Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47268 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47268 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposta da:
COGNOME NOME nato a Palermo il 30/12/1969;
avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza di Palermo del 12/08/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha chiesto qualificarsi il ricorso come reclamo con invio degli atti al Tribunale di sorveglianza di Palermo.
(
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe il magistrato di sorveglianza di Palermo ha respinto la richiesta, avanzata nell’interesse di NOME COGNOME diretta ad ottenere l’autorizzazione a svolgere attività lavorativa nel corso della misura alternativa della detenzione domiciliare, disposta nei suoi confronti a seguito della revoca dell’affidamento in prova al quale egli era stato precedentemente ammesso.
In particolare, il magistrato di sorveglianza ha respinto la richiesta in oggetto ritenendo l’istante socialmente pericoloso in considerazione dell’avvenuta revoca dell’affidamento in prova con efficacia ex tunc.
Avverso tale provvedimento NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insisten per l’annullamento del provvedimento impugnato.
Egli lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 546 del codice di rito, 35 e 111 Cost. ed il relativo vizio d motivazione. Al riguardo osserva che il magistrato di sorveglianza ha respinto la richiesta di cui sopra con una motivazione del tutto apparente avendo fatto unicamente riferimento al procedimento penale (per un reato da lui commesso il 2 aprile 2024) sulla base del quale gli era stato revocato l’affidamento in prova, senza tenere conto del fatto che per tale procedimento la misura cautelare degli arresti domiciliari è stata sostituita con quella dell’obbligo di dimora in Palermo, con provvedimento del 2 agosto 2024 emesso dal giudice procedente.
Inoltre, il ricorrente evidenzia che egli può contare su una concreta opportunità lavorativa (come chef) presso l’esercizio commerciale gestito dal figlio, che la moglie non lavora e che egli è l’unica fonte di reddito della famiglia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Anzitutto deve ricordarsi che avverso i provvedimenti adottati dai magistrato di sorveglianza a seguito di richieste di modifica delle modalità di esecuzione della detenzione domiciliare (art. 47-ter, comma secondo, Ord. pen.), è esperibile il ricorso in cassazione per violazione di legge, trattandosi di provvedimenti che incidono sulla libertà personale (Sez. 1, n. 52134 del 07/11/2019, dep. 2020, Rv. 277884 – 01). Ciò posto, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Il magistrato di sorveglianza, sia pure in modo sintetico, ha respinto la richiesta avanzata dall’odierno ricorrente dando rilievo, senza incorrere in evidenti vizi logici, alla sua persistente pericolosità sociale desunta dalla recente revoca dell’affidamento in prova, disposta a causa della commissione di un reato ad opera del Tarantino in data 2 aprile 2024 per il quale, come dedotto nella stessa impugnazione, è già intervenuta in primo grado una condanna a due anni di reclusione.
Ne consegue che il condannato, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, chiede a questa Corte una non consentita diversa valutazione degli elementi processuali rispetto a quella svolta, senza incorrere in vizi logici, cla parte del giudice a quo.
A quanto sopra deve aggiungersi che in tema di autorizzazione del detenuto domiciliare ad assentarsi per svolgere un’attività lavorativa, la situazione di assoluta indigenza deve essere valutata, stante l’eccezionalità della previsione, secondo criteri di particolare rigore, che non possono però spingersi sino a pretendere una sorta di prova legale della condizione di impossidenza del nucleo familiare dell’indagato, ma che richiedono pur sempre la dimostrazione dello stato economico prospettato (Sez. 2, n. 53646 del 22/09/2016, Rv. 268852 – 01, in fattispecie assimilabile alla presente).
Orbene, il ricorrente nulla ha dedotto in modo specifico al riguardo essendosi limitato a produrre documentazione relativamente alla offerta lavorativa in suo favore, ma non anche rispetto alle condizioni economiche sue e della famiglia.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2024.