Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23812 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23812 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: FILOCAMO COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 01/01/1990
avverso la sentenza del 29/05/2024 della CORTE APPELLO di TRENTO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza sopra indicata, la Corte d’appello di Trento condannava NOME COGNOME, confermando la sentenza del Tribunale della medesima città, alla pena di mesi nove di reclusione ed euro 5.000 di multa per il delitto di cui all’art. 22, comma 12, d.lgs. 25 luglio 1998, perché, quale amministratore unico e legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE aveva occupato alle proprie dipendenze il lavoratore extracomunitario kosovaro NOME COGNOME priv di permesso di soggiorno, impiegandolo illegalmente presso il cantiere sito in Pinzolo, frazio di Madonna di Campiglio.
NOME COGNOME ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo, avverso tal provvedimento affidandosi a tre motivi.
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la mancata assunzione di una prova decisiva con riferimento alle omesse testimonianze di NOME COGNOME e NOME COGNOME. In particolare, il NOME si sarebbe presentato al lavoro al posto del cugino NOME COGNOME senza che fosse stato previament avvisato il datore di lavoro condannato per aver impiegato il COGNOME del quale non era conoscenza, ignorando anche la sua posizione di “irregolare” sul territorio dello Stato. Il Be sarebbe stato indicato nella lista testi del pubblico ministero il quale avrebbe rinunciato al escussione dopo aver rilevato che egli non si era presentato, al pari di NOME COGNOME in udi nonostante la regolare convocazione quale testimone. Si assume che la testimonianza sarebbe stata sollecitata anche ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., eventualmente disponendo l’accompagnamento coatto, senza che il Tribunale abbia ritenuto di aderire a tali richieste.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione di legge e la contraddittor della motivazione nella valutazione delle testimonianze rese durante il processo da NOME COGNOME (caposquadra che avrebbe portato il COGNOME in cantiere senza accorgersi che era stato inviat quale sostituto del cugino COGNOME), anche in relazione al fatto che egli avrebbe avvisato l’impu solo dopo che era intervenuto il controllo da parte degli ispettori del lavoro.
Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione di legge in relazione al man riconoscimento delle attenuanti generiche in favore dell’imputato, soggetto formalmente incensurato che si è dimostrato pienamente collaborativo sottoponendosi all’esame.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo un dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, quindi, meritevole di una dichiarazio d’inammissibilità.
2. In relazione al primo motivo, come evidenziato dal Procuratore generale, si tratta una “doppia conforme”, quindi è applicabile il principio affermato da Sez. 5, n. 48050 02/07/2019, Rv. 277758, secondo cui “in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio d travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti d processo specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore acce sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limi “devolutum” in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel me del risultato probatorio”.
Deve essere, peraltro, evidenziato che entrambe le sentenze di merito hanno ritenuto non credibili le dichiarazioni del capo squadra NOME COGNOME perché ritenute contraddit inattendibili e, in ultima analisi, false con trasmissione degli atti alla Procura della Rep per procedere ai sensi dell’art. 372 cod. pen. ovvero per concorso nel delitto contestato, e c dalla lettura dell’esame reso da NOME COGNOME emerge che l’imputato ha riconosciuto di essere stato avvisato telefonicamente dallo stesso NOME COGNOME che, essendo impossibilitato a recarsi lavoro, aveva mandato al posto suo il cugino NOME COGNOME. Su tale punto, infine, va ribadit principio affermato secondo cui “la mancata assunzione di una prova decisiva, quale motivo d’impugnazione ex art. 606, comma 1, lett. d) cod. proc. pen., può essere dedotta solo i relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione ai sensi dell’art. 495, comm cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente articolato nel caso in cui il me di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avva poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’art. 507 cod. proc. pen. e da que stato ritenuto non necessario ai fini della decisione” (Sez. 2, n. 884 del 22/11/2023, dep. 2 Rv. 285722).
In relazione al secondo motivo, esso si presenta affetto da evidente genericità ovver non si confronta affatto con le motivazioni della sentenza le quali riportano le dichiarazioni ispettore del lavoro che nulla dice rispetto al momento in cui l’imputato-datore di lavoro avr saputo della sostituzione dell’operaio. Tale motivo, inoltre, non considera affatto la valuta della testimonianza del capo squadra NOME COGNOME esplicitamente valutata in sentenza com contraddittoria, inattendibile e, in ultima analisi, falsa, addirittura con trasmissione degli Procura della Repubblica per procedere ai sensi dell’art. 372 cod. pen. ovvero per concorso ne delitto contestato all’imputato.
In relazione al terzo motivo, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esp un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché s contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’a cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 4 del 13/04/2017, Rv. 271269). In particolare, nel motivare il diniego della concessione de attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli eleme
favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli facc riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o
superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899). Va, inoltre, ribadito che rientra nell’onere dell’imputato individuare in modo specifico elementi positivi che il giudice
possa vagliare ai fini della concessione delle stesse (Sez. 2, n. 9299 del 07/11/2018, Rv. 275640)
ciò, peraltro, non è avvenuto, neppure in questa sede di legittimità, essendosi limitato ad invocare, quale motivo dirimente, l’incensuratezza – insufficiente, quale dato normativo espresso
– e la collaborazione resa con il suo esame. La Corte di appello ha considerato tale collaborazione per ritenere integrato l’elemento soggettivo del reato considerandola sostanzialmente al pari di
una confessione (priva peraltro di alcuna presa di consapevolezza del disvalore della condotta)
e , in sede di commisurazione della pena ai sensi dell’art. 133 cod. pen., ha fatto riferimento – ritenendo tali argomenti prevalenti – alla gravità del fatto e alla negativa personalità del
ricorrente desunta dai precedenti (di cui uno specifico per violazione delle norme in tema di tutela del lavoro, come richiamata in primo grado), senza che il ricorso abbia allegato, anche in
questo caso, alcunché di concreto per contrastare tali ragioni. Allo stesso modo, la richiesta di riduzione della pena si fonda esclusivamente su una generica difficoltà dell’imprenditore imputato
di rispettare le norme, il che, con tutta evidenza, appare anche esso un argomento del tutto insufficiente a contrastare le ragioni della decisione qui impugnata.
Per le considerazioni appena espresse, il ricorso risulta essere manifestamente infondato per cui va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 7 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Prksidente