Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28084 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28084 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Venezia il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste in data 15/05/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostitut Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni scritte presentate dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, il quale, nell’interesse di COGNOME, ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 15 maggio 2023, la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Pordenone in data 3 novembre 2021 con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di un anno di reclusione in quanto riconosciuto colpevole del delitto previsto dall’art. 617-bis, commi primo e secondo, cod. pen., per avere tenuto, fuori dai casi consentiti dalla legge, nell’autovettura da lui condotta – in un cassetto lato posto-guidatore – un disturbatore di frequenza c.d. jammer, in funzione, al fine di impedire le
comunicazioni telefoniche e via radio tra altre persone (ovvero le comunicazioni di NOME COGNOME seguito in auto dallo stesso COGNOME), con l’aggravante dell’aver commesso il fatto in danno di pubblici ufficiali nell’esercizio delle proprie funzioni, disturbando le comunicazioni via radio della pattuglia della volante del commissariato di Portogruaro composta dal sovrintendente capo COGNOME e dall’assistente capo COGNOME, allertati da COGNOME; fatti accertati in Portogruaro in data 30 maggio 2017.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la contraddittorietà della motivazione in relazione alla sussistenza del delitto previsto dall’art. 617-bis cod. pen., che si configurerebbe solo se l’installazione sia finalizzata a impedire comunicazioni fra persone diverse dall’agente. Nella fattispecie, il disturbo si sarebbe verificato esclusivamente nelle vicinanze dell’auto di COGNOME, quando l’auto della polizia giudiziaria vi si avvicinava, a dimostrazione che «Ilstallazione» era finalizzata a impedire che qualcuno potesse ascoltare quanto accadeva all’interno del suo veicolo. D’altra parte, il possesso dell’apparecchio, risultando in libera vendita, non costituirebbe in sé reato, in assenza di una perizia che ne accerti l’effettiva potenzialità a disturbare e/o impedire le comunicazioni fra persone diverse dall’agente.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il delitto di installazione di apparecchiature atte a intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni, previsto dall’art. 617-bis cod. pen., sanziona la condotta di chi predispone apparecchiature finalizzate a intercettare o impedire conversazioni telegrafiche o telefoniche altrui.
Secondo la giurisprudenza di legittimità esso si configura soltanto se l’installazione è finalizzata a intercettare o impedire comunicazioni tra persone diverse dall’agente. Pertanto, il delitto non ricorre nell’ipotesi in cui si utilizzi
jammer al fine di impedire lIntercettazione di comunicazioni, sia tra presenti che telefoniche, intrattenute dal soggetto che predispone l’apparecchio (Sez. 6, n. 39279 del 16/05/2018, Gulla’, Rv. 273768 – 01).
Inoltre, il delitto in parola si configura come un reato di pericolo che si perfeziona al momento della mera installazione degli apparecchi disturbatori di frequenze e, dunque, anche nel caso in ali essi non abbiano funzionato o non siano stati attivati (così Sez. 5, n. 1834 del 26/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282538 – 01; Sez. 5, n. 37557 del 12/05/2015, COGNOME, Rv. 265789 – 01; Sez. 2, n. 37710 del 24/09/2008, COGNOME, Rv. 241456 – 01).
2.1. Nel caso in esame, dalle annotazioni di polizia giudiziaria acquisite agli atti, è emerso che il 30 maggio 2017 COGNOME aveva occultato, nell’autovettura su cui viaggiava, un jammer, con il quale erano state disturbate le comunicazioni radio tra la centrale operativa della Questura di Portogruaro e la pattuglia che lo seguiva, allertata dalla segnalazione di un rappresentante di gioielli che aveva notato come l’autoveicolo dellImputato lo seguisse in modo sospetto. E dal momento che tali comunicazioni radio risultavano tanto più disturbate quanto più la vettura in uso alla polizia giudiziaria si avvicinava al veicolo condotto dallImputato, le sentenze di merito hanno logicamente concluso che il jammer fosse stato attivato proprio per ostacolare eventuali comunicazioni tra le Forze di polizia che lo avessero avvicinato e la centrale operativa della Questura.
2.2. Tale motivazione, congrua e logica, è stata avversata dall’odierno ricorso mediante la mera prospettazione di una lettura alternativa del materiale probatorio, ipotizzando, senza peraltro offrire alcun riscontro alla tesi difensiva, che il disturbatore fosse finalizzato a impedire che taluno potesse ascoltare quanto accadeva allInterno dell’auto dellImputato. Né può ritenersi fondata l’argomentazione difensiva che evidenzia il mancato esperimento di una perizia volta ad accertare l’effettivo funzionamento del dispositivo de quo, tenuto conto di quanto riferito dai testi in ordine all’accentuarsi dell’effetto di disturbo mano mano che il veicolo degli operanti si avvicinava alla vettura condotta dallImputato. Circostanza, questa, che ha logicamente condotto i Giudici di merito ad affermare l’effettivo funzionamento del jammer.
Il secondo motivo, con cui il ricorso lamenta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è parimenti inammissibile.
3.1. Va premesso che l’applicazione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare una mitigazione del trattamento sanzionatorio, pervenendo alla determinazione di una pena più adeguata in rapporto alla gravità del fatto e alla personalità dell’imputato. Ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifichi gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della
fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del benefico (Sez. 3, n. 54179 del 17/07/2018, D., Rv. 275440 – 01; Sez. 3, n. 9836 del 17111/2015, dep. 2016, Piliero, Rv. 266460 – 01).
3.2. Nel caso di specie, invero, la richiesta era stata fondata unicamente sul fatto che COGNOME avesse prestato il proprio consenso all’acquisizione di dichiarazioni predibattimentali ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen.; condotta processuale che, tuttavia, è stata ritenuta, non illogicamente, la mera espressione di una strategia difensiva, sicché la stessa non è stata considerata meritevole di positivo apprezzamento (Sez. 2, n. 22 del 24/11/2021, dep. 2022, Rv. 282509 02; Sez. 3, n. 19155 del 15/04/2021, Rv. 281879 – 03). Al contempo, la valutazione compiuta dalla Corte territoriale ha valorizzato le particolari modalità della condotta, atteso che il reato è stato commesso durante l’espiazione di una condanna in regime di detenzione domiciliare da parte dell’imputato; nonché i non modesti precedenti penali di COGNOME, sicché anche sotto tale profilo le censure si connotano in termini di manifesta infondatezza oltre che di aspecificità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dellinammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in :3.000,00 euro.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 10 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Pregidentel