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IVA importazione Turchia: Cassazione annulla sequestro

Un’imbarcazione importata dalla Turchia era stata sequestrata per presunta evasione dell’IVA all’importazione. La Corte di Cassazione ha annullato il sequestro, chiarendo che in virtù dell’unione doganale UE-Turchia, i beni accompagnati da certificato A.TR sono considerati in libera circolazione e non sono soggetti a IVA all’importazione (un “diritto di confine”), ma solo all’IVA interna al momento dell’effettivo consumo. La decisione si fonda sulla distinzione cruciale tra le due tipologie di imposta nel contesto specifico delle merci provenienti dal territorio dell’unione doganale.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

IVA importazione Turchia: la Cassazione fa chiarezza e annulla un sequestro

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25823/2025, ha offerto un’importante chiarificazione sul regime dell’IVA importazione Turchia, stabilendo un principio fondamentale per tutti gli operatori che importano beni da questo Paese. La decisione, che ha portato all’annullamento del sequestro preventivo di un’imbarcazione da diporto, ruota attorno alla natura giuridica dei beni in libera circolazione nell’unione doganale UE-Turchia e alla corretta interpretazione delle norme tributarie e penali.

I Fatti del Caso: Il Sequestro di un’Imbarcazione

Il caso ha origine dal sequestro di un’imbarcazione da diporto, battente bandiera extracomunitaria, giunta in un porto italiano direttamente dalla Turchia. Le autorità avevano contestato al legale rappresentante della società armatrice la violazione dell’art. 292 del d.P.R. 43/1973 (Testo Unico delle Leggi Doganali), per aver sottratto il bene al pagamento dei diritti di confine, in particolare l’IVA all’importazione. Sia il Giudice per le Indagini Preliminari che, in un secondo momento, il Tribunale del Riesame avevano confermato la misura cautelare, ritenendo che l’ingresso fisico del bene nel territorio italiano facesse sorgere automaticamente l’obbligazione tributaria relativa all’IVA.

L’Unione Doganale e il ruolo della IVA importazione Turchia

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basando la sua difesa su un argomento cruciale: l’esistenza dell’unione doganale tra l’Unione Europea e la Turchia. Secondo la tesi difensiva, un bene regolarmente sdoganato e immesso in libera pratica in Turchia acquisisce lo status di merce comunitaria. Questo status, attestato dal certificato di circolazione A.TR, impedisce che il bene possa essere considerato ‘importato’ da un Paese terzo al suo ingresso in uno Stato membro dell’UE come l’Italia. Di conseguenza, non sarebbe dovuta l’IVA all’importazione, che è un ‘diritto di confine’, ma semmai l’IVA interna, dovuta solo al momento dell’effettiva ‘immissione in consumo’ del bene.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente la tesi difensiva, annullando senza rinvio l’ordinanza di sequestro. I giudici hanno riconosciuto che il Tribunale del Riesame aveva errato nel non considerare la specificità del quadro normativo che regola i rapporti doganali tra UE e Turchia.

Le Motivazioni

La Corte ha articolato il suo ragionamento su alcuni punti cardine. In primo luogo, ha riaffermato che, sebbene la Turchia non sia uno Stato membro dell’UE, è parte integrante dell’Unione Doganale. In virtù di accordi specifici (l’Accordo di Ankara e le successive decisioni), le merci immesse in libera pratica in Turchia devono essere considerate in libera circolazione in tutto il mercato interno europeo. L’ingresso fisico in Italia di un tale bene non costituisce ‘importazione’ ai sensi dell’art. 67 d.P.R. 633/1972.

Il certificato A.TR, anche se prodotto in giudizio dopo il sequestro, è stato ritenuto la prova documentale di tale status. L’assolvimento dei diritti doganali in Turchia esaurisce gli obblighi relativi ai ‘diritti di confine’. Di conseguenza, l’IVA che sorge all’ingresso in Italia non è l’IVA ‘all’importazione’ (legata al passaggio della frontiera), ma l’IVA ‘interna’ o ‘conseguente all’importazione’, la cui esigibilità è legata all’immissione in consumo del bene. Poiché il reato contestato era la sottrazione al pagamento dei diritti di confine, e l’IVA all’importazione in questo specifico caso non era qualificabile come tale, è venuto meno il presupposto stesso del reato. La condotta, pertanto, è stata ritenuta penalmente irrilevante ai fini della contestazione mossa.

Conclusioni

Questa sentenza ha implicazioni pratiche di notevole rilievo. Stabilisce con chiarezza che i beni provenienti dalla Turchia, se accompagnati da certificato A.TR, non sono soggetti a IVA all’importazione al loro ingresso nell’UE. Questo non significa che l’IVA non sia dovuta, ma che la sua natura e il momento della sua esigibilità cambiano radicalmente. L’obbligo di versamento sorge solo con l’immissione in consumo, e la sua eventuale evasione non configura il reato di contrabbando doganale, ma altre fattispecie tributarie. Una vittoria per la certezza del diritto e una guida fondamentale per gli operatori economici che intrattengono scambi commerciali con la Turchia.

Un bene proveniente dalla Turchia è soggetto a IVA all’importazione quando entra in Italia?
No. Se il bene è stato regolarmente immesso in libera pratica in Turchia e questo status è attestato dal certificato di circolazione A.TR, non è soggetto a IVA all’importazione, la quale è un ‘diritto di confine’. Sarà invece soggetto all’IVA interna al momento della sua ‘immissione in consumo’ nel territorio dell’Unione.

Qual è il valore del certificato di circolazione A.TR nel contesto dell’unione doganale UE-Turchia?
Il certificato A.TR è il documento che prova che le merci sono in libera circolazione all’interno dell’unione doganale UE-Turchia. La sua presentazione attesta il regolare assolvimento dei diritti di confine in Turchia e permette al bene di circolare liberamente nel mercato interno dell’Unione senza essere soggetto a ulteriori dazi o IVA all’importazione.

L’evasione dell’IVA su un bene importato dalla Turchia con certificato A.TR costituisce il reato di contrabbando?
No. Secondo la sentenza, poiché l’IVA all’importazione (qualificata come ‘diritto di confine’) non è dovuta per i beni in libera pratica provenienti dalla Turchia, la sua mancata corresponsione all’ingresso fisico in Italia non può integrare il reato di sottrazione del bene al pagamento dei diritti di confine, in quanto manca il presupposto stesso del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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