LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Legittima difesa: quando non si applica in una rissa

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per tentato omicidio di un uomo, escludendo l’applicazione della legittima difesa. Secondo i giudici, chi accetta volontariamente una situazione di scontro fisico, inseguendo l’avversario, non può successivamente invocare la scriminante della legittima difesa, poiché si è posto di sua volontà in una condizione di pericolo. La Corte ha inoltre rigettato la richiesta di riqualificare il reato in lesioni aggravate, valorizzando l’uso di un’arma da taglio, la zona vitale colpita (il collo) e l’intenzione di uccidere desumibile dalle circostanze.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittima Difesa: Non Vale per Chi Accetta la Sfida

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, torna a tracciare i confini della legittima difesa, stabilendo un principio chiaro: chi si pone volontariamente in una situazione di pericolo, ad esempio accettando una sfida o inseguendo il proprio avversario per arrivare allo scontro, non può poi invocare questa causa di giustificazione. La decisione chiarisce la differenza tra una reazione difensiva necessaria e una condotta che contribuisce attivamente a creare il pericolo stesso.

I Fatti del Caso: Dalla Colluttazione alla Condanna

Il caso trae origine da una violenta colluttazione avvenuta nei pressi del Duomo di una città del sud Italia. Un uomo è stato condannato in primo e secondo grado per il reato di tentato omicidio ai danni di un’altra persona. La condanna si basava, tra l’altro, sulle immagini di videosorveglianza che, seppur parziali, mostravano l’imputato inseguire la vittima prima dello scontro fisico. Durante l’aggressione, la vittima era stata colpita al collo con un’arma da taglio.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Violazione delle norme sulla legittima difesa: Si sosteneva che le immagini video non mostravano l’inizio della colluttazione e che, quindi, la ricostruzione dei giudici fosse solo deduttiva. La difesa proponeva una lettura alternativa secondo cui l’imputato si stava solo difendendo dagli attacchi della persona offesa.
2. Mancata rinnovazione dell’istruttoria: Era stata richiesta l’audizione di una testimone, una donna non identificata presente sulla scena, che secondo la difesa avrebbe potuto chiarire le dinamiche iniziali dello scontro.
3. Errata qualificazione del reato: Si chiedeva di derubricare il reato da tentato omicidio a lesioni personali aggravate, sostenendo che la fuga dell’imputato dopo il fatto dimostrava la volontà di salvarsi e non l’accettazione del rischio della morte della vittima.

Le Motivazioni della Cassazione: Perché la Legittima Difesa è Esclusa

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, definendoli infondati e inammissibili. I giudici hanno sottolineato un punto cruciale: la legittima difesa non può essere invocata da chi ha contribuito a creare la situazione di pericolo. Nel caso specifico, le prove acquisite, tra cui l’inseguimento di decine di metri da parte dell’imputato, dimostravano che quest’ultimo non aveva desistito dalla contesa, ma anzi aveva cercato attivamente lo scontro fisico. L’accettazione di una “sfida”, secondo la giurisprudenza consolidata, preclude la possibilità di appellarsi alla legittima difesa, perché l’individuo si pone volontariamente in una condizione di pericolo che avrebbe potuto evitare allontanandosi.

Per quanto riguarda la richiesta di sentire una nuova testimone, la Corte l’ha respinta in quanto puramente esplorativa. La difesa non aveva fornito elementi concreti per identificare la persona né aveva chiarito come la sua testimonianza potesse essere decisiva, soprattutto a fronte di un quadro probatorio già ritenuto solido.

Infine, è stata confermata la qualificazione del reato come tentato omicidio. I giudici hanno valorizzato una serie di elementi oggettivi per dimostrare l’ animus necandi (l’intenzione di uccidere):
* La sede corporea colpita: il collo, una zona palesemente vitale.
* Il mezzo utilizzato: un coltello a lama seghettata, un’arma idonea a uccidere.
* La dinamica dell’azione: la coltellata è stata sferrata alle spalle della vittima.

La fuga successiva dell’imputato non è stata interpretata come un tentativo di mettersi in salvo, ma come la condotta di chi, dopo aver commesso il fatto, accetta il rischio che la vittima possa morire e cerca di sottrarsi alle conseguenze.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto penale: la legittima difesa è uno strumento di autotutela eccezionale, applicabile solo quando ci si trova di fronte a un pericolo attuale e ingiusto, e non si ha altra scelta per difendere sé stessi o altri. Non è uno scudo per chi decide di risolvere una contesa con la violenza o per chi, anziché allontanarsi da una situazione tesa, sceglie di alimentarla. La volontaria accettazione del rischio di uno scontro fisico fa venir meno i presupposti per la sua applicazione, spostando la responsabilità penale interamente su chi sceglie la via della violenza.

Quando non è applicabile la legittima difesa in uno scontro fisico?
La legittima difesa non è applicabile quando una persona si pone volontariamente in una situazione di pericolo che avrebbe potuto evitare. Secondo la Corte, chi accetta una sfida, insegue l’avversario o comunque cerca attivamente lo scontro fisico non può invocare questa causa di giustificazione perché ha contribuito a creare il pericolo stesso.

Perché il reato è stato qualificato come tentato omicidio e non come lesioni aggravate?
La Corte ha confermato la qualificazione di tentato omicidio sulla base di elementi oggettivi che rivelavano l’intenzione di uccidere (animus necandi). Tali elementi includevano l’arma utilizzata (un coltello a lama seghettata), la parte del corpo colpita (il collo, una zona vitale) e la dinamica dell’aggressione (un fendente sferrato alle spalle). La fuga successiva non è stata considerata un segno di pentimento, ma un’accettazione del rischio che la vittima potesse morire.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha rifiutato di sentire un nuovo testimone?
La richiesta di rinnovare l’istruttoria in appello per sentire una testimone non identificata è stata respinta perché ritenuta di natura meramente esplorativa. La difesa non ha fornito elementi sufficienti per identificare la persona né ha spiegato in modo concreto perché la sua testimonianza sarebbe stata decisiva, specialmente in un quadro probatorio già ritenuto completo e sufficiente per la decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati