Legittima Difesa Putativa: No se la Reazione è Conseguenza della Propria Minaccia
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna a delineare i confini della legittima difesa putativa, un concetto spesso invocato ma non sempre applicabile. Il caso in esame offre uno spunto cruciale per comprendere quando la percezione di un pericolo non giustifica una reazione, specialmente se si è stati la causa scatenante della tensione. Analizziamo insieme la decisione della Suprema Corte.
I Fatti di Causa
Un uomo veniva condannato in primo grado per i reati di minaccia aggravata e porto abusivo di armi. La Corte d’Appello, pur confermando la sua responsabilità penale, sostituiva la pena detentiva con una pecuniaria.
Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato aveva minacciato un gruppo di ragazzi. Solo in un secondo momento, come reazione a tale minaccia, uno dei ragazzi aveva lanciato una sedia verso di lui. L’uomo, ritenendo ingiusta la condanna, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando principalmente il mancato riconoscimento della legittima difesa putativa. A suo dire, egli avrebbe agito nella convinzione di doversi difendere da un’aggressione imminente.
La Decisione della Corte e i Limiti alla Legittima Difesa Putativa
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni della difesa. La decisione si fonda su un’attenta analisi della sequenza temporale degli eventi, elemento discriminante per l’applicazione della scriminante.
L’Insussistenza della Legittima Difesa
Il punto centrale della motivazione riguarda proprio la legittima difesa putativa. I giudici hanno sottolineato come la ricostruzione dei fatti, operata in modo chiaro e logico dai tribunali di merito, non lasciasse spazio a dubbi: l’azione minacciosa dell’imputato era avvenuta prima della reazione dei ragazzi. Il lancio della sedia, pertanto, non era un’aggressione ingiusta che giustificava una difesa, ma era essa stessa una reazione, seppur scomposta, a una minaccia già in atto. Manca quindi il presupposto fondamentale della scriminante: l’esistenza di un pericolo attuale di un’offesa ingiusta, anche solo percepita erroneamente.
Il Rigetto delle Altre Doglianze: Provocazione e Attenuanti
Il ricorrente aveva sollevato anche altre questioni, come il mancato riconoscimento della provocazione e delle circostanze attenuanti generiche. Anche su questi punti, la Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile.
La valutazione sulla sussistenza della provocazione e sulla concessione delle attenuanti rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella effettuata in primo e secondo grado, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano adeguatamente giustificato le loro decisioni, rendendo le censure del ricorrente un mero tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte ribadisce principi consolidati del diritto penale. La legittima difesa putativa richiede che l’agente creda erroneamente, ma in base a circostanze oggettive e non a una mera percezione soggettiva, di trovarsi di fronte a un pericolo imminente. Nel momento in cui è l’agente stesso a creare la situazione di pericolo con la propria condotta illecita, non può poi invocare la scriminante per giustificare la sua azione. La reazione della vittima, se successiva alla minaccia, è una conseguenza e non la causa che giustifica l’azione difensiva. Inoltre, la Corte ha riaffermato che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non rivalutare le prove o i fatti così come accertati nei gradi precedenti.
Conclusioni
Questa ordinanza è un chiaro monito: la linea tra difesa e aggressione è determinata dalla cronologia e dalla causalità degli eventi. Non si può creare una situazione di conflitto e poi pretendere di essere giustificati se la controparte reagisce. La legittima difesa putativa è una scriminante che protegge chi crede erroneamente di essere in pericolo, non chi causa il pericolo stesso. La decisione conferma, infine, l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle circostanze del caso concreto e nella commisurazione della pena, un potere sindacabile in Cassazione solo in caso di vizi logici evidenti.
Quando non è possibile invocare la legittima difesa putativa?
Non è possibile invocarla quando la presunta aggressione subita è, in realtà, una reazione difensiva a una propria precedente condotta illecita o minacciosa. L’azione dell’imputato deve essere una risposta a un pericolo e non la causa che lo ha generato.
La Corte di Cassazione può riesaminare la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.
Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche può essere sempre contestato in Cassazione?
No, non sempre. La concessione delle attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale decisione può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione è del tutto assente, palesemente illogica o contraddittoria, non per un semplice disaccordo sulla valutazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14127 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14127 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VASTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/04/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila, che, sostituendo la pena detentiva con quella pecuniaria, ha confermato nel resto la pronunzia di primo grado, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile dei reati di minaccia aggravata e di porto di armi per cui non è ammessa licenza ex art. 4 L. 110/75;
Considerato che il primo ed il secondo motivo di ricorso, con i quali il ricorrente denunzia erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della sussistenza della legittima difesa putativa, sono manifestamente infondati, alla luce della ricostruzione del fatto fornita dai giudici di merito; nel caso di specie, infatti, la Corte di merito ben chiariva come il lancio della sedia all’indirizzo del COGNOME fosse avvenuto solo successivamente al suo agire, come reazione di difesa da parte dei ragazzi che lo stesso aveva minacciato (si veda la prima parte di pag. 4 della sentenza impugnata);
Considerato che il terzo ed il quarto motivo di ricorso, con i quali il ricorrente denunzia erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in relazione alla mancata qualifica della condotta nell’alveo della provocazione ex art. 62 n. 2 cod. pen., non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenut decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
Considerato che il quinto ed il sesto motivo di ricorso, con i quali il ricorrente denunzia erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine al trattamento sanzioNOMErio, lamentando – in particolare – un mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità, perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare
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pag. 3 della sentenza impugnata, in cui la Corte ha ritenuto condivisibile il calcolo di pena operato dal giudice di prime cure);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31 gennaio 2024
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Il consigliere estensore
Il Presidente