Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37114 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37114 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a NOME il NOMEX1
avverso la sentenza del 12/12/2024 della Corte di appello di XXXXXXX visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore dell’imputato, avvocato AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di XXXXXXX confermava la declaratoria di penale responsabilità di NOME in relazione al reato di lesione personale aggravata ai danni di NOMEXX, così derubricata l’originaria imputazione di tentato omicidio.
Secondo la ricostruzione giudiziale, NOME, la sera del 2 dicembre 2022, si era recato presso l’abitazione di NOMEXX, ove si trovava a cena la propria ex compagna, che tuttavia non desiderava incontrarlo.
Al conseguente rifiuto di NOMEXX di lasciarlo accedere in cortile, l’imputato aveva assunto un atteggiamento apertamente aggressivo, per contenere il quale la vittima aveva raccolto da terra e brandito un bastone.
A questo punto l’imputato, senza alcuna remora, aveva estratto dai pantaloni un coltello a serramanico e aveva sferrato contro la vittima diversi fendenti, attingendola in varie parti del corpo; si era quindi allontanato a bordo della sua autovettura, inseguito dalla vittima che ne prendeva a bastonate il lunotto posteriore.
NOMEXX aveva riportato, alle braccia e bilateralmente in regione sovrascapolare, ferite multiple, dalle quali era derivata l’incapacità di attendere alle normali occupazioni per un tempo superiore a quaranta giorni.
La Corte di appello, al pari del primo giudice, escludeva che la condotta di NOME fosse scriminata ai sensi dell’art. 52 cod. pen.
Il giudice di appello riteneva, infatti, che il contegno della vittima, munitasi di bastone, rivestisse carattere autoprotettivo, e non offensivo, e che ciò fosse chiaramente percepibile. Riteneva, in ogni caso, la reazione dell’imputato sproporzionata rispetto all’eventuale
UP – 24/09/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
intimidazione subita, e non necessitata, giacchØ gli sarebbe bastato allontanarsi per sottrarsi ad ogni possibile pericolo.
Sotto il profilo sanzionatorio, la sentenza di appello confermava la recidiva, in rapporto all’esistente precedente penale, rispetto al quale la condotta odierna era giudicata maggiormente riprovevole ed espressiva di accresciuta pericolosità sociale.
Avverso tale sentenza NOME ricorre per cassazione, con il ministero del suo difensore di fiducia.
Il ricorso Ł articolato in cinque motivi, di seguito riassunti a norma dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
5.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio della motivazione, in rapporto alla ritenuta esclusione della legittima difesa per assenza del requisito di proporzione.
Si tratterebbe di un argomento introdotto dal giudice di appello (giacchØ quello di primo grado avrebbe fondato il diniego della scriminante, piuttosto, sulla volontaria determinazione della situazione di pericolo), che non avrebbe alcuna base fattuale.
L’espletata perizia avrebbe accertato la superficialità delle lesioni, in conseguenza della scarsa energia dei colpi. Il carattere sproporzionato della condotta non potrebbe desumersi, pertanto, da pretese sue connotazioni violente.
La perizia, altresì, avrebbe rapportato la natura delle lesioni alle modalità con cui l’arma era stata impugnata, e non già alla tipologia di essa, e il riferimento a quest’ultima per motivare la sproporzione (coltello a fronte di bastone) sarebbe frutto di travisamento del dato probatorio.
5.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 52 cod. pen., di nuovo in rapporto alla rilevata assenza del requisito di proporzione, e in rapporto alla affermata possibilità di tenere condotte alternative che lo riparassero dal pericolo.
In realtà, il primo soggetto a porre in essere l’aggressione sarebbe stato proprio
NOME, che, con il bastone, avrebbe fisicamente attinto l’imputato, ad una mano e al costato, prima che questi impugnasse il coltello. Lo dimostrerebbero le lesioni rilevate sul corpo di NOME, certificate dal perito e dal consulente tecnico della difesa.
Non si potrebbe, allora, giudicare sproporzionata la reazione di NOME, tenuto conto della sua minore prestanza fisica, nØ vi sarebbero elementi concreti per ritenere che
NOME potesse, nelle circostanze date, rappresentarsi migliori prospettive di difesa, quali la fuga o l’intervento delle forze dell’ordine.
Tali osservazioni sarebbero rilevanti anche in chiave di legittima difesa putativa, o di eccesso colposo al riguardo.
5.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione, in ordine ai medesimi profili del motivo precedente.
Se il dato probatorio fosse stato correttamente valutato, sarebbe risultato che il bastone era stato non solo brandito, ma in concreto utilizzato da NOMEXX per colpire dapprima l’imputato, e poi la sua automobile.
Stando a tanto, non vi sarebbero i presupposti per affermare che la reazione dell’imputato fosse sproporzionata, o che l’imputato potesse percorrere valide alternative in ottica difensiva.
5.4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione, in rapporto all’aggravante ritenuta in sentenza.
Non vi sarebbe alcuna obiettività di una malattia protrattasi oltre i quaranta giorni, che perito e consulente tecnico della difesa avrebbero smentito.
NOME si sarebbe potuto dare credito, sul punto, alle dichiarazioni della vittima, trattandosi
di testimone già rivelatosi inattendibile (avendo, in particolare, egli sostenuto, contrariamente al vero, di aver afferrato il bastone solo alla vista del coltello).
5.5. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 99 cod. pen. e vizio di motivazione, in rapporto al rilievo della recidiva.
La sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente verificato se, e in che misura, la pregressa condotta delittuosa, risalente nel tempo e differente per obiettività giuridica, avesse rappresentato un fattore criminogeno attuale e se la consecuzione delle condotte fosse realmente indicativa di una perdurante inclinazione al delitto.
Il giudizio di cassazione si Ł svolto a trattazione scritta, in difetto di diversa sollecitazione di parte, ai sensi dell’art. 611, comma 1bis , prima proposizione, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi tre motivi di ricorso, connessi e congiuntamente esaminabili, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Essi sono inammissibili, nella misura in cui sono diretti ad accreditare un’alternativa ricostruzione degli accadimenti di causa, basata sulla mera rilettura delle risultanze probatorie, invero attentamente esaminate e non illogicamente valutate dal giudice territoriale.
2.1. Quest’ultimo ha puntualmente illustrato gli elementi di prova dichiarativa, che sostengono l’andamento dei fatti come descritto dalla sentenza impugnata. A validarlo vi sono, in effetti, testimonianze oculari, anche diverse dal racconto della persona offesa e sulle quali l’odierno ricorrente totalmente sorvola.
Il teste NOME ha, in particolare, confermato che fu l’imputato a muovere contro NOME con fare aggressivo, costringendo quest’ultimo ad armarsi di bastone a mero scopo dissuasivo; dopodichØ, l’imputato elevò la qualità dell’offesa, impugnando un’arma bianca ad alto potenziale lesivo, con la quale la vittima fu ripetutamente colpita, restando ferita in piø distretti corporei.
Il richiamo del ricorrente a risultanze medico-legali, che riscontrerebbero l’esistenza di lesioni da difesa sul corpo dell’imputato, non Ł minimamente circostanziato rispetto alla perizia, ed Ł inefficiente rispetto alla stessa consulenza tecnica difensiva, riprodotta solo per stralci ed estrapolazioni, che non ne consentono in questa sede il compiuto apprezzamento. NØ a sanare il vizio di deduzione Ł sufficiente l’indiscriminata allegazione, al ricorso, dei corrispondenti elaborati e dei verbali di audizione del perito.
2.2. Resta il dato saliente, per cui i motivi in scrutinio, pur formalmente deducendo la violazione di legge, vizi di motivazione e travisamenti istruttori, si strutturano per argomentazioni che – senza riuscire ad inficiare la congruità e la tenuta logica delle argomentazioni giudiziali – si pongono in diretto confronto con la prova acquisita, sollecitandone un diverso apprezzamento da parte di questa Corte, secondo lo schema tipico di un gravame di merito che esula dalle funzioni dello scrutinio di legittimità (Sez. 6, n. 13442 dell’8/03/2016, COGNOME, Rv. 266924-01; Sez. 6 n. 43963 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 258153-01).
E’ bene ribadire che eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali del processo, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo rimesso al giudice di legittimità Ł circoscritto alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione (e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo) e
della non emersione di alcuni dei predetti vizi dall’esame della sentenza impugnata, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, COGNOME, Rv. 284556-01).
Sulla base degli accadimenti così incensurabilmente ricostruiti, la legittima difesa, anche solo putativa, Ł stata ineccepibilmente esclusa – e le doglianze in diritto, al riguardo formulate nei motivi in disamina, non hanno pregio – posto che l’imputato, come sopra emerso, non si trovò, nØ si prefigurò, alcuna situazione di pericolo, tale da legittimare una sua reazione difensiva.
E, in difetto di una tale situazione di pericolo, reale o putativa, neppure l’eccesso colposo Ł ipotizzabile (tra le molte, Sez. 5, n. 19065 del 12/12/2019, dep. 2020, COGNOME Domenico, Rv. 279344-02).
Anche a ragionare diversamente, e ad ipotizzare la situazione di pericolo, magari solo supposta, la sentenza impugnata impeccabilmente rimarca:
da un lato, l’evidente sproporzione tra la situazione stessa e la reazione posta in atto, sfociata nell’impiego di mezzi che, per consapevole e dolosa determinazione, superavano ogni necessità del caso; il che preclude, in radice, l’operatività della scriminante e dello stesso eccesso colposo (v. già Sez. 1, n. 2561 del 27/02/1993, Timpani, Rv. 194045-01);
per altro verso, l’assenza di una infungibile necessità di difesa per come adottata, essendo l’autore della condotta nella perfetta condizione di sottrarsi al preteso pericolo semplicemente desistendo dal violare l’altrui proprietà e allontanandosi; il che rende evidente l’esistenza di alternative immediatamente disponibili rispetto alla condotta incriminata (quali l’allontanarsi dal luogo ed evitare l’ulteriore confronto), incompatibili, di nuovo, con il riconoscimento dell’esimente (Sez. 1, n. 51262 del 13/06/2017, NOME, Rv. 272080-01).
Senza contare l’ulteriore rilievo, valorizzato dalla sentenza di primo grado, secondo cui la situazione di pericolo in questione – anche ad ammetterla – sarebbe stata, in origine, volontariamente determinata dallo stesso imputato, non essendo dunque la scriminante della legittima difesa da lui invocabile (per mancanza, ancora, del requisito della necessità di difesa) neppure sotto questo profilo (Sez. 1, n. 56330 del 13/09/2017, La Gioiosa, Rv. 272036-01).
Il quarto motivo di ricorso Ł infondato, perchØ la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla durata della malattia, e comunque della situazione di inidoneità alla ripresa delle normali occupazioni, Ł saldamente ancorata a precisi elementi probatori (le dichiarazioni della persona offesa, la certificazione I.N.P.S. a fini lavorativo-previdenziali e gli esiti della consulenza del pubblico ministero), di cui la sentenza stessa illustra – con apprezzamento non manifestamente illogico, e qui pertanto insindacabile – la decisiva e preponderante pregnanza.
Il quinto motivo di ricorso Ł infondato.
¨ agevole, infatti, constatare come la sentenza impugnata si sia fedelmente attenuta al consolidato principio di diritto (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, CalibŁ, Rv. 247838-01; Sez. 2, n. 10988 del 07/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284425-01; Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270419-01), secondo cui, ai fini della rilevazione della recidiva, il giudice Ł tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.
Nel riconoscere l’aggravante, la sentenza stessa non si Ł per nulla attestata su detto precedente, ma l’ha posto in relazione con la rinnovata condotta delittuosa e ha valorizzato
la piø accentuata capacità a delinquere da essa espressa, da intendere come persistenza di stimoli criminogeni, e il corrispondente maggior grado di colpevolezza, che giustificano l’accresciuto rigore sanzionatorio in conclusivo esito di un ragionamento conforme al paradigma legale ed esente, anche qui, da vizi logici.
7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato alla stregua delle considerazioni che precedono.
Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 24/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.