Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 47714 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 47714 Anno 2024
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
NOME COGNOME nato in Romania il 7.5.1969, contro la sentenza della Corte d’appello di Roma del 26.4.2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 26.6.2023, il Tribunale di Tivoli aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile dei delitto di tentata rapina impropria aggravata
commesso, in concorso con altra persona non identificata, in danno di tali NOME e NOME COGNOME titolari di un esercizio di sala giochi, di tal ché, esclusa la pur contestata recidiva e riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., stimata equivalente all’aggravante contestata, l’aveva condannato alla pena finale di anni 1 e mesi 6 di reclusione ed euro 258 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;
la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha applicato, su iniziale stabilita dal primo giudice, la riduzione massima prevista per il delitto tentato ed ha di conseguenza rideterminato la pena in anni 1 di reclusione ed euro 172 di multa, confermando nel resto;
ricorre per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore che deduce:
3.1 violazione di legge con riferimento all’art. 52 cod. pen. e difetto assoluto di motivazione circa la esimente della legittima difesa: rileva che la Corte d’appello ha reso una motivazione in violazione di legge e comunque gravemente viziata laddove, dopo aver riconosciuto che NOME COGNOME aveva in mano un bastone e che il COGNOME venne trovato a terra sanguinante e con il naso rotto, ha tuttavia escluso che tali circostanze fossero rilevanti ai fini del riconoscimento della esimente della legittima difesa;
3.2 mancanza assoluta ed illogicità della motivazione in ordine alla dedotta inattendibilità della persona offesa: rileva, infatti, che da un lato la Corte d’appell ha riconosciuto la falsità delle dichiarazioni dei COGNOME e, dall’altro, ha tuttavia ne fatto salva la parte relativa al presunto tentativo di rapina posto nonostante la sostanziale unitarietà della vicenda;
3.3 mancanza assoluta di motivazione in ordine alla dedotta insussistenza della aggravante delle “più persone riunite”: segnala che la Corte d’appello è rimasta del tutto silente in merito motivo di appello articolato sul punto, essendosi limitata a valutare unicamente la richiesta di un più favorevole giudizio di valenza tra circostanze di opposto segno;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato su censure manifestamente infondate.
E’ tale il primo motivo con cui la difesa denunzia violazione di legge (con riguardo all’art. 52 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla scriminante della legittima difesa in quanto, a suo avviso, la reazione del Coscodar sarebbe stata mirata non al conseguimento del profitto o ad assicurarsi l’impunità, ma a salvaguardare la propria incolumità fisica rispetto all’intervento dei titolari della sala s/ot che vi avevano fatto ingresso armate di un bastone di ferro con fare concitato ed aggressivo.
E’ sufficiente, infatti, ribadire il principio, più volte affermato da questa Corte, che non è applicabile la scriminante della difesa legittima in capo a chi abbia volontariamente creato la situazione di pericolo (cfr., tra le altre, Sez. 1, Sentenza n. 18926 del 10/04/2013, COGNOME, Rv. 256016, che ha escluso la invocabilità dell’esimente nel caso di un tentativo di rapina a mano armata a fronte del quale la vittima aveva cercato di opporre resistenza); si è chiarito che «la determinazione volontaria dello stato di pericolo esclude la configurabilità della legittima difesa non per la mancanza del requisito dell’ingiustizia dell’offesa, ma per difetto del requisito della necessità della difesa, sicché l’esimente non è applicabile a chi agisce nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva, accettando volontariamente la situazione di pericolo da lui determinata» (cfr., così, Sez. 1, Sentenza n. 2911 del 07/12/2007 dep. 2008, COGNOME, Rv, 239205; conf., su quest’aspetto, Sez. 1, Sentenza n. 12740 del 20/12/2011 dep. 2012, El COGNOME, Rv. 252352; cfr., più recentemente, anche Sez. 1, n. 56330 del 13/09/2017, La Gioiosa, Rv. 272036 – 01, che ha confermato la ritenuta impossibilità di invocare la scriminante della legittima difesa da parte di chi reagisca ad una situazione di pericolo volontariamente determinata, ritenendo correttamente applicato tale principio in un caso di omicidio maturato nell’ambito di un tentativo di rapina a mano armata, perpetrato dagli imputati reagendo alla condotta violenta serbata dalla vittima, che aveva brandito un badile contro di loro in conseguenza dell’esplosione, da parte dei medesimi, di un colpo di fucile a scopo intimidatorio). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo con cui la difesa deduce vizio di motivazione in ordine al giudizio di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, sostenendo che la conclamata falsità di quanto riferito dai COGNOME circa quanto accaduto dopo il tentativo di rapina impropria non poteva conciliarsi con la invece affermata veridicità della versione offerta da costoro circa la condotta delittuosa ascritta ai ricorrente.
La censura riproduce i rilievi difensivi avanzati con l’atto d’appello cui i giudici di secondo grado (cfr., pagg. 3-4 della sentenza impugnata) hanno replicato in termini assolutamente esaustivi in fatto e corretti in diritto e, perciò
non censurabili in questa sede: la Corte d’appello ha in particolare nettamente distinto le dichiarazioni rese dai due COGNOME quanto alle lesioni patite dall’odierno ricorrente dopo aver tentato la fuga ed essere stato tuttavia raggiunto da costoro all’esterno della sala delle slot machine (spiegando – cfr., pag. 4 – perché NOME COGNOME non avesse parlato del bastone prelevato e brandito all’interno del bar, visibile dalle immagini (pag. 4), rispetto a quelle concernenti la fase antecedente e riguarda quanto era accaduto al suo interno.
La Corte ha sottolineato che, con riguardo a questa prima fase, il racconto dei due COGNOME risultava coerente e, soprattutto, confortato dalle immagini del circuito di videosorveglianza che, peraltro, avevano consentito ai titolari di intervenire tempestivamente per sventare il tentativo di effrazione degli apparati da gioco mediante l’utilizzo di un “ferretto” inserito nella fessura destinata ad introdurre le monete e che era stato rinvenuto sul posto; le immagini del circuito di videosorveglianza, hanno spiegato i giudici capitolini, mostravano infatti il Coscodar armeggiare all’altezza della cassettiera di una delle macchine da gioco estraendo prontamente l’arnese all’arrivo dei COGNOME e riponendolo nella tasca destra dei pantaloni e, quindi, il ricorrente e l’ignoto complice spintonare i due COGNOME per darsi alla fuga.
Di qui la corretta valutazione di attendibilità delle dichiarazioni riferite a questa prima fase in quanto pienamente confortate e riscontrate da elementi esterni.
Manifestamente infondato, infine, è il terzo motivo nel quale il ricorso deduce vizio di motivazione in ordine all’aggravante delle “più persone riunite” che sarebbe stata erroneamente ritenuta dai giudici di merito attesa la presenza meramente passiva dell’ignoto complice.
La censura è anche ed in primo luogo aspecifica, omettendo di confrontarsi con il contenuto della sentenza impugnata che, pur non avendo replicato in maniera specifica all’analoga censura articolata con l’atto d’appello, ha ricostruito l’episodio in termini tali da evadere comunque la doglianza difensiva: la Corte territoriale, infatti, ha fatto presente (cfr., pag. 4 della sentenza di secondo grado ma, anche, pagg. 5 e 9 della sentenza di primo grado) che entrambi i malviventi, all’arrivo dei due COGNOME, li avevano spintonati al fine di tentare la fuga.
Questa Corte, d’altra parte, ha più volte segnalato, sia in relazione al delitto di estorsione (cfr., Sez. U, Sentenza n. 21837 dei 29/03/2012 Rv. 252518, Sez. 6, Sentenza n. 50064 del 16/09/2015 Rv. 265657), che al delitto di rapina (cfr., Sez. 2, Sentenza n. 31320 del 31/05/2017 Rv. 270436, Sez. 2, Sentenza n. 984 del 21/04/1970 Rv. 117201), che la circostanza aggravante delle “più persone
riunite” richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e al momento di realizzazione della violenza o della minaccia non essendo invece necessario che esse promanino da tutti i correi rilevando invece il maggior effetto di intimidazione che la sola presenza di più persone esercita sulla persona offesa cui siano indirizzate (cfr., in tal senso, tra le alt Sez. 2 – , n. 8324 del 04/02/2022, Keita, Rv. 282785 – in cui la Corte ha ribadito che ricorre l’aggravante delle più persone riunite – circostanza che potenzia l’efficacia dell’azione criminosa – in caso di simultanea presenza di almeno due compartecipi nel luogo e nel momento del fatto, non essendo invece necessario che gli stessi pongano in essere contestualmente il medesimo segmento della condotta tipica; Sez. 5 – , n. 12743 del 20/02/2020, Alletto, Rv. 279022 – 01; conf., Sez. 2, n. 31320 del 31/05/2017, Lbtoul Rv. 270436 – 01).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo ragioni che consentano di escludere profili di colpevolezza nell’attivare l’impugnazione.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 14.11.2024