Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22239 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22239 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Taranto il 23/12/1972
avverso la sentenza emessa il 05/10/2023 dalla Corte di appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha
chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 13 settembre 2022 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Modena, all’esito di giudizio abbreviato, riconosceva NOME COGNOME colpevole dei reati ascrittigli ai capi A, B e C, unificati sotto i vincolo della continuazione, e, applicata la diminuente per il rito speciale, condannava l’imputato alla pena di sei anni e sei mesi di reclusione.
L’imputato, inoltre, veniva condannato alle pene accessorie di legge, al pagamento delle spese processuali e al pagamento delle spese di mantenimento durante la custodia cautelare in carcere.
Con sentenza emessa il 5 ottobre 2023 la Corte di appello di Bologna, pronunciandosi sull’impugnazione di NOME COGNOME confermava la decisione impugnata e condannava l’appellante al pagamento delle ulteriori spese processuali.
Da entrambe le sentenze di merito, pienamente convergenti, emergeva che il 14 febbraio 2022, intorno alle ore 20.50, NOME COGNOME accoltellava NOME COGNOME durante un litigio verificatosi nel piazzale antistante la Stazione ferroviaria di Modena, sferrando alla vittima, con un coltello a serramanico lungo sedici centimetri, cinque fendenti, che la attingevano all’addome, al braccio destro e alla gamba destra.
Nell’immediatezza dei fatti, intervenivano sul posto due militari, NOME COGNOME e NOME COGNOME operanti nel contesto del progetto “strade sicure”, che tentavano di fermare l’aggressione di COGNOME; l’imputato, tuttavia, tentava di scappare e, dopo essere stato inseguito e immobilizzato a terra dai militari, cercava di liberarsi e tentava di recuperare il coltello a serramanico utilizzato per aggredire la vittima.
I fatti di reato, innanzitutto, venivano accertati attraverso le dichiarazion della persona offesa, NOME COGNOME che, nelle due occasioni in cui veniva esaminato, riferiva che, mentre chiedeva l’elemosina ai passanti nel piazzale della stazione ferroviaria, vedeva litigare uno straniero e l’imputato, conosciuto come NOME; a quel punto, tentata di intervenire per dividere i due litiganti, ma veniva ripetutamente colpito dal ricorrente con un coltello; l’altro contendente, invece, si allontanava repentinamente dal luogo del delitto a bordo di un autobus.
Tali dichiarazioni si ritenevano corroborate dalle immagini del sistema di videosorveglianza installato nel piazzale antistante la stazione ferroviaria, dalle quali si traeva conferma dell’attendibilità della ricostruzione degli accadimenti
criminosi effettuata dalla persona offesa e delle modalità con cui l’accoltellamento controverso si era verificato.
La resistenza opposta da COGNOME ai due miliOri intervenuti nell’immediatezza dei fatti, invece, veniva ricostruita grazie alle dichiarazioni delle persone offese che riferivano di essere state aggredite mentre tentavano di bloccare l’imputato, dopo l’accoltellamento di COGNOME.
Dopo l’arresto, l’imputato si avvaleva della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia, pur rendendo dichiarazioni spontanee, con cui riferiva che, la sera dell’accoltellamento, aveva subito un’aggressione da parte di due soggetti di colore, per difendersi dalla quale aveva colpito NOME con il coltello a serramanico che portava con sé.
In questa cornice probatoria, si riteneva corretta la qualificazione giuridica dei fatti di reato ascritti a NOME COGNOME essendo incontroverso l’intento omicida sotteso all’accoltellamento della persona offesa, così come contestato al capo A, in correlazione al reato di cui al capo B, ascritto all’imputato ex art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110.
Si riteneva parimenti corretta la qualificazione giuridica del reato di cui al capo C, non sussistendo dubbi sulle ragioni che avevano indotto l’imputato a opporsi al suo arresto da parte dei militari NOME COGNOME e NOME COGNOME che intervenivano immediatamente dopo l’accoltEAlamento di NOME COGNOME da parte del ricorrente.
Sulla scorta di questa ricostruzione degli accadimenti criminosi, l’imputato NOME COGNOME veniva condannato alle pene di cui in premessa.
Avverso la sentenza di appello NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME ricorreva per cassazione, articolando cinque censure difensive.
Con il primo motivo si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento agli artt. 52, 55, 59, quarto comma, cod. pen., conseguenti al fatto che la decisione in esame, relativamente al reato di cui al capo A, non dava esaustivo conto delle ragioni che imponevano di escludere la sussistenza degli elementi costitutivi della legittima difesa, reale putativa, a fronte della natura inequivocabilmente difensiva dell’azione posta in essere da NOME COGNOME per fronteggiare l’aggressione inaspettata della persona offesa.
Con il secondo motivo si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per non avere la Corte di merito, relativamente al tentato omicidio di cui al capo A, dato adeguato conto delle ragioni che consentivano la formulazione di un giudizio di colpevolezza nei confronti di NOME COGNOME tenuto conto delle incertezze probatorie sulla dinamica de
ferimento di NOME COGNOME che non permettevano di ritenere dimostrato l’intento omicida dell’imputato, imponendo la riqualificazione del reato nella diversa fattispecie delle lesioni personali aggravate.
Con il terzo motivo si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per non avere la Corre territoriale dato opportuno conto delle ragioni che imponevano di ritenere ingiustificato il possesso del coltello a serramanico, contestato al capo B, senza tenere conto della necessità di difendersi dell’imputato, conseguente alla sua peculiare condizione esistenziale di soggetto senza fissa dimora.
Con il quarto e il quinto motivo, di cui si impone una trattazione congiunta, si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto del trattamento sanzionatorio irrogato a Turco, che veniva censurato per il riconoscimento della recidiva e per la mancata concessione delle attenuanti generic:he, che apparivano disarmonici rispetto alle circostanze di tempo e di luogo nelle quali erano maturati gli accadimenti criminosi e alle ragioni che avevano spinto l’imputato ad accoltellare COGNOME
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Deve ritenersi infondato il primo motivo, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, c:onseguenti al fatto che la decisione in esame, relativamente al reato di cui al capo A, risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che imponevano di escludere la sussistenza degli elementi costitutivi della legittima difesa, reale o putativa, a fronte della natura inequivocabilmente difensiva dell’azione posta in essere dal ricorrente per fronteggiare l’aggressione di NOME COGNOME.
Osserva il Collegio che non risulta dimostrato che NOME avesse agito allo scopo di difendersi dall’azione aggressiva posta in essere nei suoi confronti da NOMECOGNOME
Al contrario, le emergenze processuali, su cui le sentenze di merito si soffermavano in termini congrui, imponevano di ritenere dimostrato l’atteggiamento aggressivo del ricorrente, che proseguiva anche dopo l’intervento
dei militari impegnati nel progetto “strade sicure”, comprovato dalle modalità con cui si concretizzavano le vicende criminose di cui al capo C.
In questa cornice, tenuto conto delle modalità con cui si sviluppava l’aggressione armata nei confronti di NOME COGNOME, che venivano chiarite dalla stessa vittima, non è possibile ritenere la condotta delittuosa posta in essere dal ricorrente giustificabile ai sensi dell’art. 52 cod. pen., nemmeno sotto il profil dell’eventuale eccesso colposo, alla stregua dei parametri canonizzati dalla giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui: «I presupposti essenziali della legittima difesa sono costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offes L’eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con il superamento dei limiti a quest’ultima collegati, sicché, per stabilire se nel fatto si siano ecced colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima accertare la inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione ex ante, e occorre poi procedere ad un’ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevolle e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell’eccesso colposo delineato dall’art. 55 cod. pen., mentre il secondo consiste in una scelta volontaria, la quale comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante» (Sez. 1, n. 45425 del 25/10/2005, Bollardi, Rv. 233352 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 4, n. 24084 dei 28/02/2018, COGNOME, Rv. 273401 – 01; Sez. 4, n. 33591 del 03/05/2016, Bravo, Rv. 267473 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nemmeno è possibile, proprio in conseguenza delle modalità particolarmente violente dell’aggressione armata e della tipologia delle cinque ferite riportate NOME COGNOME – che veniva attinto con un coltello a serramanico, lungo sedici centimetri, all’addome, al braccio destro e alla gamba destra -, ritenere sussistenti i presupposti della legittima difesa putativa, alla luce dei parametri ermeneutici elaborati da questa Corte, secondo cui: «La legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale, con la sola differenza che nella prima la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente ma è supposta dall’agente sulla base di un errore scusabile nell’apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di un’offesa ingiusta; sicché, in mancanza di dati di fatto concreti, l’esimente putativa non può ricondursi ad un criterio di carattere meramente soggettivo identificato dal solo timore o dal solo stato d’animo
dell’agente» (Sez. 1, n. 3898 del 18/02/1997, COGNOME, Rv. 207336 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 6024 del 27/01/2016, COGNOME, Rv. 266199 – 01; Sez. 5, n. 3507 del 04/11/2009, dep. 2010, Siviglia, Rv. 245843 – 01).
La Corte di appello di Bologna, pertanto, escludeva in capo a NOME COGNOME la sussistenza di un atteggiamento di natura difensiva, reale o putativo, sulla base di una ricostruzione corretta della dinamica del ferimento patito da NOME COGNOME la sera del 14 febbraio 2022, osservando che tale esclusione discendeva dall’assenza di elementi dimostrativi di una reazione difensiva, a fronte della tipologia delle ferite provocate dai cinque fendenti sferrati dal ricorrente alla vittima e del circostanze di tempo e di luogo in cui si concretizzava l’accoltellamento (tra le altre, Sez. 1, n. 26878 del 25/05/2012, Inturri, Rv. 253068 – 01; Sez. 5, n. 26172 del 11/05/2010, P., Rv. 247898 – 01; Sez. 1, n. 4456 del 17/02/2000, COGNOME, Rv. 215808 – 01).
Le considerazioni esposte impongono di ritenere infondato ilyeeeRGitmotivo di ricorso.
Parimenti infondato deve ritenersi il secondo motivo, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per non avere la Corte di merito, relativamente al delitto di cui al capo A, dato adeguato conto delle ragioni che consentivano la formulazione di un giudizio di colpevolezza nei confronti di NOME COGNOME tenuto conto delle incertezze probatorie sulla dinamica del ferimento di NOME COGNOME che non permettevano di ritenere dimostrato l’intento omicida dell’imputato, imponendo la riqualificazione del reato nella diversa fattispecie delle lesioni personali aggravate.
Osserva il Collegio che l’assunto difensivo, secondo cui l’aggressione armata posta in essere dall’imputato in danno di NOME COGNOME la sera del 14 febbraio 2022, doveva ritenersi inidonea a provocarne la morte, è smentito dalla sequenza dell’azione criminosa, che risulta correttamente ricostruita nel provvedimento impugnato.
Si consideri che la Corte di appello di Bologna fondava il suo giudizio sull’idoneità dell’aggressione armata del ricorrente a provocare la morte di NOME COGNOME su una pluralità, convergente, di elementi circostanziali, rappresentati dall’uso di un’arma da taglio di elevata potenzialità per colpire la vittima; dall modalità con cui veniva colpita la persona offesa, attinta da cinque fendenti, sferrati con notevole violenza; dalla natura delle ferite riportate dall’accoltellat che veniva attinta, da distanza ravvicinata, nell’area addominale, nel braccio destro e nella gamba destra; dal ricovero ospedaliero di Appiah, resosi necessario per le ferite riportate.
In questa cornice, deve rilevarsi i fatti di reato ascritti a NOME COGNOME ai capi A, B e C, nella loro consistenza materiale, sono incontrciversi, anche tenuto conto delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che, assunta a sommarie informazioni nelle date del 15 febbraio 2021 e del 18 marzo 2021, chiariva in quale contesto veniva accoltellata dall’imputato nel piazzale della Stazione ferroviaria di Modena, la sera del 14 febbraio 2022, intorno alle ore 20.50.
La ricostruzione della sequenzà degli accadimenti criminosi, del resto, veniva accertata anche grazie alle immagini del sistema di videosorveglianza installato nei pressi del luogo del delitto, che confermavano l’attendibilità della ricostruzione dei fatti fornita dalla persona offesa.
Su questi profili valutativi, al contrario di quanto dedotto dalla difesa de ricorrente, la Corte di appello di Bologna si soffermava con un percorso argomentativo conforme alle emergenze probatorie e immune da censure motivazionali, evidenziando che l’accoltellamento, per le modalità esecutive che si sono richiamate, era certamente idoneo a provocare la morte di NOME COGNOME avendo provocato i fendenti la penetrazione dell’arma da taglio nell’area addominale, nella quale si trovano numerosi organi vitali.
Sulla scorta di questa, ineccepibile, ricostruzione del ferimento di COGNOME, che doveva essere correlata alle circostanze di tempo e di luogo nelle quali maturava la determinazione omicida del ricorrente, la Corte di merito formulava un giudizio affermativo sull’idoneità degli atti posti in essere dall’imputato a provocare l morte della vittima, nel valutare la quale è necessario richiamare la giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui: «L’idoneità degli atti, richiesta per configurabilità del reato tentato, deve essere valutata con giudizio “ex ante”, tenendo conto delle circostanze in cui opera l’agente e delle modalità dell’azione, in modo da determinarne la reale adeguatezza causale e l’attitudine a creare una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto» (Sez. 1, n. 27918 del 04/03/2010, Resa, Rv. 248305 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 36311 del 12/07)2019, COGNOME, Rv. 277032 – 01; Sez. 1, n. 1365 del 02/10/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 209688 01).
Questo orientamento ermeneutico, del resto, si inserisce nel solco di un filone giurisprudenziale consolidato e risalente nel tempo, che è possibile esplicitare richiamando il seguente, insuperato, principio di diritto: «Al fine di una corretta applicazione dell’art. 56 cod. pen., occorre ricostruire, sulla base delle prove disponibili, la direzione teleologica della volontà dell’agente quale emerge dalle modalità di estrinsecazione concreta della sua azione, allo scopo di accertare quale sia stato il risultato da lui avuto di mira, sì da pervenire con il massimo grado d precisione possibile alla individuazione dello specifico bene giuridico aggredito e
concretamente posto in pericolo. Tutti gli ipotizzabili eventi ulteriori suscettibili essere posti in relazione causale con la detta condotta, ma non voluti dall’agente come conseguenza della propria azione o omissione, sono pertanto destinati a collocarsi al di fuori della sfera di applicazione della norma che punisce il tentativo, acquistando essi rilievo nel solo caso di effettiva lesione del bene protetto» (Sez. 1, n. 7938 del 03/02/1992, COGNOME, Rv. 1912421 – 01).
Queste ragioni impongono di ribadire l’infondatezza del secondo motivo di ricorso.
Deve, invece, ritenersi inammissibile il terzo motivo, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per non avere la Corre territoriale dato opportuno conto delle ragioni che imponevano di ritenere ingiustificato il possesso del coltello a serramanico’ contestato al capo B, ex art. 4 legge n. 110 del 1975, senza tenere conto della necessità di difendersi dell’imputato, conseguente alla sua peculiare condizione esisl:enziale di soggetto senza fissa dimora esposto-a continui pericoli.
Deve, invero, rilevarsi che il compendio probatorio acquisito, tenuto conto degli accertamenti eseguiti nell’immediatezza dei fatti dai militari impegnati nel progetto “strade sicure” – che arrestavano NOME COGNOME e sequestravano il coltello a serramanico utilizzato per colpire la vittima -, risultava univocamente orientato in senso sfavorevole alla posizione del ricorrente, che aggrediva consapevolmente la persona offesa, colpendola con un’arma da taglio che portava con sé.
Né la condizione di marginalità sociale nella quale viveva l’imputato poteva costituire una giustificazione al possesso dell’arma · da taglio di cui al capo B, dovendosi, in proposito, richiamare il seguente principio di diritto: «Il porto di uno strumento da punta o da taglio atto a offendere è da ritenere giustificato soltanto nel caso in cui la circostanza legittimatrice rivesta carattere di attualità rispetto momento dell’accertamento della condotta altrimenti vietata» (Sez. 1, n. 4696 del 14/01/1999, COGNOME, Rv. 213023 – 01).
Queste ragioni impongono di ribadire l’inammissibilità del terzo motivo di ricorso.
Parimenti inammissibili devono ritenersi il quarto e il quinto motivo, di cui si impone una trattazione congiunta, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto del trattamento sanzionatorio irrogato a NOME COGNOME che veniva censurato per il riconoscimento della recidiva e per la mancata
concessione delle attenuanti generiche, che apparivano disarmonici rispetto alle circostanze di tempo e di luogo nelle quali erano maturati gli ac:cadimenti criminosi e alle ragioni che avevano spinto l’imputato ad accoltellare la persona offesa la sera del 14 febbraio 2022.
Si consideri che il trattamento sanzionatorio irrogato a NOME COGNOME, quantificato in sei anni e sei mesi di reclusione, risulta suffragato dall ricostruzione compiuta dalla Corte di appello di Bologna, che si soffermava correttamente sulle connotazioni, oggettive e soggettive, dei reati contestati al ricorrente, escludendo, sulla base di un giudizio dosimetrico ineccepibile, che fosse possibile attenuare il trattamento sanzionatorio nella direzione invocata, tenuto conto dell’efferatezza dell’aggressione armata posta in essere in danno di NOME COGNOME e della condizione di soggetto recidivo dell’imputato.
Queste conclusioni, dunque, traevano origine da una verifica giurisdizionale ineccepibile, che teneva conto dell’elevato disvalore delle vicende delittuose sottoposta alla cognizione della Corte territoriale e delle modalità con cui le condotte illecite contestate ai capi A, B e C venivano commesse da NOME COGNOME. L’elevato disvalore delle condotte illecite dell’imputato, peraltro, assumeva un’elevata valenza ancora più negativa alla luce dei precedenti penali del ricorrente, che, anche in tempi relativamente recenti, era stato condannato per il reato di violenza privata, che costituiva un’ulteriore conferma della sua indole aggressiva.
Tali considerazioni, al contempo, non consentivano il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che, com’è noto, rispondono alla funzione di adeguare la pena al caso concreto, nella globalità degli elementi, oggettivi e soggettivi, che la connotano, sul presupposto del riconoscimento di situazioni fattuali, eventualmente riscontrate con riferimento alla posizione dell’imputato. La necessità di un giudizio che coinvolga tale posizione nel suo complesso – e che impediva la concessione delle attenuanti generiche a Turco – è sintetizzata dal seguente principio di diritto: «Le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale “concessione” del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena» (Sez. 6, n. 2642 del 14/01/1999, COGNOME, Rv. 212804 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 30228 del 05/06/2014, COGNOME, Rv. 260054 – 01; Sez. 2, n. 35930 del 27/06/2002, COGNOME, Rv. 222351 – 01; Sez. 6, n. 8668 del 28/05/1999, COGNOME, Rv. 214200 – 01).
Queste ragioni impongono di ribadire l’inammissibilità del quarto e del quinto motivo di ricorso, esaminati congiuntamente.
6. Le considerazioni esposte impongono conclusivamente il rigetto del ricorso proposto da NOME COGNOME con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 aprile 2024.