Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10044 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10044 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Jesi il 15/11/1979
avverso l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Ancona del 17/4/2024
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 17.4.2024, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona, a ll’udienza fissata per la verifica del buon esito dei lavori di pubblica utilità sostitutivi della pena detentiva che era stata applicata a COGNOME NOME con decreto penale di condanna per il reato di guida in stato di ebbrezza, ha revocato la sostituzione su istanza del pubblico ministero, ripristinando la pena sostituita e dichiarando irrevocabile il decreto penale opposto.
La decisione è stata adottata dal giudice, in quanto non è risultato che il condannato avesse mai preso contatto con l’ente presso cui avrebbe dovuto svolgersi l’attività a favore della collettività.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore del condannato, articolando un unico motivo, con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per violazione, inosservanza o erronea applicazione degli artt. 186, comma 9bis, D.Lvo 285/92, 655 cod. proc. pen.
In particolare, il ricorrente ha opposto di non essere mai stato contattato -dall’autorità giudiziaria, dalle forze dell’ordine o dallo stesso ente ove doveva svolgere l’attività – per iniziare il lavoro sostitutivo.
Con requisitoria scritta trasmessa l’1.11.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, in quanto è onere dell’a utorità giudiziaria , e non del condannato, l’avvio del procedim ento finalizzato allo svolgimento dell’attività lavorativa. Il codice di rito stabilisce che la fase esecutiva di ogni provvedimento di condanna ha sempre inizio dietro impulso del pubblico ministero, che, ai sensi dell’art. 655 cod. proc. pen., cura l’esecuzione dei provvedimenti di condanna, e che, ai sensi dell’art. 5 del decreto del Ministero della Giustizia del 26 marzo 2001 (con cui sono state disciplinate le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità applicato in base al D.Lgs. n. 274 del 2000), ha il compito di eseguire la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
L’ordinanza impugnata non ha fatto buon governo del principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui ove, in tema di guida in stato di ebbrezza, sia stata operata la sostituzione della pena principale con il lavoro di pubblica utilità, è onere dell’autorità giudiziaria – e non del condannato l’avvio del procedimento finalizzato allo svolgimento dell’attività lavorativa individuata (Sez. 1, n. 15861 del 17/9/2020, dep. 2021, Rv. 281189 -01; Sez. 1, n. 7172 del 13/1/2016, Rv. 266618 -01).
In particolare, l’art. 186 D.Lgs. n. 285 del 1992, nel prevedere al comma 9 -bis la possibilità di sostituire la pena detentiva o pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, richiama l’art. 54 D.Lgs. n. 274 del 2000, in virtù del quale la determinazione delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità è affidata ad un decreto del Ministro della Giustizia, adottato il 26.3.2001. Tale decreto, dopo aver individuato il tipo di prestazioni dovute e richiamato le convenzioni da stipulare con il Ministro della giustizia o, su delega di quest’ultimo,
con il Presidente del Tribunale, dispone all’art. 3 che “con la sentenza di condanna con la quale viene applicata la pena del lavoro di pubblica utilità, il giudice individua il tipo di attività, nonché l’amministrazione, l’ente o l’organizzazione convenzionati presso il quale questa deve essere svolta. A tal fine il giudice si avvale dell’elenco degli enti convenzionati”. E’ demandato al giudice della cognizione, dunque, il potere di individuare le modalità attuative della sanzione sostitutiva senza imporre oneri in capo al condannato.
Al tempo stesso, non grava sull’obbligato l’onere di avviare il procedimento per lo svolgimento in fase esecutiva dell’attività che è tenuto a svolgere. In generale, infatti, l’organo che, a norma dell’art. 655 cod. proc. pen., cura l’esecuzione dei provvedimenti di condanna è il pubblico ministero: si tratta dello stesso organo giudiziario che, per effetto dell’art. 5 del decreto del Ministero della Giustizia sopra indicato, ha il compito di eseguire la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità e di incaricare l’autorità di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza di verificare la regolare prestazione del lavoro.
La sequenza procedimentale per l’inizio della prestazione dell’attività lavorativa è dettagliatamente disciplinata dall’art. 43 D.Lgs. n. 274 del 2000, il quale stabilisce che la sentenza penale irrevocabile è trasmessa per estratto, a cura della cancelleria, al pubblico ministero; questi, emesso l’ordine di esecuzione, lo trasmette poi, unitamente all’estratto della sentenza di condanna contenente le modalità di esecuzione della pena, all’ufficio di sicurezza del comune in cui il condannato risiede o, in mancanza, al comando dell’Arma dei carabinieri territorialmente competente. L’organo di polizia, appena ricevuto il provvedimento, ne consegna copia al condannato, ingiungendogli di attenersi alle prescrizioni in esso contenute.
Il condannato, per vero, può anche attivarsi spontaneamente (v. Sez. 1, n. 11264 dell’8/3/2022, Rv. 283082 01), ma non ne ha l’obbligo.
L’iniziativa, ai fini dell’esecuzione della sanzione sostitutiva, spetta pur sempre all’ufficio del pubblico ministero, mediante comunicazione della sentenza di condanna all’ente individuato nella sentenza. Non sarebbe rispondente ai principi di esecuzione del giudicato penale ritenere che sussista un eventuale onere dell’obbligato di promuovere l’esecuzione.
Ciò precisato, non risulta dagli atti che il ricorrente sia mai stato contattato per l’inizio del lavoro di pubblica utilità; del resto, il provvedimento del g.i.p. non ne dà atto e, anzi, censura la sua mancanza di iniziativa, dando mostra, pertanto, di ritenere erroneamente che incombesse sul condannato l’onere di avviare il procedimento finalizzato allo svolgimento dell’attività lavorativa individuata.
Di conseguenza, l’ordinanza impugnata deve esser e annullata con rinvio al g.i.p. del Tribunale di Ancona, per un nuovo giudizio che si attenga ai principi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al g.i.p. del Tribunale di Ancona.
Così deciso il 21.11.2024