Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4894 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4894 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME natct il 19/12/1982
avverso la sentenza del 31/05/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta’dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 31 maggio 2024 con cui la Corte di appello di Firenze, confermando la sentenza di primo grado, l’ha condannata alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 18.000 di multa per il reato di cui all’art. 22, commi 12 e 12-bis, d.lgs. n. 286/1998 accertato il 04/08/2020, per avere impiegato nella sua azienda quattro lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno;
rilevato che la ricorrente deduce il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, per contraddittorietà e manifesta illogicità, quanto alla prova della sussistenza del reato, non avendo la Corte di appello preso in esame la plausibile tesi alternativa di una presenza solo occasionale dei quattro stranieri, che potevano essere intenti a prestare solo un aiuto estemporaneo, magari a titolo di amicizia, mancando la prova di un vincolo di subordinazione, o addirittura essere presenti solo per una propria esigenza, quale lo stirare capi personali; rilevato che il ricorrente deduce altresì la carenza della motivazione per l’omessa concessione delle attenuanti generiche, per non avere l’ordinanza tenuto conto degli elementi valorizzabili positivamente indicati nell’atto di appello;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile, quanto ai motivi di merito, perché ripete i motivi di appello senza confrontarsi con la sentenza impugnata che, riportandosi alla sentenza di primo grado in quanto strutturata nella forma della4,,t s “doppia conforme”, ha esaminato detti motivi e li ha ritenuti infondati, con motivazione sufficiente e non manifestamente illogica, legittimamente valorizzando gli elementi probatori che sostengono l’accusa e valutandoli sufficienti per la condanna, avendo gli operatori di polizia sorpreso i quattro stranieri intenti a svolgere esattamente la medesima attività dei quattro lavoratori regolarmente assunti, anch’essi presenti, ognuno addetto ad una propria e autonoma postazione di lavoro, essendo evidentemente irrilevante il mancato rinvenimento di contratti di lavoro o di elementi da cui dedurre l’instaurazione di un rapporto lavorativo regolare, stante la illiceità della loro assunzione;
ritenuto il ricorso inammissibile anche nella parte in cui lamenta l’omessa valutazione della tesi alternativa suggerita dalla difesa, dal momento che tale tesi è stata esaminata e valutata non plausibile, con motivazione sufficiente anche se sintetica, stante anche la totale assenza di riscontri, che sarebbero
potuti provenire dagli stessi stranieri clandestini sorpresi al lavoro ovvero dall’imputata presente, e rendendo una motivazione conforme ai principi giurisprudenziali, secondo cui «In tema di prova, il dubbio idoneo ad introdurre una ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti è soltanto quello “ragionevole”, ovvero quello che trova conforto nella logica, sicché, in caso di prospettazioni alternative, occorre comunque individuare gli elementi di conferma dell’ipotesi ricostruttiva accolta, non potendo il dubbio fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile» (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, Rv. 281647);
ritenuto il ricorso manifestamente infondato quanto al secondo motivo, dal momento che il diniego delle attenuanti generiche è stato ampiamente motivato con riferimento all’elevato numero di clandestini impiegati, pari a quello dei lavoratori assunti regolarmente e quindi costituente metà della forza-lavoro utilizzata, e all’assenza di elementi valutabili positivamente, tali non essendo la mera incensuratezza o la lontananza nel tempo del fatto contestato;
ritenuto, conclusivamente, che non sussista alcuno dei vizi motivazionali dedotti dal ricorrente, e che l’impugnazione sia manifestamente infondata;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente