Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1208 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1208 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 06/07/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 01/04/1998
avverso la sentenza del 28/06/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME. che ha concluso chiedendo ‘
1 –
u- dito il difensore]
procedimento a trattazione scritta
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della dott.ssa NOME COGNOME Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23 febbraio 2022, il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Bologna, in esito a giudizio abbreviato, dichiarava NOME COGNOME colpevole dei reati di tentato omicidio in danno di NOME COGNOME e di porto del coltello utilizzato nel commettere il primo delitto mediante il ferimento della controparte. Ritenuta la continuazione, computata la diminuente per la scelta del rito, l’imputato veniva condannato alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione.
Con sentenza del 28 giugno 2022, la Corte di appello di Bologna, adita dall’imputato, confermava la sentenza di primo grado. In base alla ricostruzione del fatto recepita dai giudici del merito, fondata sulle dichiarazioni testimoniali NOME COGNOME e NOME COGNOME e sulle risultanze delle indagini, Kosova, dopo aver subito uno schiaffo sferratogli all’interno di un bar da Zgjana, aveva aggredito quest’ultimo procurandogli ferite penetranti addominali e toraciche con un coltello, all’esterno del locale; non sussistevano le condizioni per la legittima difesa invocata da COGNOME che aveva ammesso di essere stato autore del ferimento cercando di giustificarlo come reazione ad una aggressione che assumeva di aver subito ad opera della controparte la quale lo avrebbe colpito con un casco. 1
Il difensore di COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in tre motivi.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., contesta la decisione impugnata per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e per vizio di motivazione in relazione all’art. 52 cod. pen. La difesa afferma che la decisione è manifestamente illogica perché è stata esclusa la legittima difesa, nonostante l’accertamento di una iniziale aggressione ingiusta in danno di Kosova. Sostiene che è stata pretermessa l’analisi relativa alla necessità e alla proporzione della reazione difensiva e che gli apparati argomentativi delle decisioni di merito risultano in contrasto con la ricostruzione dei fatti, specialmente con riguardo alle modalità dell’aggressione e alla proporzione della relativa reazione.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., deduce mancanza di motivazione in relazione,
all’imputazione di porto di coltello. La difesa sostiene che è apodittica l’affermazione, da parte del giudice del merito, dell’originario possesso del coltelo da parte dell’imputato.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 62bis e 133 cod. pen. Critica il trattamento sanzionatorio, osservando che il giudice del merito ha negato le circostanze attenuanti generiche senza tener conto della giovane età dell’imputato e della sua incensuratezza, ed è incorso in errore di calcolo nel determinare la pena finale in anni cinque e mesi quattro di reclusione invece che in anni cinque, mesi due e giorni venti di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
È infondato il primo motivo di ricorso, con il quale la difesa contesta la decisione impugnata per vizio di motivazione e violazione di legge, affermando che il giudice d’appello avrebbe erroneamente valutato i fatti, non ritenendo sussistenti gli estremi della legittima difesa.
1.1. La giurisprudenza di legittimità ha precisato che i presupposti essenziali della causa di giustificazione in esame sono costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto, la seconda deve riguardare la necessità di difendersi, l’inevitabilità de pericolo e la proporzione tra difesa e offesa. (Sez. 4, sentenza n. 16908 del 12/02/2004, COGNOME, Rv. 228045; Sez. 4, sentenza n. 32282 del 4/7/2006, COGNOME, Rv. 235181; Sez. 5, sentenza n. 25653 del 14/5/2011, Diop, Rv. 240447; Sez. 1, n. 47117 del 26/11/2009, Carta, Rv. 245884).
1.2. Nel caso in esame, la decisione risulta pienamente rispettosa dei principi sopra richiamati, pienamente condivisibili. La Corte di appello ha spiegato in modo ragionevole e congruo che, dopo aver subìto uno schiaffo ad opera di NOME, NOME attinse COGNOME con numerosi colpi di coltello in zone del corpo vitali, e che la condotta di NOME travalicò volontariamente i limiti della normale necessità difensiva. Ciò dovrebbe ritenersi, secondo il giudice di appello, anche se si ipotizzasse fondata la tesi dell’impiego di un casco da parte di COGNOME.
Il secondo motivo di ricorso, con il quale la difesa dell’imputato critica l’accertamento relativo alla originaria titolarità, in capo all’imputato, dell’ar utilizzata, è manifestamente infondato, quindi inammissibile.
2.1. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in tema di prova, il dubbio idoneo ad introdurre un’ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti è
soltanto quello «ragionevole», ovvero quello che trova conforto nella logica, sicché, in caso di prospettazioni alternative, occorre comunque individuare gli elementi di conferma dell’ipotesi ricostruttiva, non potendo il dubbio fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile. (Sez. 3 , Sentenza n. 5602 del 21/01/2021, Rv. 281647 – 04).
2.2. Nel caso ora in esame, il principio richiamato, pienamente condivisibile, risulta rispettato dai giudici del merito. La censura attiene ad un profilo relativo alla ricostruzione fattuale, sorretta da congrua motivazione. La sentenza di appello ha chiarito in modo ragionevole che, al momento dell’aggressione contro Zgjana, Kosova era in possesso di un coltello, e che è inverosimile la tesi del soccorso dato da parte di un terzo.
Il terzo motivo è infondato per il profilo con il quale il ricorrente si duo della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, mentre la denuncia di un errore di calcolo nella quantificazione della pena non può condurre all’annullamento della sentenza impugnata, ma solo alla correzione della motivazione della sentenza di primo grado sul punto.
3.1. Con riguardo al primo profilo del motivo, deve ricordarsi che, in base alla giurisprudenza di legittimità, il disconoscimento del beneficio rappresentato dalle circostanze attenuanti generiche può essere motivato in base all’assenza di elementi o circostanze che ne giustifichino il riconoscimento, non risultando dirimente il mero stato di incensuratezza dell’imputato. (Sez. 4, Sentenza n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01).
La Corte di appello ha rispettato il ricordato principio di diritto, pienamente condivisibile. Essa è priva di vizi e reca congrua motivazione nella parte in cui ha confermato il convincimento già espresso in primo grado circa la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. La sentenza chiarisce che l’imputato, lungi dal tenere un comportamento collaborativo, ha ammesso solo ciò che non poteva negare – cioè di essere stato autore del fatto – e ha cercato, mentendo, di ritagliarsi un esonero da responsabilità o di ridimensionare gli addebiti.
3.2. Con riguardo al secondo profilo del motivo, relativo all’errore di calcolo, deve ricordarsi che, in base alla giurisprudenza di legittimità, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo può essere derogata a condizione che questo sia viziato da un errore materiale obiettivamente rilevabile e che da esso, quale espressione della volontà decisoria del giudice, non derivi un risultato più favorevole per l’imputato. (Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022, dep. 2023, Rv. 284057 – 04). È stato spiegato che il contrasto tra dispositivo e motivazione non determina nullità della sentenza, ma
si risolve con la logica prevalenza dell’elemento decisionale su quello giustificativo. (Sez. 6, n. 7980 del 01/02/2017, Rv. 269375 – 01).
Nel caso concreto ora in esame, dal dispositivo della sentenza di primo grado, che indica la pena in anni cinque e mesi quattro di reclusione, non emerge alcun errore.
In realtà, l’errore è contenuto nella motivazione di detta sentenza, che, in effetti, dopo aver indicato la pena per il tentato omicidio in anni sette e mesi quattro di reclusione, e dopo aver indicato l’aumento di mesi sei di reclusione per il porto del coltello, indica erroneamente, come risultato della somma dei due segmenti di pena, la pena di otto anni di reclusione, sulla quale applica la riduzione di un terzo per il rito abbreviato pervenendo alla pena finale di anni cinque e mesi quattro di reclusione.
Poiché la pena determinata nel dispositivo deve essere tenuta ferma in applicazione dei suddetti principi, deve essere corretta la motivazione della sentenza di primo grado sul punto, per fornire congrua e adeguata giustificazione della prevalente statuizione contenuta nel suo stesso dispositivo.
Alla pena finale, fissata in tale dispositivo pubblicato in udienza in anni cinque e mesi quattro di reclusione, si perviene, infatti, non in esito all’errato calcol espresso nella motivazione di detta sentenza, ma in esito al seguente calcolo, che in sostituzione di quello errato e a correzione della motivazione della sentenza di primo grado (da mantenere per quanto possibile, intervenendo solo sulla indicazione della pena base per il tentato omicidio, perché per essa il giudice di primo grado ha affermato espressamente di dover partire da una pena più alta del minimo edittale) deve essere indicato qui come segue: pena base anni sette e mesi sei (invece che quattro) di reclusione per il tentativo di omicidio, aumentata di mesi sei per il porto di coltello e quindi diminuita di un terzo per la scelta de rito abbreviato.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e, conseguentemente, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese rocessuali.
Così deciso in Roma il 6 luglio 2023.