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Legittima difesa: quando la reazione non è giustificata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22239/2024, ha confermato la condanna per tentato omicidio a un uomo che aveva accoltellato una persona durante una lite. I giudici hanno escluso la legittima difesa, sia reale che putativa, poiché l’imputato ha dimostrato un atteggiamento aggressivo e non difensivo, superando i limiti della proporzionalità e della necessità. La decisione sottolinea come la violenza della reazione e l’uso di un’arma letale siano indicatori contrari alla scriminante della legittima difesa.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittima Difesa: Quando la Reazione Violenta Esclude la Giustificazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22239 del 2024, torna a pronunciarsi sui confini della legittima difesa, chiarendo quando una reazione violenta non può essere considerata giustificata. Il caso in esame riguarda un accoltellamento avvenuto durante una lite, in cui l’imputato ha invocato la scriminante della difesa personale. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la condanna per tentato omicidio e fornendo importanti principi sulla distinzione tra atteggiamento difensivo e aggressivo.

I Fatti di Causa

I fatti risalgono al 14 febbraio 2022, quando, nel piazzale antistante la stazione ferroviaria di Modena, un uomo veniva accoltellato da un altro individuo durante un litigio. La vittima, intervenuta per sedare una discussione tra l’aggressore e un terzo soggetto, veniva colpita con cinque fendenti sferrati con un coltello a serramanico. I colpi la raggiungevano all’addome, al braccio destro e alla gamba destra.

L’aggressore, dopo l’intervento di due militari del progetto “strade sicure”, tentava la fuga ma veniva immobilizzato. Inizialmente, sosteneva di aver agito per difendersi da un’aggressione subita da due persone. I giudici di primo e secondo grado, tuttavia, lo condannavano per tentato omicidio, porto abusivo d’arma e resistenza a pubblico ufficiale, unificando i reati sotto il vincolo della continuazione e infliggendo una pena di sei anni e sei mesi di reclusione.

L’Analisi della Corte sulla Legittima Difesa

Il principale motivo di ricorso in Cassazione si fondava sulla presunta violazione delle norme sulla legittima difesa (art. 52 c.p.) e sull’eccesso colposo (art. 55 c.p.). La difesa sosteneva che l’azione dell’imputato fosse stata una reazione difensiva, reale o almeno putativa (cioè erroneamente percepita come necessaria), a un’aggressione inaspettata.

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi. I giudici hanno sottolineato che non è emersa alcuna prova di un’azione aggressiva da parte della vittima. Al contrario, le prove processuali, incluse le testimonianze e le immagini di videosorveglianza, dimostravano un chiaro atteggiamento aggressivo da parte del ricorrente, che è proseguito anche dopo l’intervento dei militari.

Perché possa configurarsi la legittima difesa, sono necessari due presupposti essenziali:
1. Un’aggressione ingiusta: un pericolo attuale di un’offesa a un diritto tutelato.
2. Una reazione legittima: la reazione deve essere necessaria, inevitabile e proporzionata alla difesa.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la reazione fosse del tutto sproporzionata e non giustificabile. La violenza dell’aggressione armata, la tipologia delle ferite (cinque fendenti in zone vitali con un coltello di sedici centimetri) e le circostanze complessive escludevano qualsiasi carattere difensivo della condotta.

Tentato Omicidio e Porto d’Armi: Le Valutazioni dei Giudici

La difesa aveva anche contestato la qualificazione del reato come tentato omicidio, chiedendo una derubricazione a lesioni personali aggravate. Anche questo motivo è stato respinto. La Corte ha confermato l’intento omicida (dolo) sulla base di una pluralità di elementi convergenti:
L’arma utilizzata: un coltello a serramanico di notevole potenzialità offensiva.
Le modalità dell’azione: cinque fendenti sferrati con violenza e da distanza ravvicinata.
La natura delle ferite: colpi diretti all’addome, area del corpo in cui si trovano organi vitali.

Questi elementi, valutati con un giudizio “ex ante” (cioè basato sulle circostanze esistenti al momento dell’azione), sono stati ritenuti inequivocabilmente idonei a provocare la morte della vittima.

Infine, è stato dichiarato inammissibile il motivo relativo al porto abusivo del coltello. La difesa aveva tentato di giustificarlo con la condizione di persona senza fissa dimora esposta a pericoli, ma la Corte ha ribadito il principio secondo cui il porto di un’arma è giustificato solo se esiste una necessità attuale e concreta al momento del controllo, non una generica condizione di rischio.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un’analisi rigorosa dei presupposti della legittima difesa. I giudici hanno chiarito che questa scriminante non può essere invocata per giustificare una condotta intrinsecamente aggressiva. La ricostruzione dei fatti ha dimostrato che l’imputato non stava reagendo a un pericolo, ma stava conducendo un’azione offensiva. Anche l’ipotesi di legittima difesa putativa è stata esclusa, poiché essa richiede un errore scusabile basato su dati di fatto concreti, non su un mero timore soggettivo.

La Corte ha inoltre rigettato la richiesta di concessione delle attenuanti generiche. Il trattamento sanzionatorio è stato ritenuto congruo in considerazione dell’elevato disvalore dei fatti, dell’efferatezza dell’aggressione e dei precedenti penali dell’imputato, che ne confermavano l’indole aggressiva. Le attenuanti, hanno ricordato i giudici, non sono una “benevola concessione”, ma il riconoscimento di situazioni specifiche che riducono la gravità del reato, assenti nel caso in esame.

Conclusioni

La sentenza ribadisce con fermezza i paletti invalicabili della legittima difesa. Non ogni reazione a una situazione di conflitto può essere scriminata. È necessario che vi sia un’aggressione ingiusta e una difesa proporzionata e necessaria. Quando la condotta, per modalità, mezzi utilizzati e violenza, assume i contorni di un’azione offensiva, la giustificazione viene meno. Questa decisione conferma un orientamento consolidato, volto a evitare che la scriminante della difesa personale diventi un pretesto per giustificare atti di violenza gratuita, e sottolinea l’importanza di una valutazione oggettiva delle circostanze fattuali per distinguere chi si difende da chi aggredisce.

Quando è esclusa la legittima difesa in una lite?
La legittima difesa è esclusa quando la reazione non è né necessaria né proporzionata a un’aggressione ingiusta. Se una persona, invece di difendersi, assume un atteggiamento palesemente aggressivo, utilizzando un’arma e sferrando colpi violenti e ripetuti in zone vitali, la sua condotta non può essere considerata difensiva ma offensiva, e quindi non è giustificabile.

Come si stabilisce l’intento omicida in un caso di accoltellamento?
L’intento omicida (o dolo omicidiario) viene accertato sulla base di più elementi oggettivi, valutati nel loro complesso. Tra questi rientrano: il tipo di arma usata (la sua potenzialità letale), il numero e la violenza dei colpi inferti, le parti del corpo attinte (in particolare se si tratta di zone vitali come l’addome o il torace) e le circostanze generali dell’azione. Se questi elementi indicano che l’azione era idonea a causare la morte, si configura il tentato omicidio.

Perché la Corte ha negato le attenuanti generiche nonostante il contesto sociale difficile?
La Corte ha negato le attenuanti generiche perché ha ritenuto prevalente l’elevata gravità della condotta e la pericolosità sociale dell’imputato. La decisione si è basata sull’efferatezza dell’aggressione, sull’uso di un’arma e sui precedenti penali dell’imputato, che indicavano un’indole aggressiva. Le attenuanti generiche non sono una concessione automatica ma devono essere ancorate a elementi concreti che riducano il disvalore del fatto, elementi che in questo caso sono stati ritenuti assenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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