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Lavoro arresti domiciliari: quando è concesso?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1718/2025, ha rigettato il ricorso di una persona agli arresti domiciliari che chiedeva di poter lavorare. La Corte ha ribadito che il permesso per il lavoro arresti domiciliari non è un diritto, ma un’eccezione concessa solo in caso di ‘assoluta indigenza’ e se l’attività è compatibile con le esigenze di controllo e sicurezza. Nel caso specifico, non è stata provata l’indigenza assoluta dell’intero nucleo familiare e il lavoro proposto è stato ritenuto incompatibile con le necessità cautelari.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lavoro Arresti Domiciliari: Quando si Può Ottenere l’Autorizzazione?

La possibilità di svolgere un’attività lavorativa durante il periodo di detenzione agli arresti domiciliari è una questione delicata, che bilancia il diritto al lavoro con le imprescindibili esigenze di sicurezza e controllo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i paletti molto stringenti per la concessione di tale autorizzazione. Il tema del lavoro arresti domiciliari richiede un’attenta analisi dei presupposti richiesti dalla legge e interpretati dalla giurisprudenza, che non configurano questa possibilità come un diritto automatico, bensì come un’eccezione soggetta a un vaglio rigoroso da parte del giudice.

Il Caso in Esame: La Richiesta di Lavoro Respinta

Il caso analizzato dalla Suprema Corte riguardava una donna, già condannata per tentato omicidio aggravato e ristretta agli arresti domiciliari, che aveva presentato istanza per essere autorizzata a lasciare la propria abitazione per svolgere un’attività lavorativa. La richiesta era stata respinta sia dal Giudice per le Indagini Preliminari sia, in sede di appello, dal Tribunale del Riesame.

Secondo i giudici di merito, non era stato adeguatamente dimostrato lo stato di indigenza della richiedente. Inoltre, le modalità del lavoro proposto – presso un bar, con orari variabili e per molte ore al giorno – erano state ritenute incompatibili con le esigenze di controllo e sicurezza, data anche la gravità del reato per cui era stata condannata.

I Motivi del Ricorso e i Principi sul Lavoro Arresti Domiciliari

La difesa della donna ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che i giudici non avessero correttamente valutato lo stato di indigenza, che a suo dire doveva essere considerato a livello personale e non familiare, e che il pericolo di reiterazione del reato si fosse affievolito.

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, cogliendo l’occasione per riaffermare i principi consolidati in materia di lavoro arresti domiciliari.

1. L’Autorizzazione non è un Diritto

Il primo punto fermo è che la concessione dell’autorizzazione a lavorare non costituisce un diritto per la persona detenuta agli arresti domiciliari. Si tratta di una deroga eccezionale alla misura cautelare, la cui valutazione è rimessa alla discrezionalità del giudice.

2. Il Requisito dell’Assoluta Indigenza

Il presupposto fondamentale per poter anche solo considerare la richiesta è la dimostrazione di uno stato di assoluta indigenza. Questo concetto viene interpretato dalla giurisprudenza in modo molto rigoroso. La Corte ha specificato che la valutazione non può limitarsi alla situazione economica del singolo richiedente, ma deve estendersi all’intero nucleo familiare. Se altri componenti della famiglia percepiscono redditi, anche se non conviventi, il giudice deve tenerne conto per valutare se esista una reale e improcrastinabile necessità di sostentamento.

3. La Compatibilità con le Esigenze Cautelari

Anche qualora lo stato di indigenza fosse provato, l’autorizzazione può essere concessa solo se l’attività lavorativa è compatibile con le esigenze cautelari. Il giudice deve verificare che il lavoro, per orari, luogo e modalità, non vanifichi la funzione di controllo della misura degli arresti domiciliari. Un allontanamento protratto dal domicilio o spostamenti continui possono compromettere la possibilità per le forze dell’ordine di effettuare i controlli necessari e, quindi, rendere il lavoro incompatibile con la misura in atto.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale. La motivazione è duplice. In primo luogo, non era stata fornita una prova adeguata dello stato di ‘assoluta indigenza’, in quanto la valutazione doveva considerare la situazione economica complessiva della famiglia e la possibilità di ricevere aiuto da altri familiari. In secondo luogo, e in ogni caso, il tipo di lavoro richiesto è stato giudicato incompatibile con le finalità della misura. La gravità del reato commesso, unita alla difficoltà di controllo derivante da un impiego con orari lunghi e variabili, ha portato i giudici a concludere che le esigenze di sicurezza e prevenzione prevalessero sulla richiesta della detenuta.

Conclusioni

La sentenza in esame conferma un orientamento consolidato: ottenere il permesso per il lavoro arresti domiciliari è un percorso in salita. Non basta la semplice mancanza di un reddito personale. È necessario fornire una prova rigorosa di uno stato di indigenza assoluta che coinvolge l’intero nucleo familiare e, al contempo, dimostrare che l’attività lavorativa non pregiudica in alcun modo le esigenze di controllo e sicurezza che sono alla base della misura cautelare. La decisione finale spetta sempre al giudice, che deve operare un attento bilanciamento tra il diritto al sostentamento e la tutela della collettività.

È possibile lavorare durante gli arresti domiciliari?
Sì, ma non è un diritto. È un’eccezione che il giudice può concedere solo se vengono soddisfatte condizioni molto rigorose, valutando caso per caso.

Qual è il requisito economico per ottenere l’autorizzazione al lavoro?
La persona richiedente deve dimostrare di trovarsi in uno stato di ‘assoluta indigenza’. La valutazione di tale stato è molto severa e tiene conto della situazione economica dell’intero nucleo familiare, non solo di quella del singolo individuo.

Quali altri fattori valuta il giudice oltre allo stato di bisogno economico?
Il giudice deve verificare che l’attività lavorativa (orari, luogo, mansioni) sia compatibile con le esigenze cautelari. Ciò significa che il lavoro non deve compromettere la possibilità di controllo da parte delle forze dell’ordine né aumentare il rischio che la persona commetta altri reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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