LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Legittima difesa rissa: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per il reato di rissa, chiarendo la distinzione con la legittima difesa. Un uomo, inizialmente aggredito da un gruppo, aveva reagito accoltellando uno degli aggressori. La Corte ha stabilito che la reazione a un’aggressione unilaterale non configura automaticamente una rissa e ha censurato la Corte d’Appello per non aver adeguatamente motivato la sua decisione, rinviando per un nuovo esame sulla configurabilità della legittima difesa rissa e sulla mancata valutazione dell’attenuante della provocazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittima Difesa Rissa: Quando la Reazione Non è Reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 26199/2024, offre un’importante analisi sulla differenza tra la partecipazione a una rissa e la reazione difensiva a un’aggressione. Il caso esaminato mette in luce come non ogni scontro fisico possa essere qualificato come rissa, soprattutto quando una delle parti agisce per legittima difesa in una rissa potenziale. La pronuncia sottolinea inoltre l’obbligo per i giudici di appello di fornire una motivazione puntuale e completa, che esamini analiticamente tutti i motivi di ricorso presentati dalla difesa.

I Fatti del Caso

I fatti risalgono al marzo 2018, quando, nei pressi di un locale pubblico, scoppiò un violento alterco. Un uomo veniva condannato in primo e secondo grado per tentato omicidio, porto abusivo di coltello e partecipazione a una rissa. Secondo la ricostruzione della difesa, basata su filmati di videosorveglianza e testimonianze, l’imputato e un suo amico erano stati vittime di un’aggressione unilaterale da parte di un gruppo di persone. In questa prima fase, essi avrebbero mantenuto un atteggiamento puramente passivo, limitandosi a proteggersi. Successivamente, l’intervento dei buttafuori del locale aveva allontanato gli aggressori. Solo in un terzo momento, l’imputato si era avvicinato a uno degli aggressori, colpendolo all’addome con un coltello.

L’Analisi della Cassazione sulla Legittima Difesa nella Rissa

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso relativo alla condanna per rissa. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: non integra il delitto di rissa la condotta di chi, essendo stato aggredito, reagisce per difendersi. Il reato di rissa (art. 588 c.p.) presuppone una contesa violenta con la volontà reciproca di attentare all’incolumità altrui. Manca questo presupposto se un gruppo assale un altro soggetto che si limita a difendersi o a fuggire.

La Corte di Cassazione ha criticato la sentenza d’appello per la sua motivazione insufficiente. I giudici di secondo grado si erano limitati ad affermare che l’imputato aveva ‘reagito quasi immediatamente’, senza però analizzare nel dettaglio le prove fornite dalla difesa (video e testimoni) che suggerivano una dinamica diversa, caratterizzata da un’aggressione iniziale e una reazione successiva. Questa carenza argomentativa costituisce un vizio di motivazione, che ha portato all’annullamento della condanna per questo specifico reato.

Il Tentato Omicidio e l’Attenuante della Provocazione

La Cassazione ha invece ritenuto infondato il ricorso sulla qualificazione del reato come tentato omicidio. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata congrua e logica. Elementi come l’arma utilizzata (un coltello di notevoli dimensioni), la zona del corpo colpita (l’addome, sede di organi vitali) e le modalità dell’azione sono stati considerati sufficienti a dimostrare l’intento omicida, quantomeno nella forma del dolo alternativo (accettazione del rischio che l’azione potesse causare la morte).

Tuttavia, la Corte ha accolto anche il motivo relativo al mancato esame dell’attenuante della provocazione. La difesa aveva sollevato questo punto nei motivi nuovi d’appello, ma la Corte territoriale lo aveva completamente ignorato. Anche in questo caso, la mancanza di una qualsiasi analisi su un punto potenzialmente decisivo ha integrato un vizio di motivazione, portando all’annullamento della sentenza anche su questo aspetto.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri procedurali e sostanziali. In primo luogo, sul piano sostanziale, si ribadisce che la reazione difensiva a un’aggressione non è una rissa. Per configurare il reato di cui all’art. 588 c.p. è necessaria la ‘corresponsabilità’ nello scontro, ovvero una volontà di offesa reciproca tra i contendenti.

In secondo luogo, sul piano procedurale, la sentenza riafferma il dovere del giudice d’appello di motivare in modo puntuale e analitico su ogni punto devolutogli. Non è sufficiente un generico rinvio alla sentenza di primo grado, specialmente quando l’atto di appello propone una ricostruzione alternativa dettagliata e basata su elementi di prova specifici. La motivazione deve essere in grado di far comprendere l’iter logico-giuridico che ha portato alla decisione, confutando le argomentazioni difensive.

Conclusioni

La sentenza in commento è di grande importanza pratica. Essa chiarisce i confini tra la legittima difesa in una rissa e la partecipazione attiva a quest’ultima, proteggendo chi reagisce a un’ingiusta aggressione. Inoltre, rafforza le garanzie difensive, imponendo ai giudici di merito un obbligo di motivazione rafforzato. La Corte di Appello di Bologna dovrà ora riesaminare il caso, valutando specificamente se la condotta dell’imputato possa essere esclusa dal reato di rissa e se gli spetti il riconoscimento dell’attenuante della provocazione, fornendo sul punto una motivazione congrua e completa.

Chi viene aggredito e reagisce difendendosi partecipa a una rissa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non integra il delitto di rissa la condotta di colui che, aggredito da altre persone, reagisce difendendosi. Il reato di rissa richiede la volontà reciproca di attentare all’altrui incolumità, presupposto che manca in caso di aggressione unilaterale.

Perché la condanna per tentato omicidio è stata confermata in Cassazione?
La condanna per tentato omicidio è stata confermata perché la Corte ha ritenuto logica e adeguata la motivazione dei giudici di merito. Essi hanno basato la qualificazione del reato su elementi oggettivi come l’arma usata (coltello con lama di 7,5 cm), la parte del corpo colpita (addome, zona vitale) e le modalità dell’azione, considerati idonei a dimostrare l’intenzione di uccidere.

Cosa succede se il giudice d’appello non esamina un motivo di ricorso della difesa?
Se il giudice d’appello omette di esaminare un motivo di ricorso specifico e potenzialmente decisivo, la sentenza risulta viziata per carenza di motivazione. Come stabilito in questo caso, tale vizio porta all’annullamento della sentenza sul punto omesso, con rinvio a un altro giudice per un nuovo esame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati