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Lavoro di pubblica utilità: no se causi un incidente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21569/2024, ha stabilito che la pena per guida in stato di ebbrezza non può essere sostituita con il lavoro di pubblica utilità se il conducente ha causato un incidente stradale. La Corte ha chiarito che la norma speciale del Codice della Strada (art. 186, comma 9-bis) che prevede tale divieto prevale sulla disciplina generale delle pene sostitutive introdotta dalla Riforma Cartabia. Di conseguenza, la sentenza di patteggiamento che aveva disposto la sostituzione è stata annullata su questo punto.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida in Ebbrezza e Incidente: No al Lavoro di Pubblica Utilità

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale per la sicurezza stradale, chiarendo i limiti di accesso al lavoro di pubblica utilità per chi commette il reato di guida in stato di ebbrezza. Con la sentenza n. 21569 del 2024, i giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: se il conducente ubriaco provoca un incidente stradale, non può beneficiare della sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con i lavori socialmente utili. Questa decisione rafforza un orientamento già consolidato, specificando come la normativa speciale del Codice della Strada prevalga sulle disposizioni generali, anche quelle introdotte dalla recente Riforma Cartabia.

I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Gorizia. Un automobilista, accusato di guida in stato di ebbrezza con l’aggravante di aver causato un sinistro stradale, aveva concordato con la pubblica accusa una pena di otto mesi di arresto e 2000 euro di ammenda. Il giudice, in accoglimento della richiesta delle parti, aveva disposto la sostituzione di tale pena con 248 giorni di lavoro di pubblica utilità.

Contro questa decisione ha proposto ricorso il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Trieste, lamentando l’illegalità della pena così applicata. Secondo il Procuratore, il giudice avrebbe violato il chiaro divieto imposto dall’articolo 186, comma 9-bis, del Codice della Strada, che esclude esplicitamente la possibilità di sostituire la pena con il lavoro socialmente utile quando ricorre l’aggravante dell’incidente stradale.

Il Divieto di Lavoro di Pubblica Utilità: Il Cuore della Controversia

Il nodo giuridico della questione risiedeva nel rapporto tra due norme. Da un lato, l’art. 186, comma 9-bis, del Codice della Strada, che stabilisce una regola speciale e restrittiva. Dall’altro, il nuovo art. 20-bis del codice penale, introdotto dalla Riforma Cartabia, che disciplina in via generale le pene sostitutive.

La difesa, implicitamente sostenuta dalla decisione del GIP, avrebbe potuto far leva sul carattere generale e più recente della riforma, ma la Cassazione ha seguito un percorso interpretativo diverso e rigoroso, incentrato sul principio di specialità.

Le Motivazioni della Cassazione: La Norma Speciale Prevale sulla Generale

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, ritenendolo fondato. Il Collegio ha enunciato un principio di diritto chiaro: l’art. 20-bis del codice penale, pur disciplinando le pene sostitutive, è una norma generale. Il suo stesso testo esordisce con una “clausola di riserva” (“Salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge…”), che fa sì che le normative speciali preesistenti mantengano la loro piena efficacia.

L’art. 186, comma 9-bis, del Codice della Strada è proprio una di queste norme speciali. Essa deroga alla regola generale in ragione della maggiore gravità del fatto: causare un incidente mentre si è alla guida in stato di ebbrezza non genera solo un pericolo, ma un danno concreto alla sicurezza della circolazione. Per questo motivo, il legislatore ha previsto un regime sanzionatorio più severo, escludendo l’accesso al beneficio del lavoro di pubblica utilità.

I giudici hanno inoltre precisato un punto fondamentale: la preclusione opera per il solo fatto che l’aggravante sia stata contestata e ritenuta sussistente. Non ha alcuna importanza se, in sede di commisurazione della pena, l’aggravante venga considerata equivalente o addirittura subvalente rispetto a eventuali circostanze attenuanti. Il bilanciamento delle circostanze, infatti, ha effetto solo quoad poenam (cioè sulla quantità della pena), ma non elimina l’esistenza storica del fatto-reato aggravato, che è il presupposto del divieto di sostituzione.

Le Conclusioni: Cosa Cambia per chi Causa un Incidente in Stato di Ebbrezza?

La sentenza consolida un’interpretazione rigorosa della legge, finalizzata a una maggiore prevenzione e a una risposta sanzionatoria più decisa di fronte a condotte di guida pericolose. In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla parte in cui disponeva la sostituzione della pena. Gli atti sono stati trasmessi nuovamente al Tribunale di Gorizia, dove le parti dovranno rinegoziare l’accordo di patteggiamento su basi diverse, senza la possibilità di ricorrere al lavoro di pubblica utilità, oppure procedere con le forme ordinarie del processo.

È possibile sostituire la pena per guida in ebbrezza con il lavoro di pubblica utilità se si è causato un incidente stradale?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che l’art. 186, comma 9-bis del Codice della Strada vieta esplicitamente questa sostituzione quando sussiste l’aggravante dell’aver provocato un incidente stradale.

La Riforma Cartabia ha modificato questa regola con l’introduzione dell’art. 20-bis del codice penale?
No. Secondo la Corte, l’art. 20-bis del codice penale è una norma generale che contiene una ‘clausola di riserva’. Questa clausola fa sì che le disposizioni speciali, come quella del Codice della Strada, rimangano pienamente valide e prevalgano sulla disciplina generale.

Cosa accade se nel calcolo della pena l’aggravante dell’incidente viene ‘bilanciata’ con delle attenuanti?
Il divieto di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità rimane in vigore. La Corte ha chiarito che la preclusione si basa sulla semplice sussistenza della circostanza aggravante, indipendentemente dal suo impatto finale sul calcolo della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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