Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 17884 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 17884 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CARIATI il 14/04/1989
avverso l’ordinanza del 29/04/2024 del TRIBUNALE di CROTONE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, dr.ssa NOME COGNOME che ha chiesto annullarsi con rinvio la impugnata ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
1.NOME COGNOME ricorre, tramite Difensore di fiducia, per la cassazione dell’ordinanza con cui il Tribunale di Crotone il 29 aprile – 8 maggio 2024 ha rigettato la richiesta di rimessione in termini per svolgere lavori di pubblica utilità avanzata il 5 dicembre 2023.
2. Una premessa appare utile per la migliore intelligenza del ricorso.
Con sentenza emessa il 16 novembre 2021 su richiesta delle Parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. il Tribunale di Crotone ha applicato a NOME COGNOME imputato della violazione dell’art. 187 del d. Igs. 30 aprile 1992, n. 285, per essersi rifiutato, dopo essere stato fermato il 1° dicembre 2020 alla guida di un’autovettura, di sottoporsi ad accertamenti finalizzati alla verifica dell’eventuale stato di alterazione dovuta all’assunzione di stupefacenti, la pena stimata di giustizia ossia quattro mesi di arresto e 1.000,00 euro di ammenda; sanzione che è stata sostituita con il lavoro di pubblica utilità per la durata di due mesi e ventotto giorni, da svolgersi presso l’associazione “RAGIONE_SOCIALE” nelle forme di cui all’art. 54 del d. Igs. 28 agosto 2000, n. 274, contestualmente disponendo che il lavoro di pubblica utilità debba avere inizio in un periodo compreso tra il 16 novembre 2021 (data della sentenza, con motivazione contestuale) ed il termine ultimo di tre mesi dalla data del passaggio in giudicato della sentenza, incaricando l’Ufficio esecuzione penale esterna (acronimo: U.E.P.E.) di Crotone di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità da parte dell’imputato e di informare con relazione scritta il Tribunale circa l’esito.
La sentenza di applicazione di pena su richiesta è passata in giudicato il 2 dicembre 2021.
Con missiva inviata all’U.E.P.E. a mezzo posta elettronica certificata (acronimo: P.E.C.) il 14 dicembre 2021 il Difensore dell’imputato ha chiesto la convocazione del proprio assistito da parte dell’Ufficio esecuzione penale esterna «per concordare le modalità di svolgimento del lavoro presso l’Associazione indicata nel PQM che deve, necessariamente, iniziare prima del 15/02/2022».
Non risultando nessun contatto con l’UEPE né nessuna comunicazione o convocazione da parte dell’Ufficio, il 5 dicembre 2023 il Difensore ha presentato istanza al Tribunale per ottenere l’autorizzazione alla rimessione in termini per svolgere i lavori di pubblica utilità.
Il Tribunale di Crotone con il provvedimento impugnato ha rigettato l’istanza.
Ciò premesso, ricorre per la cassazione dell’ordinanza NOME COGNOME tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un unico, complessivo, motivo con cui, ripercorsi gli antefatti, denunzia violazione di legge (art. 186, comma 9-bis, del codice della strada).
Rammenta il ricorrente che il Giudice di Merito ha dichiarato di aderire all’indirizzo giurisprudenziale di legittimità (di cui è espressione, tra le altre, l sentenza di Sez. 1, n. 15861 del 17/09/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281189) secondo cui, in caso di sostituzione della pena principale con il lavoro di pubblica utilità, il condannato non è tenuto ad avviare il procedimento per lo svolgimento in fase esecutiva dell’attività individuata, per poi, tuttavia, incondivisibilmente, operare una lettura “a contrario” di tale principio, affermando che «laddove il giudice procedente negli dispositivo di sentenza abbia indicato, in modo atotAt th.4. 1.2 424:, conforme alle disposizioni legislative, un termine entro il quale 1041:tatz·e lavori, 00 ./edalcuna responsabilità è da imputare ffautorità giudiziaria nella fase esecutiva, essendo onere del condannato avviare lo svolgimento dell’attività individuata in sostituzione» (così alla p. 2 dell’ordinanza impugnata).
Sottolinea la erroneità e la illegittimità del provvedimento, poiché l’Autorità Giudiziaria, che era a ciò tenuta, non ha dato impulso alla esecuzione della sanzione sostitutiva, ed il ricorrente non ha mai ricevuto nessuna convocazione e, anzi, si è diligentemente attivato, tramite la P.E.C. inviata il 14 dicembre 2021, per dare impulso al procedimento.
Non essendo la situazione di stallo in alcun modo addebitabile all’imputato, che non si è rifiutato di eseguire i lavori e che, anzi, si è diligentemente attivato, si sottolinea il generale potere-dovere del P.M. di curare l’esecuzione dei provvedimenti di condanna, come sancito dall’art. 655 cod. proc. e, in conseguenza, il dovere del giudice di verificare in concreto se alla sentenza di condanna sia stata data esecuzione da parte del P.M. e dello stesso U.E.P.E., come affermato, di recente, dalla S.C. (richiamandosi al riguardo il precedente di Sez. 1, n. 14670 del 21/02/2023, dep. 2024, COGNOME COGNOME, non mass.).
Si chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
4.11 P.G. della S.C. nella requisitoria scritta del 15 gennaio 2025 ha chiesto annullarsi con rinvio l’impugnata ordinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
131 ricorso è fondato e deve essere accolto, per le seguenti ragioni.
2.L’ordinanza impugnata contiene un errore di diritto, sostanzialmente colto dalla Difesa nel ricorso, e ad esso va posto rimedio.
Appare utile prendere le mosse dal – condivisibile – ragionamento svolto nella parte motiva della recente sentenza, citata dalla Difesa (alla p. 5 del ricorso), di Sez. 1, n. 14670 del 21/02/2023, dep. 2024, COGNOME COGNOME, non mass. (sub nn. 2-4 del “considerato in diritto”, pp. 2-4):
« La sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità, prevista dall’art. 186, comma 9-bis, d.lgs. n. 285/1992, è disposta dal giudice della cognizione, che può indicare nella sentenza anche le specifiche modalità di svolgimento dell’attività alternativa, e la sua esecuzione è demandata all’UEPE, a cui spetta la verifica del corretto svolgimento di tale attività ma anche, se necessario, la determinazione delle sue modalità esecutive, a partire dall’ente presso cui svolgerla.
Questa Corte ha, però, stabilito che “In tema di guida in stato di ebbrezza, ove sia stata operata la sostituzione della pena principale con il lavoro di pubblica utilità, è onere dell’autorità giudiziaria – e non del condannato – l’avvio del procedimento finalizzato allo svolgimento dell’attività lavorativa individuata. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che aveva revocato la sanzione sostitutiva sulla base della sola inerzia del condannato senza verificare se il pubblico ministero avesse avviato la fase esecutiva con la notifica all’interessato dell’ordine di esecuzione e la contestuale ingiunzione ad attenersi a quanto prescritto in sentenza)” (Sez. 1, n. 15861 del 17/09/2020, dep. 2021, Rv. 281189; Sez. 1, n. 7172 del 13/01/2016, Rv. 266618). La ragione di tale decisione è che, proprio per consentire all’UEPE di svolgere la sua attività di controllo e verifica, esso deve essere informato sia dell’inizio dell’esecuzione della sanzione sostitutiva, sia delle sue concrete modalità, ed il condannato non è, pertanto, tenuto ad iniziare direttamente tale esecuzione senza l’impulso dell’autorità, bensì è onere dell’UEPE convocare l’interessato e concordare con lui, e con l’ente di riferimento, lo svolgimento del lavoro. La correttezza di tale argomentazione è dimostrata dalla concreta configurazione di questa particolare misura alternativa, che demanda al giudice della cognizione il potere di comminarla, e di determinarne le modalità esecutive, senza alcun onere in capo al condannato, che può anche astenersi dal richiederla (dovendo solo non opporsi ad essa), e non è comunque tenuto ad indicare l’ente o la struttura presso cui svolgerla. E’ pertanto irrilevante il fatto che il giudice avesse già stabilito le modalità di svolgimento del lavoro sostitutivo, avendo egli esercitato il potere conferitogli dalla norma, che non incide, però, sugli oneri che possono essere attribuiti al condannato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Non può pertanto, in assenza di una disposizione normativa, essere attribuito al condannato l’onere di dare inizio all’esecuzione della sente anche perché tale onere contrasterebbe con /’iter procedurale che il codice di rito stabilisce per la fase esecutiva di ogni provvedimento di condanna, che h sempre inizio dietro impulso del pubblico ministero, e quindi dell’autori giudiziaria. E’, infatti, il pubblico ministero che, ai sensi dell’art. 655 co pen., cura l’esecuzione dei provvedimenti di condanna, ed è il pubblico ministero che, ai sensi dell’art. 5 del decreto del Ministero della Giustizia del 26 m 2001 (che ha stabilito le norme per determinare le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità applicato in base al d.lgs. n. 274/2000), ha il compi eseguire la pena sostitutiva de/lavoro di pubblica utilità.
Il giudice dell’esecuzione non può, pertanto, valutare co inottemperante il comportamento del soggetto condannato alla pena sostitutiva, ai sensi dell’art. 186, comma 9 -bis, del codice della strada, solo sulla base del suo mancato attivarsi per dare inizio al lavoro sostitutivo, equivalendo t decisione all’attribuzione, a suo carico, di un onere insussistente. Il gi avrebbe dovuto verificare se alla sentenza di condanna fosse stata dat esecuzione, dal pubblico ministero o dallo stesso UEPE, convocando il condannato e determinando in concreto la data di inizio del lavoro sostitutivo, le modalità del suo svolgimento.
Il ricorrente sostiene di non avere mai ricevuto alcuna convocazione, né alcun provvedimento che stabilisse l’inizio dell’esecuzione della sanzion sostitutiva, e nel provvedimento impugnato non è indicato quali accertamenti siano stati svolti dal giudice per verificare in quali modi e con quali atti si s impulso, da parte dell’autorità, all’esecuzione della condanna in question Risulta, pertanto, che tale sanzione sia stata revocata solo a seguito d presunta inerzia del condannato, che non è però rilevante, né può giustifica tale revoca, non incombendo sullo stesso l’onere di dare avvio al procedimento esecutivo.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve esser pertanto, accolto, e l’ordinanza impugnata deve essere annullata ».
3.Ebbene, intendendo il Collegio dare continuità al richiamato principio e farne applicazione nel caso di specie, si osserva quanto segue:
il Pubblico Ministero è l’unico Organo dell’esecuzione penale, ai sensi dell’art. 655 cod. proc. pen., come puntualizzato, tra le altre, da Sez. 1, n. 15861 del 17/09/2020, dep. 2021, COGNOME, cit., secondo cui (sub n. 3, pp. 3-4, del “considerato in diritto”) «Nel vigente sistema processuale l’atto di impulso alla procedura esecutiva è di competenza del pubblico ministero. È il pubblico
ministero l’organo competente a curare l’esecuzione di tutti i provvedimenti di condanna (art. 655 cod. proc. pen.), delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata (art. 661 cod. proc. pen.), della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità (art. 5 decreto del Ministero della giustizia del 26 marzo 2001, “Norme per la determinazione delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità applicato in base al D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 54, comma 6”), formulando al giudice, ai sensi dell’art. 44, d.lgs. citato, le richieste di modifica delle modalità di esecuzione in caso in cui l’amministrazione, l’organizzazione o l’ente presso il quale si debba svolgere l’attività non sia più convenzionato o abbia cessato l’operatività, nonché di incaricare l’autorità di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza di verificare la regolare prestazione del lavoro» (in senso conforme, Sez. 1. n. 7172 del 13/01/2016, COGNOME, cit., nel “considerato in diritto”, p. 3);
correlativamente, «sull’obbligato non grava l’onere di avviare il procedimento per lo svolgimento in fase esecutiva dell’attività individuata» (così Sez. 1, n. 15861 del 17/09/2020, dep. 2021, COGNOME, cit., sub n. 3, p. 3, del “considerato in diritto”) e, dunque, non è corretto affermare che il condannato avrebbe dovuto autonomamente «avviare lo svolgimento dell’attività individuata in sostituzione» (così, invece, si legge testualmente alla p. 2 dell’ordinanza impugnata);
fel anche ove si dovesse, per mera ipotesi, ritenere il condannato, seguendo il – pur disatteso – ragionamento del Tribunale, tenuto ad avviare autonomamente lo svolgimento dell’attività, non si comprende come potrebbe l’U.E.P.E. controllare un’attività che non sa nemmeno essere cominciata e, in seguito, relazionare sull’andamento della stessa;
rebus sic stantibus sarebbe, peraltro, illegittimo l’avvio dell’esecuzione della sanzione in forme diverse da quelle indicate nel dispositivo della sentenza irrevocabile;
non accoglibile, dunque, era la originaria richiesta della Difesa di restituzione dell’imputato nel termine per svolgere il lavoro di pubblica poiché nessun termine era scaduto; né potrebbe ritenersi la sanzione sostitutiva “perenta”, in difetto di qualsiasi previsione normativa al riguardo;
è, tuttavia, erroneo ed illegittimo, nei termini in cui concretamente strutturato, il provvedimento impugnato, che, ove non rimosso, consoliderebbe una situazione di – ritenuta dal Giudice, assecondando la erronea impostazione dell’istanza difensiva – tardività dell’istanza e persino di «perdita di interesse del condannato all’esecuzione» del lavoro di pubblica utilità (così alla p. 3 del provvedimento impugnato, sopra il
4.
In conclusione, deve ritenersi che, nel momento in cui il P.M. attiverà
concretamente la procedura, il condannato avrà il “diritto-dovere” di svolgere il lavoro di pubblica utilità il cui esito potrà eventualmente portare all’accertamento
della estinzione dell’illecito.
Consegue l’annullamento, da pronunziarsi senza rinvio per le ragioni esposte, del provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Così deciso il 07/02/2025.