LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Legittima difesa: non c’è se l’aggressore fugge

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo condannato per l’omicidio del padre. La Corte ha escluso la legittima difesa, sottolineando che l’imputato ha inseguito e colpito il padre mentre quest’ultimo stava fuggendo e cercando di chiamare aiuto, trasformando la reazione in un atto di vendetta e non di difesa.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittima Difesa: Non si Applica se l’Aggressore è in Fuga

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2310 del 2024, torna a pronunciarsi sui confini della legittima difesa, un tema tanto delicato quanto fondamentale nel diritto penale. In un tragico caso di parricidio, i giudici hanno confermato la condanna di un figlio per l’omicidio del padre, escludendo l’applicazione della scriminante. La decisione ribadisce un principio cardine: la reazione è giustificata solo di fronte a un pericolo attuale e imminente. Se l’aggressore desiste e si dà alla fuga, inseguirlo e colpirlo si configura non come difesa, ma come una ritorsione punibile.

I Fatti: La Tragica Vicenda Familiare

La vicenda giudiziaria trae origine da un violento alterco tra padre e figlio all’interno dell’abitazione familiare. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, la situazione si è sviluppata in due fasi distinte e cruciali.

1. La prima fase: All’interno delle mura domestiche, il padre aggredisce il figlio, utilizzando un martello. L’aggressione iniziale è quindi opera del genitore.
2. La seconda fase: A seguito della prima colluttazione, il padre, ferito leggermente, si allontana, esce dall’abitazione e attraversa il giardino con l’intento di uscire dal cancello per chiamare le forze dell’ordine. In questo momento, il pericolo per il figlio è cessato. Tuttavia, quest’ultimo, armatosi di un coltello, lo insegue, lo raggiunge fuori dalla proprietà e lo colpisce con oltre quarantacinque coltellate, causandone la morte.

Condannato in primo e in secondo grado alla pena di ventuno anni di reclusione per omicidio aggravato, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa proprio sulla presunta violazione delle norme sulla legittima difesa.

Il Ricorso in Cassazione e le Tesi della Difesa

La difesa dell’imputato ha contestato la decisione dei giudici di merito, sostenendo che l’azione del figlio fosse una reazione giustificata all’aggressione subita. I motivi del ricorso si fondavano principalmente su tre punti:

* Erronea esclusione della legittima difesa (art. 52 c.p.): L’imputato avrebbe agito per difendersi da un pericolo ancora incombente.
* Mancato riconoscimento dell’eccesso colposo (art. 55 c.p.): In subordine, si chiedeva di considerare la reazione come un’azione sproporzionata ma commessa per errore, nell’erronea convinzione di doversi ancora difendere.
* Esclusione della legittima difesa putativa (art. 59 c.p.): Si sosteneva che l’imputato, in uno stato di terrore a seguito dell’aggressione, avesse erroneamente percepito una persistenza del pericolo che in realtà non esisteva più.

L’Analisi della Suprema Corte sulla Legittima Difesa

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni della difesa generiche e volte a rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità. I giudici hanno confermato la valutazione delle corti di merito, evidenziando la netta separazione tra le due fasi dell’evento.

Il punto centrale della decisione è l’assenza del requisito dell’attualità del pericolo. La legittima difesa è ammessa solo quando è necessaria per respingere un’offesa ingiusta in corso. Nel momento in cui il padre si è allontanato, è uscito in giardino e si dirigeva verso il cancello per chiedere aiuto, l’aggressione era terminata. Il figlio non era più in una situazione di pericolo.

L’inseguimento e il successivo accoltellamento non possono quindi essere considerati una reazione difensiva, ma un’azione autonoma, dettata da uno spirito ritorsivo e vendicativo. La condotta del figlio è stata descritta come una “fredda e ritorsiva aggressione”.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha smontato punto per punto le tesi difensive. L’esclusione della legittima difesa è la premessa logica che rende infondate anche le altre richieste. Se non esiste una situazione di base che giustifichi una difesa, non si può parlare né di eccesso colposo (che presuppone l’esistenza di una scriminante i cui limiti vengono superati per errore), né di difesa putativa (che richiede un errore scusabile sulla percezione del pericolo).

Secondo la Corte, l’imputato aveva piena consapevolezza che il pericolo era “sfumato”. Era rimasto solo in casa, armato, mentre il padre, disarmato, stava fuggendo. La scelta di inseguirlo è stata una decisione lucida e non una reazione istintiva a un pericolo imminente. La Corte ha anche ritenuto inammissibile un motivo nuovo, relativo al bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti, in quanto non collegato ai motivi originari e comunque non decisivo, dato che i giudici di merito avevano già escluso la prevalenza delle attenuanti per la gravità del fatto.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma con forza i limiti invalicabili della legittima difesa. La scriminante non può essere invocata per giustificare atti di vendetta o ritorsione posti in essere quando la minaccia è ormai cessata. La proporzionalità tra difesa e offesa e l’attualità del pericolo sono requisiti essenziali e non eludibili. Questo caso dimostra come il decorso di un breve lasso di tempo e il cambiamento della situazione (da aggredito a inseguitore) possano trasformare radicalmente la qualificazione giuridica di un fatto, mutando una potenziale difesa in un’aggressione omicida.

È possibile invocare la legittima difesa se si reagisce dopo che l’aggressore si è allontanato e sta fuggendo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la legittima difesa non è applicabile in questo caso. La difesa presuppone un pericolo “attuale”. Se l’aggressore sta fuggendo e il pericolo è cessato, una reazione successiva non è più una difesa, ma un’aggressione autonoma o una vendetta.

Cosa significa che il ricorso è “inammissibile”?
Significa che la Corte di Cassazione non ha esaminato nel merito le argomentazioni della difesa, ritenendole non idonee a essere discusse in quella sede. Nel caso specifico, il ricorso è stato giudicato generico e volto a ridiscutere la ricostruzione dei fatti già accertata dai giudici di primo e secondo grado, cosa che non è permessa nel giudizio di legittimità.

Perché la Corte ha escluso anche l’eccesso colposo e la difesa putativa?
La Corte ha escluso queste due ipotesi perché sono logicamente subordinate all’esistenza di una situazione, almeno percepita, di legittima difesa. Dato che l’imputato ha agito quando ogni pericolo era palesemente cessato, perché il padre era in fuga, non esistevano i presupposti base né per una difesa legittima, né per un eccesso colposo nei suoi limiti, né per un errore sulla sua esistenza (difesa putativa).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati