Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21127 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21127 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/03/2023 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME E.
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Trattazione scritta.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza emessa in data 4 luglio 2022 il GUP del Tribunale di Milano – in rito abbreviato – ha affermato la penale responsabilità di COGNOME in relazione alla contestazione di tentato omicidio (commesso in danno di NOME) e detenzione e porto di arma comune da sparo (fatto del 8 gennaio 2022, avvenuto intorno alle ore 20.20) di cui ai capi a) e b) della rubrica. Riconosciuta la continuazione ed applicata la diminuente del rito, la pena è stata determinata in quella di anni otto di reclusione.
1.1 La dinamica dei fatti, secondo il GUP, si inserisce in un contesto di animato scontro tra due gruppi di persone (collegati a diversi rapper della zona) aventi il rispettivo ‘riferimento spaziale’ uno in INDIRIZZO (ove si è poi verificato il reato per cui si procede) l’altro in INDIRIZZO della città di Milan /
Quel giorno vi sarebbero stati più scontri fisici tra i due gruppi, con coinvolgimento di NOME COGNOME come ‘appartenente’ al gruppo di Piazza Prealpi, mentre il leader del gruppo di Piazza Monte Falterona viene identificato nel cittadino egiziano NOME COGNOME. Sono proprio le conversazioni intercettate sulla utenza di quest’ultimo a rappresentare la principale fonte di prova degli antecedenti causali del fatto. Nel corso dello scontro fisico avvenuto intorno alle ore 18.00 in Monte Falterona il COGNOME avrebbe avuto la peggio e sarebbe stato disarmato. Da qui la necessità di ‘ristabilire il proprio prestigio criminale violato’, tornando con diver arma sul posto dopo circa due ore ed iniziando subito a sparare verso la persona di NOME. Si sostiene che, a quel punto, il colpo in danno di NOME era in realtà diretto alla persona che era posta vicino a lui, appunto NOME. La direzione dei colpi esplosi dal COGNOME – ad altezza d’uomo – rende in ogni caso sussistente il dolo di omicidio, né può accogliersi la tesi della legittima difesa, essendo il COGNOME tornato sul posto ove era stato, in precedenza, aggredito, allo scopo di vendicarsi.
La Corte di Appello di Milano, con sentenza emessa in data 16 marzo 2023 ha confermato la decisione di primo grado.
2.1 I punti oggetto di discussione in secondo grado sono i seguenti:
preliminarmente la Corte di secondo grado ha respinto una istanza istruttoria, ai sensi dell’art.603 cod.proc.pen., tesa alla acquisizione integrale dei filmati dell
telecamere di sorveglianza ubicate nella INDIRIZZO Falterona. Viene precisato, su tale aspetto, che la superfluità di detta acquisizione è del tutto evidente, in rapporto ai contenuti della decisione di primo grado (in particolare si ribadisce che i frames allegati agli atti riguardano un momento posteriore allo sparo e che le telecamere non hanno inquadrato il luogo dello sparo);
inoltre, ci si sofferma sulla tesi della legittima difesa, già esclusa in primo grad con motivazione ritenuta del tutto congrua, nonché sulla impossibilità di concedere la circostanza attenuante della provocazione.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – COGNOME. Il ricorso è affidato a tre motivi.
3.1 Al primo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento al diniego di rinnovazione dell’istruttoria in secondo grado.
Secondo la difesa fin dall’inizio la polizia giudiziaria avrebbe dovuto riversare in atti i filmati tratti dalle videocamere di sorveglianza e non limitarsi alla acquisizion di alcuni frames . A nulla rileva che detti filmati siano – come ipotizzato dalla Corte di Appello – ancora in possesso della polizia giudiziaria, posto che dovevano essere in atti e a disposizione delle parti. Ciò posto, secondo la difesa vi sono elementi di fatto che portano a ritenere che sia stata oggetto di ripresa anche la fase della esplosione dei colpi, a differenza di quanto sostenuto nella decisione impugnata. Vi sarebbe, dunque, una rilevante incompletezza del quadro istruttorio.
3.2 Al secondo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento al diniego della legittima difesa.
Si afferma in particolare che la prospettazione difensiva (il COGNOME sarebbe giunto disarmato nella piazza, al solo scopo di placare gli animi e sarebbe stato accerchiato da più persone) è stata ritenuta inattendibile sulla base di una attività istruttoria carente. Si evidenzia che i – pur incompleti – ‘frames’ esistenti in at non sono incompatibili con la versione difensiva, come erroneamente affermato in sentenza. Secondo il difensore le immagini illustrano ciò che accade prima dello sparo (le persone circondano la Toyota Yaris allo scopo di aggredire il COGNOME) e non ciò che accade immediatamente dopo. Irragionevoli sarebbero, su questo aspetto, anche le valutazioni dei contributi dichiarativi.
3.3 Al terzo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento al diniego della circostanza attenuante della provocazione.
Secondo la difesa non vi è prova dei pretesi antecedenti causali ed il COGNOME è rimasto vittima di un agguato. La Corte di Appello avrebbe dovuto, dunque, quantomeno riconoscere la circostanza attenuante della provocazione.
4. Il ricorso è infondato, per le ragioni che seguono.
4.1 n primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.
Va ricordato che la definizione in primo grado è avvenuta con rito abbreviato, per volontà dell’imputato.
Da ciò un primo profilo, che riguarda la deduzione di ‘incompletezza’ degli atti per mancata acquisizione dei supporti video che la polizia giudiziaria ha di certo vísionato (estrapolando solo i frammenti ritenuti di interesse) ma non riversato integralmente in atti.
Si tratta di una deduzione, quella della difesa, che obiettivamente contrasta con la scelta di definire il giudizio in primo grado allo stato degli atti, scelta presuppone una adesione alla piattaforma probatoria sino a quel momento acquisita, quantomeno sotto il profilo della idoneità a ricostruire gli accadimenti processuali.
Il secondo profilo riguarda il diniego della sollecitazione istruttoria, oggetto ricorso.
Pacifico è che nel giudizio abbreviato d’appello le parti sono titolari di una mera facoltà di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile da giudice “ex officio” nei limiti della assoluta necessità ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., atteso che in sede di appello non può riconoscersi alle parti la titolarità di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e più ampi risp a quelli che incidono su tale facoltà nel giudizio di primo grado (da ultimo, Sez. H n. 5629 del 30.11.2021, dep.2022, rv 282585).
Operate siffatte premesse, appare del tutto logica e insindacabile la scelta della Corte di Appello di non attivare alcun potere di completamento istruttorio, atteso che la prospettazione difensiva (secondo cui dalle telecamere era visibile anche il luogo dello sparo) risulta non soltanto ‘esplorativa’, ma smentita dalle stesse verifiche operate in sede di indagini preliminari, per come riportate nella decisione di primo grado.
Conviene ricordare, infatti, che proprio alla luce della non esaustività delle immagini ‘provenienti’ dalle telecamere le attività di indagine si sono alimentate
essenzialmente mediante captazioni di conversazioni intercorse nei giorni successivi tra i protagonisti della ‘contesa’ e terze persone. Si tratta di elementi d prova ampiamente citati nella decisione di primo grado, con cui la difesa finisce een omettere il dovuto confronto.
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4.2 Secondo e terzo motivo sono infondati.
4.2.1 Anche in tal caso la difesa muove da una assertiva ‘variazione’ dei fatti compendiati nelle motivazioni delle due decisioni di merito, in modo non consentito.
In particolare, come si è anticipato, la difesa evita di considerare il contenuto dei colloqui captati sulla utenza di NOME, da cui si è dedotta la sequenza di eventi culminata nella esplosione dei colpi da parte del COGNOME.
Ed invero, è proprio dai contenuti delle conversazioni che i giudici del merito hanno tratto elementi per sostenere come l’intera condotta tenuta dal COGNOME sia stata caratterizzata dalla adesione ad una ‘sfida’ (con conflitto caratterizzato da reciproca animosità), con tutto ciò che ne deriva in punto di insussistenza – in fatto prima ancora che in diritto – dei presupposti della legittima difesa sia reale che putativa (posto che la condizione di insicurezza è stata causata dallo stesso soggetto agente).
4.2.2 Né a diverso risultato può pervenirsi sulla base delle osservazioni di fatto contenute nel ricorso, in cui si cerca di affermare che il frame ove si notano più persone intorno alla vettura del COGNOME è antecedente e non successivo (come affermato dal GUP) alla esplosione dei colpi.
Si tratta, infatti, di un punto della decisione che è stato ampiamente esaminato senza vizi logici – nella decisione di primo grado (con argomentazioni richiamate dalla Corte di Appello) e che non è di certo rivalutabile in sede di legittimità, specie ove si prescinda – come si è evidenziato – da una analisi complessiva dei materiali dimostrativi.
Del resto, se vi fosse stata la inquadratura dell’azione di sparo (che secondo i testi avvenne mentre il COGNOME era in movimento dai giardinetti verso il luogo ove rimasta ferma la vettura) non vi era ragione di non riversarla in atti – data la sua obiettiva rilevanza – mentre il luogo in cui si è determinato il ferimento, non distante da quello ove era ferma la Toyota Yaris non coincide, ovviamente, con quello della esplosione del colpo, come sembra sostenere invece il ricorrente.
Sta di fatto che, sul piano logico, la tesi sostenuta nelle decisioni di merito, per cu l’accerchiamento della vettura avvenne dopo che il COGNOME aveva esploso i colpi ed era risalito nell’auto i è asseverata dal fatto che in quel momento la Toyota – senza che alcun soggetto ne sia sceso – si allontanò dalla Piazza.
4.2.3 Dunque risultano del tutto logiche le conclusioni cui si è pervenuti in sentenza t sia in riferimento alla insussistenza della legittima difesa che in rapporto alla circostanza attenuante della provocazione, atteso che in entrambi i casi la difesa, nella sua prospettiva, tende a cancellare del tutto la complessa dinamica dei fatti, gli antecedenti causali emersi dalle conversazioni captate, la animosità mostrata dal COGNOME nel farsi compartecipe degli scontri che hanno preceduto il raid punitivo, durante il quale sono stati esplosi i colpi di arma da fuoco da parte del COGNOME medesimo.
4.3 Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
4.4 Va dichiarata inammissibile la memoria con domanda di liquidazione trasmessa dalla parte civile solo in data 18 gennaio, dunque in violazione di quanto disposto dall’art. 23 comma 8 d.lo. n.137 del 2020 (termine minimo pari a giorni cinque antecedenti l’udienza).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili la richiesta di liquidazione delle spese della parte civile NOME.
Così deciso il 19 gennaio 2024
Il Consigliere estensore