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Legittima difesa putativa: quando non si applica

Un soggetto, condannato per minaccia aggravata e porto d’armi, ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo di aver agito per legittima difesa putativa. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che non si può invocare la legittima difesa putativa quando la presunta aggressione subita (il lancio di una sedia) è in realtà una reazione difensiva a una propria precedente condotta minacciosa.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittima Difesa Putativa: No se la Reazione è Conseguenza della Propria Minaccia

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna a delineare i confini della legittima difesa putativa, un concetto spesso invocato ma non sempre applicabile. Il caso in esame offre uno spunto cruciale per comprendere quando la percezione di un pericolo non giustifica una reazione, specialmente se si è stati la causa scatenante della tensione. Analizziamo insieme la decisione della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Un uomo veniva condannato in primo grado per i reati di minaccia aggravata e porto abusivo di armi. La Corte d’Appello, pur confermando la sua responsabilità penale, sostituiva la pena detentiva con una pecuniaria.

Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato aveva minacciato un gruppo di ragazzi. Solo in un secondo momento, come reazione a tale minaccia, uno dei ragazzi aveva lanciato una sedia verso di lui. L’uomo, ritenendo ingiusta la condanna, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando principalmente il mancato riconoscimento della legittima difesa putativa. A suo dire, egli avrebbe agito nella convinzione di doversi difendere da un’aggressione imminente.

La Decisione della Corte e i Limiti alla Legittima Difesa Putativa

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni della difesa. La decisione si fonda su un’attenta analisi della sequenza temporale degli eventi, elemento discriminante per l’applicazione della scriminante.

L’Insussistenza della Legittima Difesa

Il punto centrale della motivazione riguarda proprio la legittima difesa putativa. I giudici hanno sottolineato come la ricostruzione dei fatti, operata in modo chiaro e logico dai tribunali di merito, non lasciasse spazio a dubbi: l’azione minacciosa dell’imputato era avvenuta prima della reazione dei ragazzi. Il lancio della sedia, pertanto, non era un’aggressione ingiusta che giustificava una difesa, ma era essa stessa una reazione, seppur scomposta, a una minaccia già in atto. Manca quindi il presupposto fondamentale della scriminante: l’esistenza di un pericolo attuale di un’offesa ingiusta, anche solo percepita erroneamente.

Il Rigetto delle Altre Doglianze: Provocazione e Attenuanti

Il ricorrente aveva sollevato anche altre questioni, come il mancato riconoscimento della provocazione e delle circostanze attenuanti generiche. Anche su questi punti, la Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile.

La valutazione sulla sussistenza della provocazione e sulla concessione delle attenuanti rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella effettuata in primo e secondo grado, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano adeguatamente giustificato le loro decisioni, rendendo le censure del ricorrente un mero tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte ribadisce principi consolidati del diritto penale. La legittima difesa putativa richiede che l’agente creda erroneamente, ma in base a circostanze oggettive e non a una mera percezione soggettiva, di trovarsi di fronte a un pericolo imminente. Nel momento in cui è l’agente stesso a creare la situazione di pericolo con la propria condotta illecita, non può poi invocare la scriminante per giustificare la sua azione. La reazione della vittima, se successiva alla minaccia, è una conseguenza e non la causa che giustifica l’azione difensiva. Inoltre, la Corte ha riaffermato che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non rivalutare le prove o i fatti così come accertati nei gradi precedenti.

Conclusioni

Questa ordinanza è un chiaro monito: la linea tra difesa e aggressione è determinata dalla cronologia e dalla causalità degli eventi. Non si può creare una situazione di conflitto e poi pretendere di essere giustificati se la controparte reagisce. La legittima difesa putativa è una scriminante che protegge chi crede erroneamente di essere in pericolo, non chi causa il pericolo stesso. La decisione conferma, infine, l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle circostanze del caso concreto e nella commisurazione della pena, un potere sindacabile in Cassazione solo in caso di vizi logici evidenti.

Quando non è possibile invocare la legittima difesa putativa?
Non è possibile invocarla quando la presunta aggressione subita è, in realtà, una reazione difensiva a una propria precedente condotta illecita o minacciosa. L’azione dell’imputato deve essere una risposta a un pericolo e non la causa che lo ha generato.

La Corte di Cassazione può riesaminare la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche può essere sempre contestato in Cassazione?
No, non sempre. La concessione delle attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale decisione può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione è del tutto assente, palesemente illogica o contraddittoria, non per un semplice disaccordo sulla valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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