Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 33700 Anno 2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 4 Num. 33700 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 828/2025
NOME COGNOME
UP – 25/09/2025
NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza pronunciata il 18 febbraio 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso per la inammissibilitˆ del ricorso;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, del foro di Milano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata;
Con sentenza del 18 febbraio 2025, emessa in esito al giudizio abbreviato, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui allÕart. 186, commi 2 lett. b) e 2-, cod. strada, condannandolo alla pena di un mese, quindici giorni di arresto ed euro 1.500 di ammenda.
La pena è stata quindi sostituita, ai sensi del comma 9della giˆ menzionata disposizione, con i lavori di pubblica utilitˆ, per la durata di 102 ore (ovvero 51 giorni) senza limiti di orario, ad eccezione di quello inderogabile delle otto ore giornaliere.
Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione della legge penale in quanto la previsione dellÕobbligo di otto ore lavorative giornaliere, assai più gravoso della sanzione contenuta nel decreto opposto, non è accompagnata da alcuna motivazione, in contrasto con gli artt. 132 cod. pen., 533 cod. proc. pen. e 111 Cost.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione dellÕart. 54 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, poichŽ la sostituzione della pena con lÕobbligo di 8 ore di lavoro giornaliere necessitava di una specifica richiesta del ricorrente, nel caso di specie mancata.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
Il ricorso è inammissibile, poichŽ in parte aspecifico ed in parte proposto per motivi manifestamente infondati.
1.1. Quanto al primo motivo, come pure osservato dal Sostituto Procuratore generale, dalla lettura del provvedimento impugnato emerge chiaramente che in sede di opposizione a decreto penale il Tribunale, su richiesta dellÕCOGNOME, ha sostituito la pena con il lavoro di pubblica utilitˆ per la durata di 102 ore, pari a 51 giorni.
Sostituzione avvenuta applicando il criterio di ragguaglio Ð dunque con un mero calcolo – di cui al comma 9dellÕart. 186 cod. strada, il quale, in deroga
a quanto previsto dall’art. 54 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, prevede che il lavoro di pubblica utilitˆ ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilitˆ.
Quanto alla durata giornaliera della prestazione, la sentenza impugnata ha affermato che non pu˜ comunque oltrepassare le otto ore, come espressamente previsto dal comma 4 del citato art. 54 (analoga previsione è contenuta nel comma 2 dellÕart. 56legge 24 novembre 1981, n. 689).
SicchŽ, la doglianza con cui si lamenta il difetto assoluto di motivazione con riguardo ad una “pena cos’ severa come l’obbligo di 8 ore di lavoro giornaliere” (p. 4 ricorso) appare manifestamente infondata.
Il ricorrente, oltre a richiamare una pronuncia che riguarda il diverso tema della motivazione degli aumenti di pena art. 81 cod. pen. (Sez. 3, ord. n. 10395 del 25/02/2021), pone in evidenza, inoltre, l’aggravio della sanzione rispetto a quella contenuta nel decreto opposto.
Secondo la giurisprudenza di legittimitˆ (Sez. 3, n. 20261 del 18/03/2014, Luzzana, Rv. 259648 – 01) il decreto penale di condanna, una volta che sia stato ritualmente opposto, perde la sua natura di condanna anticipata e l’unico effetto che produce è quello di introdurre un giudizio del tutto autonomo.
La opposizione, quindi, determina la chiusura della fase monitoria e l’apertura del giudizio in contraddittorio, in cui il giudice di merito non verifica la fondatezza del decreto penale, ma accerta i fatti contestati all’imputato (Sez. 4, n. 12358 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 278918 – 01).
Ne consegue che, ai sensi dell’art. 464, comma 4, cod. proc. pen., il giudice pu˜ applicare una pena anche diversa e più grave di quella fissata nel decreto penale di condanna.
La doglianza appare inoltre aspecifica, non essendo in alcun modo indicate le ragioni concrete che avrebbero invece dovuto orientare verso un più favorevole trattamento sanzionatorio.
1.2. Quanto al secondo motivo il ricorrente deduce che la sentenza impone l’obbligo di svolgere otto ore di lavoro giornaliere senza il suo consenso.
Oltre a quanto giˆ osservato, occorre sottolineare che, per espressa previsione normativa, la sostituzione di cui al comma 9dellÕart. 186 cod. strada, pu˜ essere effettuata se non vi è opposizione da parte dell’imputato.
é stato quindi affermato, e va qui ribadito, che ai fini della sostituzione della pena detentiva o pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilitˆ, ai sensi dell’art. 186, comma 9, cod. strada, è sufficiente la mancata opposizione da parte dell’imputato, non essendo necessaria la sua espressa adesione, in alcun
modo richiesta (Sez. 4, n. 24295 del 17/04/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 58485 del 10/10/2018, COGNOME, Rv. 274882 Ð 01).
Stante lÕinammissibilitˆ del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilitˆ (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Cos’ deciso in Roma, il 25 settembre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME