Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7852 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 7852  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI ROMA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a APRILIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ALBANO LAZIALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/12/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di VELLETRI in difesa della parte civile COGNOME NOME che conclude riportandosi ai motivi di ricorso, deposita conclusioni e nota spese.
Sono presenti l’avvocato COGNOME NOME e l’avvocato COGNOME NOME del foro di Roma in difesa di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, che concludono chiedendo in via principale l’inammissibilità, o in subordine, il rigetto dei ricorsi della parte civile e del PG.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15 dicembre 2022, la Corte di appello di Roma, in riforma di quella pronunciata a seguito di giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri il 30 maggio 2022, ha assolto NOME COGNOME dal delitto ascrittogli perché il fatto non costituisce reato.
1.1. Il procedimento ha ad oggetto il delitto di tentato omicidio aggravato, per essere stato commesso ai danni della propria ascendente, contestato all’imputato perché, nel pomeriggio del 13 novembre 2021, a bordo di un’autovettura, ha investito la nonna NOME causandole lesioni personali consistite in «trauma cranico connmotivo, frattura epifisi prossimale dell’onero sinistro, frattura sacrale 53».
Il giudice di primo grado ha ricostruito il fatto valorizzando le sommarie informazioni raccolte dai militari nel corso delle audizioni delle persone presenti al momento del fatto, nonché la documentazione medica e le dichiarazioni del sanitario che ha prestato soccorso alla persona offesa.
In particolare, ha ritenuto provata la gravità delle lesioni e la causazione delle stesse per effetto della condotta volontaria dell’imputato che ha colpito la nonna con l’automobile a bordo della quale si era messo alla guida e nel contesto, comunque, di una vicenda familiare animata e caratterizzata da violenze e minacce reciproche.
Ha giudicato particolarmente attendibili le dichiarazioni della COGNOME e quelle del compagno NOME COGNOME, oltre a quelle di NOME COGNOME, madre di NOME COGNOME e figlia della persona offesa, giudicando, per contro inattendibili quelle dell’imputato / il quale aveva affermato che la sera del fatto lo zio, NOME COGNOME, aveva esploso alcuni colpi di pistola in strada nel corso di una lite familiare, puntando l’arma verso il padre dello stesso imputato, NOME COGNOME.
1.2. La Corte di appello di Roma è pervenuta a conclusioni opposte a quelle del primo giudice, affermando che, proprio in forza di quanto riferito da tutti soggetti coinvolti nella vicenda, doveva ritenersi sussistente la causa di giustificazione della legittima difesa, avendo COGNOME agito al fine di salvare stesso ed il proprio genitore, aggrediti dallo zio, NOME COGNOME, con un’arma da fuoco con la quale erano stati esplosi dei colpi.
La Corte romana ha ritenuto, inoltre, parziali le dichiarazioni rese dalla persona offesa e dal marito, NOME COGNOME: la COGNOME aveva omesso ogni riferimento ai danneggiamenti arrecati all’autovettura della figlia, NOME, nonché ai diverbi avuti, quello stesso giorno, con gli altri familiari.
NOME COGNOME aveva fornito versioni discordanti circa il luogo in cui si trovava al momento del fatto, sostenendo, inoltre, che l’autovettura viaggiava a velocità elevata.
I giudici del gravame hanno, quindi, affermato l’inidoneità delle dichiarazioni di NOME COGNOME a supportare una credibile ricostruzione del fatto.
Sulla velocità a cui viaggiava il veicolo, le dichiarazioni di NOMENOME NOMENOME NOME state ritenute smentite dalla consulenza tecnica, all’esito della quale è stato accertato che la velocità era di 15 km/h.
La Corte di appello ha osservato, inoltre, che il fatto de quo è avvenuto in un contesto familiare caratterizzato da ricorrenti e violente discussioni.
COGNOME, pertanto, manifestandosi una situazione di pericolo concreto ed attuale, ha posto in essere la condotta per difendere sé stesso e il padre, interrompendo l’azione violenta dello zio, il quale aveva esploso colpi di arma da fuoco.
Ritenuta la sussistenza della scriminante della legittima difesa, la Corte di appello ha richiamato, altresì, l’ipotesi dell’aberratio ictus: l’imputato, il quale aveva agito per difendersi da NOME COGNOME, nonostante l’azione posta in essere sia ricaduta su un soggetto terzo, NOME COGNOME, ne risponde come se l’avesse commessa in danno della persona inizialmente designata.
L’imputato, scrinninato dalla legittima difesa nei confronti di NOME COGNOME, è stato ritenuto tale anche nei confronti di NOME COGNOME.
La Corte di appello ha, pertanto, assolto NOME COGNOME dal reato a lui ascritto perché il fatto non costituisce reato.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma articolando due motivi.
2.1. Con il primo ha eccepito la contraddittorietà della motivazione in ordine alla valutazione delle prove dichiarative.
Ha evidenziato come le argomentazioni sottese alla decisione della Corte di appello appaiano contraddittorie, in quanto smentite dalle fonti di prova: i giudici di merito hanno ritenuto la scriminante della legittima difesa sostenendo che l’azione posta in essere dall’imputato sia stata consequenziale all’esplosione di alcuni colpi di arma da fuoco da parte di NOME COGNOME.
Tali conclusioni, tuttavia, non trovano conferma in nessuna delle dichiarazioni rese da tutte le persone coinvolte nella vicenda.
La persona offesa ed il marito, NOME, hanno ricostruito la vicenda in termini incompatibili con quelli valorizzati dalla Corte di appello di Roma.
Anche dalle dichiarazioni della madre dell’imputato, NOME COGNOME, e del
padre, NOME COGNOME, non risulta emergere alcuna conferma di quanto dichiarato da NOME COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo ha eccepito l’erronea applicazione dell’art. 52 cod. pen., sostenendo che i presupposti applicativi della scriminante della legittima difesa non siano stati correttamente interpretati dalla Corte di appello di Roma.
Le reciproche aggressioni all’interno del nucleo familiare appaiono incompatibili con la legittima difesa, non potendosi sostenere, con certezza, che l’imputato abbia agito al solo scopo di difendere sé stesso ed il padre e non, invece, animato dall’intento di prendere parte attiva nelle colluttazioni, per motivi di risentimento e di ritorsione che non possono coesistere con la legittima difesa.
I giudici di appello hanno, inoltre, valorizzato le conclusioni del consulente tecnico della difesa, il quale ha affermato che la velocità accertata “non avrebbe potuto provocare lesioni gravi e tantomeno mortali ai pedoni”.
Tale affermazione risulta, tuttavia, incompatibile con le risultanze processuali, avendo la COGNOME riportato lesioni giudicate guaribili in quaranta giorni ed essendosi reso necessario l’intervento dell’eliambulanza, al fine di evitare conseguenze peggiori.
La motivazione apparirebbe, pertanto, illogica nella parte in cui ritiene che la velocità accertata fosse inidonea a provocare lesioni gravi o mortali; ancor più illogica appare la sentenza nella parte in cui fa coesistere una velocità così ridotta con la perdita di controllo del mezzo.
L’entità delle lesioni cagionate e l’uso di un autoveicolo, diretto contro una persona che si trovava ferma in piedi dimostrerebbero, invece, la netta sproporzione della presunta reazione rispetto all’aggressione.
Ha proposto ricorso per cassazione anche la parte civile, NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando tre motivi.
3.1. Con il primo ha eccepito la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ed erronea applicazione dell’art. 52 cod. pen.
Non sarebbero state accertate l’attualità del pericolo e la proporzionalità della reazione, imprescindibili requisiti della legittima difesa.
In particolare, la Corte di appello sarebbe incorsa in un travisamento della prova in relazione alle dichiarazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME circa il momento e il luogo in cui erano stati esplosi colpi di arma da fuoco da NOME COGNOME.
Entrambi hanno riferito che i colpi sarebbero stati esplosi la notte
precedente e il solo NOME COGNOME ha fatto riferimento, sia pure confusamente, a un colpo esploso verso le 12:00 circa, ossia un’ora e mezza/due ore prima dei fatti, e comunque dalla terrazza di casa sua e non nel piazzale.
Al momento dei fatti, pertanto, l’arma da fuoco era stata utilizzata da NOME COGNOME solo come corpo contundente (per come confermato dallo stesso imputato), non integrandosi, pertanto, quel pericolo imminente e non altrimenti evitabile previsto dall’art. 52 cod. pen., mancando il requisito della “attualità”.
Difetterebbe anche il requisito della proporzionalità della reazione.
Le conclusioni del consulente tecnico, valorizzate dalla Corte di appello, circa la non idoneità della velocità a cui viaggiava l’autovettura di NOME COGNOME provocare lesioni gravi e tantonneno mortali, secondo la ricorrente, sarebbero smentite dalle risultanze processuali, avendo la COGNOME riportato lesioni con prognosi di quaranta giorni ed essendosi reso necessario l’intervento dell’eliambulanza, data la loro gravità.
L’entità delle lesioni e l’uso improprio di un autoveicolo contro una persona che si trovava in piedi, contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di appello, sarebbero elementi indicativi dell’animus necandi.
3.2. Con il secondo motivo ha eccepito la violazione o l’erronea applicazione dell’art. 82 cod. pen. in relazione all’art. 52 cod. pen.
Contrariamente a quanto sostenuto in un risalente arresto della giurisprudenza di legittimità richiamato dalla Corte di appello, le lesioni subite dalla persona offesa andrebbero valutate in via autonoma, non potendosi ricondurre il fatto complessivo a un’ipotesi di reato autonomo unitario, come tale scriminato.
La ricorrente ha, altresì, affermato l’inapplicabilità dell’art. 82, comma secondo, cod. pen. in quanto ad essere colpito non era stato il soggetto verso il quale l’offesa era diretta, ma un altro rispetto al quale, eventualmente, avrebbe dovuto essere verificata la configurabilità di una responsabilità a titolo di colpa.
3.3. Con il terzo motivo ha dedotto, in via subordinata, l’omessa motivazione, la violazione o l’erronea applicazione dell’art. 55 cod. pen., in relazione all’ipotesi, non valutata, dell’eccesso colposo.
L’utilizzo improprio dell’autoveicolo per arrestare l’aggressione di NOME COGNOME e le conseguenze provocate alla ricorrente deporrebbero per la configurabilità di un eccesso colposo ai sensi dell’art. 55 cod. pen., non essendo quest’ultima l’obiettivo di NOME COGNOME.
Il difensore dell’imputato ha chiesto procedersi a discussione orale.
Nell’interesse di COGNOME e da parte del Procuratore generale sono state depositate memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
2. È costante, riguardo ai limiti del sindacato di legittimità di questa Corte, l’insegnamento, ribadito anche di recente, per cui, «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valen probatoria del singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965).
Va inoltre ricordato quanto affermato da Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601, con la quale è stato enunciato il principio per cui, «in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degl elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito».
Quanto ai vizi della motivazione, deve ribadirsi, che «ricorre il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse, nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono, e, invece, di motivazione contraddittoria quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice – conducenti ad esiti diversi – siano state poste a base del suo convincimento» (Sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105).
Tenuto conto di tali parametri valutativi, i ricorsi presentati dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma e della parte civile sono articolati in termini non consentiti.
2.1. La Corte distrettuale è pervenuta alla conclusione per la quale ricorre la causa di giustificazione della legittima difesa, operando, in sostanza una valutazione di maggiore attendibilità della descrizione dei fatti resa dall’imputato, rispetto a quella proveniente dalla nonna NOME COGNOME e dal compagno della stessa, NOME COGNOME.
Il contrario giudizio formulato dal giudice di primo grado è stato motivatamente disatteso alla luce delle contraddizioni emerse nelle dichiarazioni rese da costoro e della parzialità delle circostanze da essi riferite.
Oltre a quanto segnalato in narrativa, va messo in evidenza come i giudici di appello abbiano sottolineato la contraddizione tra quanto sostenuto da NOME COGNOME, circa la velocità dell’automobile alla guida della quale si era posto l’imputato, e il dato valutativo tecnico costituito dalle risultanze della consulenza tecnica dalla quale è emerso che la velocità del veicolo era di 15 kmh.
Nella sentenza oggetto di impugnazione è stata, inoltre, valorizzata l’ulteriore circostanza dell’avvenuta esplosione dei colpi di pistola da parte di NOME COGNOME (d’altra parte, proprio l’esplosione dei colpi è stata la ragione che ha determinato, in prima battuta, l’intervento dei Carabinieri, pag. 4 della sentenza) per come confermato anche dal rinvenimento di un bossolo in una delle macchine appartenenti ai soggetti che hanno preso parte alla lite.
Tale circostanza è stata ritenuta del tutto compatibile con quanto dichiarato dall’imputato che ha descritto la propria azione come funzionale ad interrompere la condotta violenta di NOME COGNOME nei confronti del proprio genitore, NOME COGNOME, colpito anche con il calcio della pistola.
Solo per la concitazione del momento, l’agitazione e la confusione creatasi a seguito della lite familiare, l’imputato ha colpito la nonna anziché lo zio NOME COGNOME.
A fronte di tale ricostruzione, il ricorso del Procuratore generale sollecita una nuova valutazione del materiale istruttorio con particolare riferimento (primo motivo) alle dichiarazioni della madre dell’imputato, NOME COGNOME, che non avrebbe fatto riferimento ad alcuna ipotesi di aberratio ictus e ad alcuna forma di legittima difesa nella condotta dell’imputato.
Si tratta di profilo che non determina alcuna contraddittorietà della motivazione poiché le dichiarazioni della teste sono state prese in considerazione dalla Corte di appello (se ne fa espressa menzione a pag. 7 della sentenza) e non sono state ritenute, con argomentazione priva di vizi manifesti, tali da mettere in crisi la ricostruzione adottata, non risultando alcun profilo di contraddittorietà con quanto dichiarato da NOME COGNOME.
E’ manifestamente infondato anche il secondo motivo basato sulla
configurabilità delle reciproche aggressioni e, quindi, della non configurabilità della scriminante nel caso di più persone animate dall’intento di offendersi reciprocamente.
Sebbene, in linea di principio, l’osservazione sia corretta, tenuto conto che non è possibile ipotizzare la causa di giustificazione nel caso in cui vi siano più persone animate dall’intento reciproco di offendersi che accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si pongono (in tal senso, sostanzialmente, fra le molte, Sez. 5, n. 15090 del 29/11/2019, dep. 2020, Titone, Rv. 279085), non emerge da alcun elemento concreto presente nelle sentenze di merito (né, in senso contrario, è stato eccepito alcunché dal ricorrente) che l’imputato abbia avuto una parte attiva nella contesa che ha immediatamente preceduto il suo intervento difensivo.
Ciò esclude che nei suoi confronti possa ipotizzarsi l’«intento reciproco di offendersi» che giustifica l’esclusione della causa di giustificazione.
Peraltro, l’esclusione della configurabilità della legittima difesa nel caso di offese reciproche non è assoluta, in quanto occorre anche considerare il condivisibile principio in base al quale «nel caso di aggressioni reciproche, può essere riconosciuta ad uno dei contendenti l’esimente della legittima difesa quando, sussistendo gli altri presupposti di legge, questi abbia reagito ad un’azione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia ad un’offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta» (Sez. 5, n. 36143 del 11/04/2019, Lepre, Rv. 277030 ed altre conformi precedenti).
Identico giudizio deve essere formulato con riguardo al ricorso proposto dalla parte civile.
4.1. Il primo motivo si basa su circostanze fattuali oggetto di valutazione di merito compiutamente effettuate dalla Corte di appello.
Con riferimento al momento in cui sono stati esplosi i colpi di pistola da parte di NOME COGNOME, la sentenza ha evidenziato (oltre a quanto già segnalato circa le ragioni che avevano determinato l’intervento dei Carabinieri, ossia proprio l’esplosione dei colpi di arma da fuoco) che lo stesso COGNOME ha ammesso di avere sparato, per come confermato anche da NOME COGNOME (pag. 6 della sentenza) e dallo stesso imputato.
Il dato di partenza della ricostruzione alternativa operata nel ricorso della parte privata (mancata esplosione dei colpi di arma da fuoco da parte dello zio dell’imputato) è smentito alla radice dal compendio istruttorio oggetto di valutazione di merito da parte della Corte di appello rispetto alla quale si sollecita una rinnovata valutazione.
Non diversamente deve concludersi con riferimento alla mancanza del requisito della proporzionalità, tenuto conto dell’accertamento tecnico condotto sulla velocità del veicolo e delle ragioni di puro merito (agitazione personale e concitazione dei momenti) che hanno indotto i giudici dei precedenti gradi a ricostruire l’intero fatto in termini di aberratío ictus.
4.2. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato in quanto non vi sono ragioni per negare la configurabilità della legittima difesa nel caso in cui ad essere destinatario della condotta dell’agente sia un soggetto diverso da quello che ha determinato la situazione di pericolo.
La difesa di cui all’art. 52 cod. pen., NOME, deve essere rapportata all”offesa ingiusta”, ossia alla condizione di pericolo e non può essere esclusa solo perché la reazione ha attinto un soggetto diverso da colui che ha determinato la situazione di pericolo.
Correttamente, quindi, la Corte di appello ha ritenuto che, nel caso di offesa a persona diversa da quella alla quale la stessa era diretta, sussistendo i presupposti per la configurabilità della difesa legittima, non vi sono ragioni per escluderla, non ricorrendo alcuna relazione di incompatibilità tra l’art. 52 cod. pen. e la condizione oggettiva definita dall’art. 82 cod. pen.
Nell’affermazione di diritto posta a fondamento della ratio decidendi della Corte di appello non è dato ravvisare, pertanto, alcun vizio nell’applicazione della legge penale.
4.3. Il terzo motivo di ricorso, partendo da un assunto fattuale errato (come segnalato con riferimento al primo motivo di ricorso), è parimenti inammissibile.
Il profilo di colpa sarebbe ravvisabile, secondo il ricorrente, in ragione del fatto che l’arma era stata utilizzata solo come corpo contundente e ciò risulta contrario alla ricostruzione in fatto insindacabilmente operata dai giudici di merito.
L’esame del motivo dovrebbe, quindi, presupporre la rivalutazione degli elementi fattuali posti a fondamento della decisione e tale operazione non è consentita in questa sede di legittimità.
6. Sulla base delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere, 0, pertanto, dichiarati inammissibili.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna della parte privata ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» al versamento della somma, equitativamente fissata in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna la parte civile ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 16/11/2023
Il Consigliere e ensore
Il Presidente