Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5526 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5526 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SANT’AGATA DE’ GOTI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SANT’AGATA DE’ GOTI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/06/2023 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; tettetsentite le conclusioni del PG NOME COGNOME Il Proc. Gen. conclude per il rigetto di entrambi i ricorsi.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME NOME conclude per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avellino, con cui veniva applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME e quella degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME, in ordine al tentato omicidio di NOME COGNOME (capo A) e alle lesioni aggravate dall’uso di arma in danno di NOME COGNOME (capo B).
Avverso la suddetta ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione deduce vizio di motivazione e violazione dell’art. 55 cod. pen. con riferimento all’art. 52 stesso codice per carenza di dolo omicidiario.
Lamenta che il Tribunale del riesame di Napoli omette di considerare che dalle dichiarazioni de relato da NOME COGNOME, rese, in sede di indagini difensive (prodotte in udienza dalla difesa), da NOME COGNOME, cognata di quest’ultima e delle persone offese, emerge che i due coindagati sono stati attirati in una trappola, in quanto, convinti da NOME COGNOME a recarsi presso l’abitazione di quest’ultima e di NOME COGNOME (con i quali vi erano dissapori per avere NOME e NOME COGNOME rifiutato di rendere falsa testimonianza in favore di COGNOME), si sono trovati in inferiorità numerica, la porta di casa al loro ingresso fu chiusa a chiave e fu proprio COGNOME ad assumere un atteggiamento intimidatorio nei loro confronti e NOME COGNOME ad aggredire per primo NOME, il quale si sarebbe impossessato del coltello di COGNOME, riposto dallo stesso sul tavolo di casa per incutere timore agli indagati. Secondo la difesa nei confronti degli indagati vi sarebbe stato un invito ritorsivo anche perché NOME sarebbe stato visto accompagnarsi all’acerrimo nemico della COGNOME e di COGNOME, COGNOME, con cui questi ultimi avevano questioni economiche in sospeso. E questo contesto di contrasti reciproci, nel quale l’aggressione sarebbe stata provocata dalle persone offese, renderebbe plausibile la tesi difensiva di un eccesso colposo in legittima difesa. Rileva, infine, il difensore che non può essere condiviso l’assunto del Tribunale del riesame, secondo cui a far ritenere il dolo omicidiario, nonostante l’unicità delle coltellate inferte alle persone offese, concorrano la distanza ristretta tra le parti e l’intensità del colpo,
in quanto detta distanza non sarebbe stata creata da NOME ma provocata da NOME COGNOME che aggrediva per primo NOME e, poi, da COGNOME che si scagliava su NOME in difesa del NOME.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso vengono lamentati violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla proporzione nella ponderazione della misura, nonché abnormità e ultrapetizione dell’ordinanza.
Ci si duole che il Tribunale del riesame abbia escluso gli arresti domiciliari in Parma di NOME per i precedenti penali e per il pericolo di recidiva nei confronti delle stesse persone offese, senza considerare che i precedenti sono risalenti e tutti per delitti contro il patrimonio e senza motivare sull’insufficienza degli arresti domiciliari ancorché con braccialetto elettronico.
Si rileva che il provvedimento impugnato incorre nell’abnormità laddove effettua una valutazione sulla scelta difensiva in punto di rito che non compete al Tribunale del riesame.
Propone altresì ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore di fiducia.
3.1. GLYPH Con il primo motivo di impugnazione vengono dedotti nullità dell’ordinanza per violazione degli artt. 273 cod. proc. pen., 2, 111 Cost., 110, 575 cod. pen. e difetto assoluto di motivazione.
Ci si duole che il Tribunale del riesame si sia confrontato con le sole argomentazioni addotte dalla difesa di NOME e non con la ricostruzione dei fatti fornita dall’odierna indagata, emergente dalle dichiarazioni, assunte in sede di indagini difensive, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, la rilevanza delle ultime arbitrariamente limitata alla sola prova del rapporto di amicizia tra le parti. Il Tribunale del riesame, ignorando le dichiarazioni di NOME COGNOME, trascura, secondo la difesa, una circostanza fondamentale e in particolare che erano state le presunte persone offese a cercare per ben due volte la COGNOME e NOME, insistendo perché si recassero da loro, tanto che la prima si presentava in pigiama, a riprova che la volontà dei due non fu omicidiaria e che la donna non poteva essersi presentata con la spranga di ferro di cui si discute nell’ordinanza, peraltro mai rinvenuta sul luogo dei fatti.
Lamenta il difensore che il Tribunale del riesame ha ritenuto la condotta dell’odierna ricorrente non come mera connivenza, come
ad’
suggerito dalla difesa, ma come concorso morale nel reato commesso da NOME, senza spiegarne l’incidenza sul piano psichico dell’agente.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso si eccepisce nullità dell’ordinanza per violazione degli artt. 274, 275, 125, comma 3, cod. proc. pen. e difetto assoluto di motivazione.
Si evidenzia che il Tribunale del riesame discorre di negativa personalità e di violenza e spregiudicatezza dell’operato degli indagati, trascurando che non solo l’odierna ricorrente si è limitata ad assistere ai fatti in preda allo shock, ma si è altresì successivamente consegnata alle forze dell’ordine, a riprova dell’insussistenza di un pericolo, concreto e attuale, di recidiva.
3.3. GLYPH Col terzo motivo di impugnazione si rileva vizio di motivazione in relazione all’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen.
Si sottolinea come l’ordinanza in esame non contenga l’esposizione dei gravi e concreti elementi indiziari in ordine all’esistenza nei confronti dell’indagata delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen.
Il difensore, alla luce dei suddetti motivi, insiste per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.
1.1. GLYPH Infondati sono i primi motivi di entrambe le impugnazioni.
Il Tribunale del riesame, invero, muovendo proprio dalle dichiarazioni di NOME COGNOME, de relato da NOME COGNOME, e comunque dalla circostanza che fosse stata quest’ultima a invitare gli indagati a recarsi a casa sua e di NOME COGNOME, ove vi era anche NOME COGNOME, ritiene che, anche a voler considerare nel patrimonio indiziario tali dichiarazioni, allo stato non confermate dal c.d. teste-fonte, la versione dei fatti fornita dalla suddetta non sarebbe in grado di scalfire il quadro indiziario a carico degli indagati.
Evidenzia, a tale riguardo, che resta in ogni caso certo che NOME e la COGNOME si recavano presso l’abitazione ove vi erano le persone offese, armati di coltello e di spranga, e che, a seguito di una lite sorta per un motivo non ancora accertato con chiarezza, NOME accoltellava sia COGNOME che NOME COGNOME.
Rileva, invero, che detta versione non è in alcun modo capace di provare che gli indagati agivano a seguito di provocazione o per eccesso
di legittima difesa, restando il fatto che erano armati e che questo è confermato anche dalle circostanze che la COGNOME spontaneamente consegnava il coltello, fatto sparire in uno con la spranga, alla P.g. assumendosi la responsabilità di quanto accaduto, e che NOME accoltellava COGNOME e NOME COGNOME senza riportare alcuna ferita o contusione, e, dunque, senza che vi fosse alcun segno di un’aggressione subita da parte sua e dalla quale si voleva difendere. In assenza, quindi, di elementi indiziari di un’avvenuta colluttazione tra le parti, tale da ingenerare dubbi sulla sussistenza della causa di giustificazione della legittima difesa, per avere, invero, riportato solo le persone offese gravi lesioni.
Aggiunge che, del resto, sarebbe illogico pensare che COGNOME e NOME COGNOME avessero attirato gli odierni indagati con una scusa presso la loro abitazione, fornito loro l’arma appoggiandola sul tavolo e scatenato una violenta lite, correndo il rischio di riportare gravi lesioni o, peggio, di restare uccisi, il tutto per vendicarsi di una mancata falsa testimonianza in favore di COGNOME; e che, se è vero che la ragione scatenante della lite risulta ancora da accertare con chiarezza, è pure vero che risulta provato che gli indagati si recavano a casa delle persone offese armati, le aggredivano e NOME accoltellava NOME e NOME COGNOME attingendo il primo agli organi vitali e gridando al suo indirizzo “t’aggia accirerer”.
Osserva, inoltre, il suddetto Tribunale che la zona attinta, in prossimità del cuore, la breve distanza tra aggredito ed aggressore e l’intensità del colpo inferto a COGNOME anche considerata la tipologia di arma utilizzata, supportano ulteriormente l’ipotesi del tentato omicidio, sorretto da dolo alternativo.’
Con riguardo ai ruoli, specifica l’ordinanza impugnata che dalla ricostruzione dei gravi fatti non emerge alcun dubbio circa la fondatezza dell’accusa sia in relazione al capo A, che al capo B, con una ripartizione dei ruoli che vede NOME autore materiale degli accoltellamenti e la COGNOME concorrente morale con ruolo pienamente adesivo alla condotta del convivente. Aggiunge che quest’ultima non può essere considerata mera connivente non punibile, essendosi recata a casa di NOME COGNOME portando con sé una mazza in ferro e appena giunta essegWtosta sull’uscio della porta con fare provocatorio, contribuendo con tale atteggiamento a scatenare la lite, poi esitata nell’accoltellamento per cui si procede. Conclude col ritenere tale comportamento rientrante senza
dubbio nell’ambito applicativo del concorso di persone, per il quale è sufficiente anche la semplice presenza sul luogo dell’esecuzione del reato, capace di rafforzare l’intento criminoso dell’autore materiale e di fornire stimolo all’azione e un maggior senso di sicurezza a chi la intraprende.
A fronte di un iter motivazionale come quello appena riportato, non manifestamente illogico e giuridicamente corretto, sia sull’esclusione dell’eccesso colposo nella legittima difesa sia sul concorso morale dell’indagata, i primi motivi di entrambi i ricorsi, oltre a limitarsi a confutare genericamente la ricostruzione del dolo omicidiario e del concorso morale della COGNOME, insistono sull’approfondimento – anche tramite le dichiarazioni di COGNOME e della COGNOME – di quanto si sarebbe verificato prima della condotta incriminata. E non si confrontano, a tale riguardo, col nucleo motivazionale che evidenzia che se è vero che la ragione scatenante dell’aggressione risulta ancora da accertare con chiarezza, è anche vero che gli indagati, recandosi armati presso l’abitazione ove erano riunite le persone offese, le aggredivano. Manifestando, in tal modo, la loro infondatezza, ai limiti dell’inammissibilità.
1.2. Infondati sono anche il secondo motivo del ricorso di NOME e il secondo e terzo motivo del ricorso della COGNOME, sulle esigenze cautelari e sulla sproporzione delle misure cautelari applicate.
L’ordinanza di riesame, passando alla valutazione delle esigenze cautelari, valorizza l’estrema violenza e spregiudicatezza con le quali agivano gli indagati, recatisi a casa delle persone offese pronti ad aggredire ed usare violenza anche dinanzi ad eventuali testimoni, e rileva che il fatto che le ragioni scatenanti della lite non siano ancora del tutto chiarite, poi, rende ancora più incontrollabile e intenso il pericolo di reiterazione di condotte simili da parte dei suddetti.
Quanto alla scelta della misura cautelare da applicare, nel solco di quanto già evidenziato, ritiene adeguata e proporzionata per NOME la più estrema delle misure custodiali e per la COGNOME la misura autocustodiale, osservando come sia inidonea a fronteggiare il pericolo di recidiva, alla luce della personalità negativa degli indagati come delineata, una misura non custodiale, che non impedirebbe loro di tornare a delinquere negli spazi di libertà lasciatigli dalla misura scelta. Quanto in particolare a NOME, evidenzia che le modalità dell’azione e soprattutto la facilità con cui lo stesso accoltellava sia COGNOME che NOME COGNOME rendono la misura auto-custodiale inidonea a tutelare il pericolo
di recidiva ravvisabile nella specie, non essendovi ragione per ritenere che sarà capace di non violare le prescrizioni impostegli per commettere altri gravi delitti della stessa specie, anche nei confronti delle stesse persone offese.
Aggiunge, infine, che alla luce delle contestazioni mosse agli indagati, essendo allo stato imprevedibile un’eventuale scelta di rito alternativo da parte degli stessi, anche attestandosi sui minimi edittali e ponendo in essere nella portata minima gli aumenti per le circostanze aggravanti e l’eventuale continuazione, la pena sarà certamente e fisiologicamente superiore ai tre anni, nel rispetto del dettato dell’art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Tali essendo le argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici, dell’ordinanza in esame in punto di esigenze cautelari e di adeguatezza della misura applicata dal primo Giudice, i motivi di ricorso che, di contro, si limitano a confutarle e a insistere sulla sufficienza degli arresti domiciliari nei confronti di NOME, nonché a tornare sul ruolo di mera connivente della COGNOME e a ritenere non motivate le esigenze cautelari in relazione a quest’ultima, si rivelano infondati.
Al rigetto dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Non derivando dalla presente decisione la rimessione in libertà di NOME COGNOME deve disporsi – ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P. Q. M.
GLYPH
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2023.
Rigetta i processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. nei confronti di NOME. z GLYPH : 14 2 ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese GLYPH 2 GLYPH 83 c n te · GLYPH cii5 r t ‹: -713 5