Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 24287 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 24287 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MILANO il 15/07/1982
avverso la sentenza del 24/01/2025 del TRIBUNALE di MONZA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letta la requisitoria scritta depositata dal PG, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale d Monza per l’ulteriore corso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Monza (all’esito di giudizio abbreviato) ha condannato NOME COGNOME alla pena di mesi sei di arresto ed € 4.500,00 di ammenda, sanzione detentiva sostituita con quella del lavoro di pubblica utilità per 360 ore complessive, con applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per anni due, in relazione al reato previsto dall’art.186, comma 2, lett.c) e comma 2 -sexies, d.lgs. 30 aprile 1992, n.285.
Il Tribunale ha premesso che l’imputato aveva presentato istanza di applicazione della pena subordinata alla sostituzione con la sanzione del lavoro
di pubblica utilità, ai sensi dell’art.186, comma 9 -bis , C.d.s. e che quindi, a fronte del dissenso del p.m., aveva chiesto che il processo fosse definito a seguito di messa alla prova, con istanza rigettata dal giudice in considerazione dei precedenti specifici risultanti dal casellario e il pregresso esito negativo di un precedente affidamento ai servizi sociali.
Ha quindi esposto che, dagli atti di indagine, emergeva che il ricorrente -in data 08/12/2021, alle ore 3,45 -era stato sottoposto a controllo mentre si trovava a bordo della vettura t g. TARGA_VEICOLO e che l’accertamento etilometrico aveva riscontrato un tasso pari a 1,97 g/l dopo la prima misurazione e a 1,92 g/l dopo la seconda prova; ha quindi ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi del reato ascritto, con l’aggravante di avere circolato in orario notturno, giungendo alla susseguente determinazione del trattamento sanzionatorio.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando quattro motivi di impugnazione.
2.1 Con il primo motivo di impugnazione ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) e c) cod.proc.pen. -l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 20bis e 56bis, l.689/1981, nonché dell’art.545 -bis cod.proc.pen..
Ha esposto che, nel caso in esame, il difensore -munito di procura speciale -aveva inizialmente richiesto l’applicazione della pena ai sensi degli artt.444 e ss. cod.proc.pen., con sostituzione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilità ai sensi dell’art.186, comma 9 -bis, C.d.s. e che, a seguito del rigetto di tale richiesta e di quella di sospensione del procedimento con messa alla prova, in sede di discussione finale era stata ulteriormente sollecitata l’applicazione della suddetta sanzione; che, quindi, il giudice aveva disposto l ‘applicazione della sanzione sostitutiva prevista dall’art.56 -bis, l.689/1981, senza peraltro sentire le parti e acquisire il consenso dell’imputato, dichiarato assente, imponendo le prescrizioni di cui all’art.56 -ter, l.689/1981, da ritenersi più gravose rispetto a quelle previste dall’art.186, comma 9 -bis , C.d.s..
2.2 Con il secondo motivo ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. -la violazione dell’art.125, n.3), cod.proc.pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in ordine all’applicazione degli artt. 20 -bis cod.proc.pen. e 56bis e 56ter, l.689/1981.
Ha dedotto che il Tribunale aveva applicato l’istituto dei lavori di pubblica utilità sostitutivi senza fornire idonea motivazione in ordine all’effettiva prestazione del consenso da parte dell’imputato, il quale aveva prestato il consenso medesimo rispetto alla sola sanzione specificamente prevista dall’art .186, comma 9bis, C.d.s., da ritenersi come istituto avente natura speciale rispetto a quelli previsti dall’art.20 -bis cod.pen.; non spendendo,
altresì, alcuna motivazione in ordine al rigetto dell’istanza presentata dall’imputato ai sensi della disciplina speciale e ai parametri sulla base dei quali era stata invece applicata la sanzione prevista dall’art.56 -bis, l.689/1981.
Riteneva, quindi, che si vertesse in un’ipotesi di illegalità della pena oltr e a dedurre il d ifetto di correlazione con la richiesta presentata dall’imputato; esponendo, altresì, come la sanzione prevista dall’art.186, comma 9 -bis, C.d.s. (in virtù del richiamo all’art.54 del d.lgs. n.274/2000) assumesse la natura di pena principale ab origine e non di sanzione sostitutiva, con conseguente applicazione, da parte del giudice a quo, di una pena di natura e specie diversa rispetto a quella richiesta.
2.3 Con il terzo motivo ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. -la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’applicazione degli artt. 62 -bis e 133 cod.pen..
Ha dedotto che il Tribunale sarebbe partito da una pena base pari al massimo edittale, valutando i precedenti specifici come ostativi al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; ha quindi esposto che i precedenti specifici erano risalenti nel tempo e che non era stata presa in considerazione la corretta condotta processuale dell’imputato, deducendo quindi un erroneo esercizio dei poteri inerenti alla dosimetria della pena.
2.4 Con il quarto motivo ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. la nullità dell’ordinanza emessa il 24 maggio 2024, ai sensi dell’art.125, n.3 cod.proc.pen. e dell’art.168 -bis cod.pen..
Esponeva che il Tribunale aveva motivato il rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova sulla sola base dei precedenti dell’imputato e di un risalente esito negativo di un affidamento in prova ai servizi sociali, senza prendere in considerazione la corretta e collaborativa condotta tenuta dall’imputato stesso e gli effetti che il programma di trattamento avrebbe potuto avere sulle proprie condizioni di vita.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti al Tribunale di Monza per l’ulteriore corso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione al primo e al secondo motivo mentre va rigettato in ordine al terzo e al quarto motivo.
Deve essere pregiudizialmente esaminato il quarto e ultimo motivo di ricorso, in quanto attinente all’ordinanza adottata all’esito della fase
processuale nella quale l’imputato aveva richiesto la sospensione del procedimento con messa alla prova, con istanza rigettata dal giudice procedente in considerazione dei precedenti specifici risultanti dal Casellario giudiziale.
Il motivo è inammissibile.
Deve essere premesso che, vertendosi in un’ipotesi di sentenza che ha disposto l’applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, la pronuncia in oggetto non è impugnabile mediante l’appello ma unicamente mediante ricorso per cassazione, ai sensi dell’art.593, comma 3, cod.proc.pen. , nel testo introdotto dall’art.34, comma 1, lett.a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150 (cfr. Sez. 3, n. 20573 del 13/03/2024, COGNOME, Rv. 286360; Sez. 1, n. 13795 del 12/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287878, che hanno precisato che il regime di inappellabilità si applica anche quando la pena sia stata inflitta in sostituzione di quella dell’arresto).
2.1 In ordine al regime di impugnazione dell’ordinanza emessa dal giudice a seguito della richiesta di messa alla prova, l’art.464 -quater , comma settimo, cod.proc.pen., stabilisce che; «Contro l’ordinanza che decide sull’istanza di messa alla prova possono ricorrere per cassazione l’imputato e il pubblico ministero ».
In ordine a tale disposizione, le Sezioni Unite di questa Corte hanno quindi rilevato che, qualora la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova sia stata rigettata, il provvedimento non è immediatamente impugnabile, ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen., in quanto il citato art. 464quater , comma settimo, cod. proc. pen., nel prevedere il ricorso per cassazione, si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell’imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento (Sez. U, n. 33216 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 267237; conforme, Sez. 3 n. 6046 del 27/09/2016, dep.2017, COGNOME, Rv. 268828).
Peraltro, in ragione dello specifico regime di impugnabilità previsto dall’art.593, comma 3, cod.proc.pen., deve ritenersi che l’imputato non possa che proporre ricorso per cassazione avverso tale provvedimento, unitamente alla sentenza e in riferimento a tutti i motivi previsti dall’art.606, comma 1, cod.proc.pen..
2.2 Nel caso di specie, va quindi rilevato che i vizi dedotti dal ricorrente -attinenti ai parametri discrezionali richiamati dal giudice a quo per giustificare il rigetto della richiesta (con particolare riferimento ai precedenti specifici da cui risultava gravato l’imputato) sono inequivocabilmente riconducibili, peraltro
in conformità con quanto indicato nell’intestazione del motivo, a vizi inquadrabili nell’ambito previsto dall’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen ..
Il motivo, peraltro, è manifestamente infondato.
A tale proposito, va difatti ricordato che l’ammissione dell’imputato alla messa alla prova è subordinata al vaglio discrezionale del giudice di merito circa la possibilità di rieducazione e di inserimento dell’interessato nella vita sociale ed è espressione di un giudizio prognostico, insindacabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione, condotto sulla scorta dei molteplici indicatori desunti dall’art. 133 cod. pen., inerenti sia alle modalità della condotta che alla personalità del reo, sulla cui base ritenere che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati (Sez. 4, n. 9581 del 26/11/2015, dep. 2016, Quiroz, Rv. 266299; Sez. 6, n. 37346 del 14/09/2022, Boudraa, Rv. 283883).
Nel caso di specie, il giudice procedente -con motivazione non manifestamente illogica e immune dal denunciato vizio di illogicità -ha ritenuto di non poter formulare la predetta prognosi positiva alla luce dei precedenti dell’imputato, gravato da ben qu attro condanne per analoga fattispecie nonché della sussistenza, in relazione a una di tali condanne, di un esito negativo dell’affidamento in prova ai servizi sociali.
Il terzo motivo, attinente alla concreta dosimetria della pena e alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, è infondato.
Sul punto, questa Corte ha avuto più volte modo di precisare che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione -non sindacabile in sede di legittimità – è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale ( ex multis , Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017. Mastro, Rv. 271243); essendosi altresì stato precisato che non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale che deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale
ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288).
Nel caso in esame, il giudice ha congruamente motivato in ordine al distacco della sanzione base rispetto al minimo edittale con riferimento ai citati precedenti del prevenuto; con argomentazioni estese anche al profilo inerente alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e in riferimento alle quali, sulla base del vigente testo d ell’art.62 -bis cod.pen., il giudice ha comunque sottolineato l’assenza di elementi positivi idonei a giustificarne la concessione.
4. I primi due motivi di ricorso sono congiuntamente esaminabili in quanto -di fatto -attinenti alla medesima questione di diritto e relativa all’erronea applicazione delle disposizioni in tema di sanzioni sostitutive; essendo stato dedotto che, a fronte di una richiesta di sostituzione della sanzione detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’art.186, comma 9 -bis, C.d.s., il giudice avrebbe invece illegittimamente applicato la sanzione del lavoro di pubblica utilità previsto dall’art.56 -bis della l. n.689/1981, in assenza del necessario consenso dell’imputato.
I motivi sono complessivamente fondati.
4.1 Deve infatti darsi continuità ai principi enunciati nel precedente espresso da questa Corte in Sez. 4, n. 17561 del 16/01/2024, COGNOME, Rv. 286496; nella cui parte motiva è stato rilevato come l’art. 186, comma 9bis , C.d.s. sia espressamente regolato sul modello previsto dall’art. 54 del d.lgs. n. 274 del 2000 in materia di processo di fronte al giudice di pace, di cui mutua le medesime modalità esecutive (prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze), con la sola deroga per cui, diversamente da quanto previsto nel procedimento dinanzi al giudice di pace, il lavoro di pubblica utilità ex art. 186, comma 9bis , cod. strada ha una «durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità».
A fronte dell’indicato modello, deve essere osservato come la disciplina dettata dai novellati artt. 56bis e 56ter della legge 24 novembre 1981, n. 689, come introdotti dall’art. 71 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, riguardi la diversa figura generale del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, disciplinato dalla legge n. 689 del 1981, per l’effetto inerendo ad un istituto del tutto distinto ed
autonomo rispetto al lavoro di pubblica utilità previsto dall ‘ art. 186, comma 9bis , C.d.s. e, come detto, regolato in modo autosufficiente, sul modello della diversa fattispecie prevista dall’art. 54 del d.lgs. n. 274 del 2000.
Si tratta di una differenza, d’altra parte, ricavabile dallo stesso art.20 -bis cod.pen., pure introdotto dal d.gs. n. 150 del 2022, in cui si trova enunciata la regola generale per cui le pene sostitutive della reclusione e dell’arresto sono disciplinate dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689 – tra di esse indicando il lavoro di pubblica utilità sostitutivo – fatto «salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge», tra le quali, per l’appunto, rientra pure l’ipotesi regolata dall’art. 186, comma 9bis , cod. strada, di struttura e modalità esecutive assai diverse da quelle dettate dall’art 56bis legge n. 689 del 1981.
D’altra parte, sempre nella parte motiva di tale pronuncia, questa Corte ha evidenziato che, per come espressamente chiarito nella Relazione illustrativa al d.lgs. n.150/2022, il legislatore ha ritenuto opportuno denominare le nuove pene sostitutive aggiungendo l’aggettivo “sostitutivo”, con definizione funzionale a rendere immediatamente distinguibili le predette pene sostitutive da istituti analoghi che, nell’ordinamento, hanno una diversa natura giuridica e disciplina; tra cui rientra la sanzione del lavoro di pubblica utilità previsto come pena principale irrogabile dal giudice di pace o disposto nell’ambito della sospensione condizionale della pena o della sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato; conseguendone che non sussiste dubbio di sorta in ordine al fatto che il lavoro di pubblica utilità previsto dalla norma generale di cui all’art. 56bis , l. n. 689 del 1981 abbia natura e funzione di sanzione sostitutiva della pena principale, mentre la corrispondente figura applicata ai sensi dell’art. 54 d.lgs. n. 274 del 2000 – e per analogia, quindi, dall’art. 186, comma 9bis , C.d.s. – si connota, invece, per avere natura di pena principale.
4.2 Ciò premesso, deve rilevarsi che -nel caso di specie e come risulta dagli atti del procedimento -l’imputato aveva rilasciato al proprio difensore una procura speciale finalizzata a ‘ presentare richiesta di sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità ai sensi dell’art.186 comma 9 -bis Cds ‘, secondo una facoltà di cui lo stesso difensore si è avvalso, dapprima con una richiesta di applicazione della pena ai sensi degli artt. 444 e ss. cod.proc.pen. e, quindi, in sede di conclusioni.
Di contro, il giudice procedente ha invece disposto la sostituzione della pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità sostitutivo previsto dall’art.56 -bis, l. n.689/1981, cui conseguono ex lege le specifiche prescrizioni imposte dall’art.56 -ter tra cui, in riferimento alle deduzioni del ricorrente, quella specifica del ritiro del passaporto.
4.3 Da tali considerazioni, ne consegue che il giudice procedente ha applicato all’imputato una specifica sanzione sostitutiva in assenza del previo consenso da parte dello stesso (da manifestare personalmente ovvero a mezzo di procuratore speciale), la cui necessità è attualmente ed espressamente sancita dall’art.58, comma 3, l.n.689/1981, nel testo modificato dal d.lgs. 19 marzo 2024, n.31.
Ne consegue che il giudice ha applicato una pena sostitutiva diversa rispetto a quella richiesta dall’imputato e senza acquisirne il necessario consenso, in tal modo ponendosi in contrasto con il disposto dell’art.545 -bis cod.proc.pen., il quale prevede che il giudice applichi la sanzione sostitutiva -dopo la lettura del dispositivo -«sentite le parti, acquisito ove necessario il consenso dell’imputato» per poi provvedere all’indicazione della sanzione e degli obblighi e delle prescrizioni ad essa corrispondenti.
In conclusione, quindi, anziché l’ applicazione di una pena principale -quale quella prevista dall’art.186, comma 9 -bis , C.d.s. in riferimento all’art.54 del d.lgs. n.274/2000 e in ordine alla quale era stato prestato il consenso – è stata invece disposta, in assenza del consenso medesimo, una sanzione di natura e specie diversa, in quanto meramente sostitutiva di una pena principale, quale è quella regolata dall’art. 56bis l. n. 689 del 1981.
Ne è scaturita, all’evidenza, la concreta applicazione di una sanzione sostitutiva in assenza dei necessari presupposti.
Ne deriva, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al punto inerente alla sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell ‘ art.56bis della l. n.689/1981, e la trasmissione degli atti al Tribunale di Monza, altra persona fisica, per l’ulteriore corso ; con rigetto, nel resto, del ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità di cui agli artt.20bis c.p. e 56 -bis l. n.689/81, con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Monza, in diversa persona fisica. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 6 giugno 2025