto responsabile e detentore dei beni presenti al suo interno, è pienamente legittimato a sporgere querela per un furto commesso ai danni dell’attività. Il suo potere deriva direttamente dal suo rapporto di fatto con la cosa, ovvero dal mero possesso.

Le Motivazioni della Decisione

Sulla base di questo principio, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno specificato che le censure mosse dagli imputati erano manifestamente infondate o proponevano motivi non consentiti in sede di legittimità. In particolare, la questione sulla querela era già stata risolta dalla giurisprudenza di massimo livello, mentre gli altri motivi (attenuanti e recidiva) rappresentavano una mera riproposizione di temi già adeguatamente valutati e decisi dai giudici di merito, e quindi non riesaminabili in Cassazione.

Le Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Pronuncia

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato conseguenze significative per i ricorrenti. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, sono stati condannati al pagamento delle spese processuali. Inoltre, in assenza di elementi che potessero escludere una loro colpa nel determinare la causa di inammissibilità, sono stati condannati anche al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro ciascuno a favore della Cassa delle ammende.

Dal punto di vista giuridico, questa ordinanza rafforza la tutela delle attività commerciali, semplificando l’avvio dell’azione penale per reati come il furto. Si conferma che non sono necessarie procure speciali o la presenza del proprietario formale: la denuncia presentata dal responsabile di fatto del negozio è sufficiente e pienamente valida per far partire il procedimento penale.

Chi ha il diritto di sporgere querela per un reato commesso ai danni di un esercizio commerciale?
Secondo la Corte di Cassazione, che richiama una pronuncia delle Sezioni Unite, il gestore dell’esercizio è titolare del potere di proporre querela, in quanto il suo diritto è correlato al mero possesso dei beni.

Perché il ricorso degli imputati è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su motivi non consentiti o manifestamente infondati, come la riproposizione di questioni già adeguatamente vagliate in sede di merito e la contestazione di un principio, quello sulla legittimazione a querelare del gestore, già consolidato nella giurisprudenza.

Quali sono le conseguenze per i ricorrenti in caso di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per i ricorrenti la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro ciascuno) a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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