Lavoro di Pubblica Utilità: Quando i Precedenti Penali Bloccano la Sostituzione della Pena
Il lavoro di pubblica utilità rappresenta una fondamentale misura alternativa alla detenzione, mirata al reinserimento sociale del condannato attraverso attività a favore della comunità. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione discrezionale del giudice sulla personalità e pericolosità del soggetto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce quali elementi possono condurre a un diniego, confermando che un passato criminale denso e una manifesta incapacità di autocontrollo giustificano una prognosi negativa.
I Fatti del Caso
Un giovane, condannato in via definitiva, presentava ricorso alla Corte di Cassazione contro la decisione della Corte d’Appello che gli aveva negato la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità. Il ricorrente sosteneva che la Corte territoriale non avesse valutato correttamente gli elementi a suo favore, sollecitando una rivalutazione che tenesse conto della sua richiesta di reinserimento.
La Valutazione del Giudice per il Lavoro di Pubblica Utilità
La legge, in particolare l’art. 58 della L. 689/1981, affida al giudice il compito di formulare una prognosi sul comportamento futuro del condannato. Questa valutazione è cruciale per stabilire se una misura alternativa come il lavoro di pubblica utilità possa essere efficace. Il giudice deve considerare tutti gli elementi disponibili, inclusi i precedenti penali, il comportamento tenuto durante eventuali periodi di detenzione e ogni altro fattore che possa indicare la capacità del soggetto di rispettare le prescrizioni e di non commettere nuovi reati.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che il ricorso non presentava nuove argomentazioni legali, ma si limitava a chiedere una rivalutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse adeguatamente motivata. La prognosi infausta si basava su elementi concreti e gravi: tre precedenti specifici per rapina, precedenti in materia di stupefacenti, numerose violazioni disciplinari commesse durante una precedente detenzione e, infine, recenti episodi di violenza avvenuti nel giugno 2023. Secondo la Corte, questo quadro complessivo dimostrava una chiara “incapacità di autocontrollo”, rendendo del tutto ragionevole il diniego della misura alternativa.
Conclusioni
La decisione riafferma un principio fondamentale: l’accesso a benefici come il lavoro di pubblica utilità è subordinato a una valutazione rigorosa della personalità del condannato. Non è sufficiente la semplice richiesta, ma è necessario che il percorso di vita e il comportamento del soggetto offrano garanzie concrete di affidabilità. Precedenti penali gravi, uniti a una condotta indisciplinata e violenta, costituiscono un ostacolo insormontabile, poiché indicano una prognosi negativa che il giudice non può ignorare. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, chiudendo definitivamente la porta alla richiesta di sostituzione della pena.
È possibile ottenere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità in presenza di precedenti penali?
Sì, ma la decisione dipende dalla valutazione del giudice. Come dimostra il caso, precedenti specifici e gravi (come rapine), uniti ad altri comportamenti negativi, possono portare a una prognosi infausta e al conseguente diniego della misura.
Quali elementi considera il giudice per negare il lavoro di pubblica utilità?
Il giudice valuta complessivamente la personalità del condannato. Nel caso specifico, sono stati considerati determinanti: i precedenti per rapina e stupefacenti, le plurime violazioni disciplinari durante una precedente detenzione e ulteriori comportamenti violenti recenti, tutti elementi che dimostrano un’incapacità di autocontrollo.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, secondo la Corte, non sollevava questioni di diritto ma chiedeva una semplice rivalutazione dei fatti già esaminati dal giudice di merito. Inoltre, la motivazione della sentenza impugnata è stata ritenuta logica e completa, rendendo il ricorso manifestamente infondato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44871 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44871 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il 20/09/1998
avverso la sentenza del 06/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso che contesta l’omessa sostituzione della pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità non è consentita, poiché il ricorrente sollecita solo un’inammissibile rivalutazione pro reo dei vari elementi, ed è comunque manifestamente infondato, avendo il giudice adeguatamente assolto al proprio onere argomentativo in tema di prognosi infausta, ex art. 58, I. 689/1981 (si veda, in particolare pagg. 4-5 della sentenza impugnata, ove si evidenziano i tre precedenti per tre rapine, oltre che in materia di stupefacenti, le plurime violazioni disciplinari nel corso della espiazione di precedente condanna, nonché ulteriori comportamenti violenti nel giugno 2023, tali da lasciar fondatamente desumere l’incapacità di autocontrollo);
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2024.