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Legittima difesa: esclusa in caso di spedizione punitiva

La Corte di Cassazione conferma la condanna per tentato omicidio a carico di due individui, rigettando la loro tesi sulla legittima difesa. La sentenza stabilisce un principio cardine: chi organizza una ‘spedizione punitiva’ per vendetta non può invocare la scriminante della legittima difesa, poiché l’azione è mossa da un intento aggressivo e non difensivo. La Corte ha ritenuto irrilevanti le piccole contraddizioni nelle testimonianze delle vittime di fronte a un quadro probatorio solido che dimostrava la natura preordinata dell’aggressione.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittima Difesa: Non si Applica in Caso di Spedizione Punitiva

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36596/2025, ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: non può invocare la legittima difesa chi agisce con l’intento di realizzare una spedizione punitiva. Questa pronuncia offre un’analisi chiara dei confini di applicazione della scriminante, distinguendo nettamente tra una reazione difensiva e un’azione vendicativa preordinata.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un violento episodio avvenuto in un’abitazione privata. Due individui, spinti da un desiderio di vendetta per percosse subite il giorno precedente da uno di loro, si introducevano nell’appartamento dove si trovavano le persone ritenute responsabili. Armati di mazze di legno, aggredivano brutalmente le vittime, colpendole ripetutamente alla testa e al torace, per poi darsi alla fuga all’arrivo delle forze dell’ordine, allertate dalle urla.

Nei gradi di merito, i due aggressori venivano condannati per duplice tentato omicidio in concorso e porto di strumenti atti a offendere. La loro principale linea difensiva si fondava sul riconoscimento della legittima difesa, sostenendo di essere stati attirati in un agguato e di aver reagito a un’aggressione subita per primi.

Il Percorso Giudiziario e il Rifiuto della Tesi Difensiva

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno rigettato la versione degli imputati, qualificando l’accaduto come una vera e propria “spedizione punitiva”. La ricostruzione dei giudici di merito si è basata su diversi elementi:

* La credibilità delle persone offese: Nonostante alcune lievi discrasie nelle loro dichiarazioni (ritenute marginali e giustificabili dallo stato di shock), il nucleo del racconto è stato giudicato coerente e attendibile.
* Le prove materiali: Il ritrovamento di un mattarello sporco di sangue nei pressi dell’abitazione di uno degli imputati e le tracce ematiche sul veicolo usato per la fuga hanno corroborato la versione delle vittime.
* L’assenza di lesioni sugli imputati: La totale mancanza di segni di percosse sugli aggressori ha reso inverosimile la tesi di una reazione a un’aggressione subita.

Di conseguenza, i giudici hanno concluso che l’azione era stata pianificata con un chiaro intento vendicativo, escludendo così i presupposti della legittima difesa.

L’Analisi della Corte: Perché la Spedizione Punitiva Esclude la Legittima Difesa

La Corte di Cassazione, nel confermare la decisione d’appello, ha cristallizzato il principio giuridico al cuore della vicenda. La scriminante della legittima difesa richiede la necessità di difendersi da un’offesa ingiusta e attuale. Chi, invece, si organizza per “farsi giustizia da sé”, agendo per vendetta, non sta reagendo a un pericolo imminente, ma sta creando egli stesso una situazione di violenza.

Il comportamento degli imputati, che si sono recati armati presso il luogo dove si trovavano le vittime per regolare i conti, dimostra un animus pugnandi (intento di combattere) e non un animus defendendi (intento di difendersi). In questi casi, la giurisprudenza è costante nell’affermare che colui che ha innescato o accettato una sfida, o che ha attuato una spedizione punitiva, non può beneficiare della scriminante, neanche nella sua forma putativa (ovvero, l’erronea convinzione di agire per difendersi).

La Differenziazione delle Posizioni tra i Concorrenti

Un altro punto interessante affrontato dalla Corte riguarda la diversa valutazione delle posizioni dei due imputati. Mentre a uno, più giovane e incensurato, sono state concesse le attenuanti generiche, all’altro, con precedenti penali e considerato l’istigatore, sono state negate. La Cassazione ha confermato la correttezza di questa scelta, sottolineando che la responsabilità penale è personale. Il giudice ha il dovere di valutare il contributo di ciascun concorrente, la sua personalità e la sua capacità a delinquere, differenziando il trattamento sanzionatorio di conseguenza.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda sul principio consolidato secondo cui la legittima difesa è incompatibile con le azioni premeditate a scopo di vendetta. La ratio decidendi risiede nella natura stessa della scriminante, che presuppone una reazione necessaria e proporzionata a un pericolo non volontariamente causato. L’organizzazione di una spedizione punitiva, al contrario, costituisce un’aggressione volontaria e pianificata. La Corte ha inoltre specificato che la valutazione della credibilità dei testimoni e la ricostruzione dei fatti sono compiti del giudice di merito, e il suo giudizio, se logicamente motivato come in questo caso, non è sindacabile in sede di legittimità. Infine, è stato ribadito che la personalizzazione della pena impone al giudice di differenziare il trattamento sanzionatorio tra i correi in base al loro diverso ruolo e alla loro personalità.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza che il ricorso alla violenza per vendetta privata non trova alcuna giustificazione nell’ordinamento giuridico. La legittima difesa è uno strumento di autotutela eccezionale, concesso al cittadino per proteggersi da un’aggressione imminente e ingiusta, non un’autorizzazione a “farsi giustizia da sé”. Questa pronuncia serve da monito: chi sceglie la via della vendetta non solo commette un reato, ma si preclude la possibilità di invocare qualsiasi causa di giustificazione, andando incontro a conseguenze penali severe e giustamente personalizzate in base al proprio ruolo e alla propria storia criminale.

Quando è esclusa la legittima difesa?
Secondo la sentenza, la legittima difesa è esclusa quando la persona ha agito non per difendersi, ma per attuare una spedizione punitiva o per vendetta. Chi innesca volontariamente una situazione di violenza o accetta una sfida non può invocare questa scriminante, perché manca il presupposto dell’aggressione ingiusta e attuale subita.

Le contraddizioni nelle testimonianze delle vittime le rendono automaticamente inattendibili?
No. La Corte ha chiarito che lievi discrasie o imprecisioni su dettagli marginali, specialmente in persone che hanno subito un forte trauma, non compromettono l’attendibilità complessiva del loro racconto, se il nucleo della narrazione è coerente, logico e supportato da altre prove.

Due persone che commettono lo stesso reato possono ricevere pene diverse?
Sì. La responsabilità penale è personale. Il giudice deve adeguare la pena alla gravità del fatto e alla personalità di ciascun imputato. Pertanto, è corretto differenziare la sanzione in base a elementi come i precedenti penali, il ruolo svolto nell’azione (es. istigatore o semplice partecipe) e la condotta successiva al reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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