Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12177 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12177 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/09/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
L’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona n. 2100 del 2023 di conferma della sentenza n. 607 del 2021 del giudice Monocratico presso il Tribunale di Pesaro con cui egli veniva condannato alla pena di mesi sei di arresto ed euro 1500 di ammenda per il reato di cui all’art. 186, comma 7, cod.strada, perché avendo circolato alla guida del proprio autocarro dava causa ad un incidente stradale, in circostanze tali da far ritenere che si trovasse in stato di alterazione riconducibile all’ebbrezza e si rifiutava di sottoporsi ad analisi ed esami volti a verificare l’assunzione di alcolici, in Pesaro il 21.07.2019.
Un primo motivo di impugnazione è relativo alla violazione di legge, carenza di motivazione ed omesso riscontro alle richieste in relazione agli artt. 20-bis cod. pen. e 545 bis cod. proc. pen. con riguardo agli artt. 124, 125,177 ss, 192, 545-bis cod. proc. pen. ed altri.
In particolare, il primo motivo (pag.1-4 del ricorso) aggredisce la Motivazione della sentenza di condanna circa il diniego della sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità per oggettiva gravità della vicenda, negativa valutazione del reo nonché applicazione dell’art. 186, comma 9 -bis, cod. strada. Con particolare riferimento al lavoro di pubblica utilità, quale pena sostitutiva connotata da effetti premiali, il ricorso nelle pagine 2-3 si sofferma sul parallelismo tra il lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’art. 186, comma 9bis, cod. strada e quello previsto dalla riforma Cartabia, per sostenere (pag. 4) che “gli istituti interpretati ed applicati come congruenti da parte della qui censurata pronuncia di appello, in verità hanno struttura e perseguono finalità manifestamente e radicalmente differenti quantitativamente e qualitativamente quali, per quel che attiene l’odierna vicenda e per quel che concerne proprio l’istituto dei LL.PP.UU. ex Cartabia, la diminuzione del carico di lavoro presso le corti di appello …”; per concludere che: “se il legislatore della riforma avesse inteso impedire l’accesso al L.P.U. de quo sulla scorta del comma 9 bis art. 186 cds, lo avrebbe richiamato nell’art. 56 bis, come sopra evidenziato, oppure al successivo art. 59 della I. 689 ove sono tante espressamente elencate ben 4 circostanze soggettive impeditive, tutte aventi ad oggetto pregresse condanne per determinati tipi di reato tuttavia distinti e distanti dall’art. 186 cds “.
Il ricorso a pagine 5 e ss. lamenta inoltre la violazione di legge e la manifesta carenza di motivazione con riguardo a quanto esposto in motivazione nelle “ultime due righe di pagina 4 e nelle prime tre righe di pagina 5”, con
riferimento agli artt. 133 cod. pen., 545-bis cod. proc. pen. e con riguardo agli artt. 53, 56-bis e 58 legge 689 del 1981.
In tale passo il ricorso aggredisce la motivazione della sentenza per la sua incompletezza o mancanza di correttezza e logicità lamentando che il giudice non abbia seguito un itinerario della ragione “scandito dalle citate regole epistemologiche” non avendo dato conto del ragionamento seguito e delle connessioni probatorie individuate. Probabilmente il riferimento da parte del ricorrente si concentra sul profilo dell’adeguatezza della pena sostitutiva alle finalità di rieducazione sociale del condannato.
I motivi aggiunti reiterano gli stessi argomenti.
Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In ordine all’esposizione critica contenuta nell’atto di impugnazione il Collegio deve constatare la non agevole intellegibilità di vari passi sia per la mancanza di articolati e puntuali motivi, sia per la ridondanza e opacità degli argomenti esposti, sia per la trascuratezza della stessa impostazione grafica dell’atto che complessivamente rendono impervia la lettura dell’atto.
Circa il primo motivo esposto a pag. 1-4 del ricorso, per quanto comprensibile, il Collegio rileva che appare superficiale e generico, esponendo un’incongrua argomentazione circa il 3° e 5° capoverso di pag. 4 della sentenza impugnata nonché il 1° capoverso di pag. 5. L’ulteriore parte del ricorso riecheggia gli stessi argomenti, di talché possono trattarsi unitariamente.
Invero, la Corte di appello di Ancona ha ritenuto che “il fatto di aver provocato un incidente stradale non osta, contrariamente all’ipotesi contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza, alla concessione della conversione della pena nel lavoro di pubblica utilità”. Ma proprio nel capoverso specificamente richiamato nel primo motivo di ricorso, la motivazione chiaramente soggiunge che “nel caso di specie ostano al riconoscimento della sostituzione richiesta ai sensi dell’art. 545-bis cod. proc. pen., non solo le condizioni generali della vicenda che palesano un’oggettiva gravità, ma anche la negativa valutazione della personalità del reo, più volte condannato per vari reati… inoltre, proprio per la precedente condanna per la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza, l’imputato era stato già beneficiato dalla sostituzione della pena con il corrispondente lavoro di pubblica utilità, tanto da trovare applicazione il disposto dell’art. 186, comma 9-bis codice della strada”.
La Corte di appello, pertanto, in motivazione ha offerto una lineare spiegazione fattuale dell’assenza di condizioni oggettive e soggettive che hanno impedito la concessione ulteriore della sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità. Di conseguenza, gli argomenti giuridici, in quanto percettibili, esposti nel primo motivo di ricorso, attenendo ad una questione giuridica estranea alla valutazione di fatto presente nella motivazione della Corte di appello, non consentono l’ammissibilità dei motivi di ricorso.
In ordine alla prescrizione, GLYPH il Collegio osserva che attesa l’inammissibilità del ricorso, considerando che il fatto per cui si procede risulta commesso in data 31 luglio 2019, ad oggi non risulta decorso il termine per l’estinzione del reato per prescrizione.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20 febbraio 2024
Il Consigliere estensore