Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30712 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30712 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a COSENZA il 13/12/1966
avverso la sentenza del 11/09/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.G.
rilevato che, con due motivi di ricorso, NOME COGNOME ha dedotto: a) il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 131-bis, cod. pen. (dolendosi, in particolare, del diniego in ordine al riconoscimento della speciale causa di non punibilità, frutto di un’erronea e travisata dinamica degli eventi, non avendo i giudici correttamente valutato le modalità della condotta, l’esiguità del danno o del pericolo ed il grado di colpevolezza, basando il diniego unicamente sulla sussistenza della gravità del fatto senza motivare sul punto); b) il vizio di motivazione in relazione all’istruttoria svolta ai fini del riconoscimento dell’imputato con riferimento alla commissione del reato ascritto (dolendosi, in particolare, del giudizio di condanna, pur non essendosi risaliti alla certa individuazione del ricorrente quale autore del lancio dei fumogeni, indicato come autore solo perché indossava una felpa nera con dei ota: jeans; si osserva che nessuno dit testi sentiti avrebbe riconosciuto il ricorrente nell’autore del lancio, rectius, in uno dei tre soggetti che avevano lanciato i fumogeni; i giudici avrebbero travisato le dichiarazioni di un testimone, il Salerno, il quale avrebbe riconosciuto il ricorrente non come autori del lancio, ma come soggetti presenti nel fermo immagine della INDIRIZZO sugli spalti; non vi sarebbe stata poi alcuna situazione di pericolo, non essendovi stati, diversamente da quanto affermato in sentenza, né tafferugli né scontri tra i tifosi; non risponderebbe al vero che i tre steward avrebbero riconosciuto il ricorrente come autore del lancio, in realtà riconosciuto solo come un tifoso presente sugli spalti, con conseguente violazione del principio dell’ogni oltre ragionevole dubbict ritenuto che i motivi di ricorso proposti dalla difesa sono inammissibili in quanto entrambi riproducono profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici e di merito e non scanditi da specifica criticità delle argomentazioni a base della sentenza impugnata, prefigurando peraltro una rivalutazione e rilettura alternativa delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, e comunque manifestamente infondati perché inerenti ad asserita contraddittorietà motivazionale non emergente dal provvedimento impugnato (si v., in particolare, le considerazioni espresse alle pagg. 3/5 della sentenza impugnata, che, con argomentazioni immuni dai denunciati vizi, chiariscono le ragioni per le quali il quadro probatorio consentiva di ritenere provata la responsabilità dell’imputato e la sua identificazione come uno degli autori del lancio dei fumogeni; si legge, in particolare, in sentenza, che il Salerno, istruttoria di polizia municipale, trovandosi all’esterno dello stadio notava tre soggetti lanciare fumogeni all’interno dello stadio
ed incamminarsi poi verso l’entrata, chiedendo al volontario COGNOME di seguirli a distanza per monitorarne il comportamento che appariva pericoloso; lo stesso COGNOME aveva poi riconosciuto nitidamente tre persone, tra cui l’attuale ricorrente, riconosciuto senza ombra di dubbio come uno di quelli che successivamente lanciava un fumogeno in campo; dai verbali di identificazione fotografica dell’Il marzo 2019 (avvenuto nel rispetto delle condizioni di legge, essendoti stati esibiti ai testi COGNOME e COGNOME Gatto 3 album composti da 12 fotogrammi dei tifosi, senza che fosse stato manifestato alcun dubbio da parte dei testi), poi, risulta che le fattezze fisiche del soggetto ripreso e quello riconosciuto dalla PG fossero quelle dell’attuale ricorrente; a ciò si aggiunge il dato che, all’ud. 14.04.2021, il teste COGNOME aveva dichiarato di essersi trovato all’interno della cabina di regia dello stadio e di aver visionato le immagini, riconoscendo il ricorrente come presente all’interno dello stadio a pochissimi metri; analogamente, il teste COGNOME quale steward, aveva visionato il video dei tafferugli, con esito positivo quanto al riconoscimentoi
Rilevato che si tratta, all’evidenza, di censure generiche per aspecificità in quanto riproducono, senza alcun apprezzabile elemento di novità critica, le i Aglianze svolte davanti ai giudici di appello, dovendosi, a tal proposito, ribadire vizio di “contraddittorietà processuale” (o “travisamento della prova”) vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merit dell’elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos, Rv. 283370 – 01); in realtà, alla luce dell’apparato argomentativo dianzi illustrato, non sono ravvisabili i dedotti vizi motivazionali, essendo stata raggiunta la prova dell’individuazione del ricorrente nell’autore del lancio del fumogeno; è, dunque, evidente che la difesa del ricorrente tenta di trascinare questa Corte, sotto l’apparente deduzione di vizi di violazione di legge o motivazionali, sul terreno del fatto, chiedendo in sostanza ai giudici di legittimità di procedere ad una rivalutazione degli elementi valutativi su cui i giudici di merito hanno proceduto alla individuazione del ricorrente, operazione, questa, del tutto incompatibile con il giudizio di legittimità. L’unico spazio per l’intervento di questa Corte rappresentato dal vizio motivazionale nel ragionamento giuridico seguito dal giudice del merito nella valutazione degli elementi di prova. Tuttavia, alla luce dell’apparato argomentativo, le censure della difesa sono smentite dalla linearità del percorso logico seguito dai giudici di merito nella sentenza impugnata. Deve essere, pertanto, in questa sede ribadito che l’illogicità della motivazione,
censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074 – 01);
ritenuto, poi, quanto al diniego della specie causa di non punibilità ex art. 131-bis, cod. pen.0 – motivo si presenta parimenti aspecifico, in quanto mostra di non confrontarsi con la motivazione svolta a pag. 5 della sentenza impugnata che ne giustifica la mancata applicazione per la particolare pericolosità della condotta descritta; si legge, in particolare, che le torce lanciate dai tre individui dalla strada adiacente al botteghino creavano molto fumo, così come nel loro punto di ricaduta, all’interno del campo di gioco, avrebbero potuto anche arrecare danno ai giocatori ed alla terna arbitrale che si apprestavano al ris duldamento precedente alla partita; sul punto, del tutto correttamente, i giudici .10 ,appello sottolineano come il semplice fatto che l’evento di danno non siasi verificato non impedisce di ritenere la condotta intrinsecamente pericolosa, e quindi penalmente punibile, essendo anticipata nei reati di pericolo la tutela del bene giuridico e la soglia di rilevanza penale della condotta; si tratta, all’evidenza, di motivazione che non merita alcuna censura, soprattutto alla luce dell’autorevole insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, che hanno affermato come ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 – 01); nella specie, il giudizio svolto dalla sentenza impugnata per escludere il riconoscimento della speciale causa di non punibilità è immune dai denunciati vizi, non rivestendo rilievo dirimente.bgr quanto sostenuto dalla difesa secondo cui i fatti si sarebbero verificati mezz’ora prima della gara e che il lancio avrebbe riguardato una zona degli spalti interdetta al pubblico senza dunque alcun pericolo per l’incolumità di terzi, trattandosi, all’evidenza, non solo di censure meramente in fatto, ma altresì smentite dalla sentenza impugnata che evidenzia come le torce lanciate fossero cadute all’interno del campo di gioco; a ciò va aggiunto che, attesa la natura di reato di pericolo del reato di cui all’art. 6-bis, I. n. 401 del 1989, la valutazione in ordine all’offesa al Corte di Cassazione – copia non ufficiale
bene giuridico protetto deve avvenire al momento della condotta secondo un giudizio prognostico
“ex ente”, essendo irrilevante l’assenza in concreto,
successivamente riscontrata, di qualsivoglia lesione (si v., per un’applicazione con riferimento ai reati di pericolo in materia antinfortunistica, Sez. 3, n. 23184 del
23/06/2020, Runco, Rv. 280158 – 01);
ritenuto, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 111 aprile 2025