Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25823 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25823 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/03/2025
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
COGNOME NOME
Presidente –
Sent. n. sez. 507/2025
ALDO ACETO
Relatore –
CC – 21/03/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 39742/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
Presutti NOME Rosario nato a CAMPOBASSO il 16/09/1967
avverso l’ordinanza del 24/09/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di Campobasso
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio, con l’adozione di ogni provvedimento consequenziale;
udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha concluso riportandosi ai motivi e chiedendo lÕaccoglimento del ricorso.
1.NOME COGNOME ricorre, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE per lÕannullamento dellÕordinanza del 24 settembre 2024 del Tribunale di Campobasso che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto del 31 agosto 2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Larino che ha convalidato il sequestro preventivo dellÕimbarcazione da
diporto Reborn effettuato dÕurgenza dalla polizia giudiziaria perchŽ ritenuta cosa pertinente al reato di cui allÕart. 292 d.P.R. n. 43 del 1973, in relazione agli artt. 1, 60, e 70 d.P.R. n. 633 del 1972, e ne ha contestualmente disposto il sequestro onde evitare il pericolo che la libera disponibilitˆ del bene potesse protrarre le conseguenze del reato.
1.1.Con il primo motivo lamenta la mancata valutazione dellÕeccezione difensiva relativa alla omessa valutazione autonoma, da parte del Giudice per le indagini preliminari, del nonchŽ la nullitˆ del decreto di sequestro, ai sensi dellÕart. 125, comma 3, cod. proc. pen., e la illegittima integrazione della motivazione da parte del Tribunale del riesame.
Deduce, in particolare, che il decreto di sequestro appare frutto del totale appiattimento sulle evidenze indicate dal Pubblico ministero a loro volta poggianti esclusivamente sulla comunicazione della notizia di reato della Guardia di Finanza. EÕ sufficiente rilevare – prosegue – che il GIP aveva richiamato istituti, come la immissione temporanea per diciotto mesi, del tutto inconferenti rispetto allÕacquisto dellÕimbarcazione da un paese extra UE per il quale esiste un accordo doganale che abolisce i dazi. Tale vuoto motivazionale non poteva essere colmato dal Tribunale del riesame che avrebbe invece dovuto dichiarare la nullitˆ del decreto. Ed invece, a fronte della dedotta violazione, il Tribunale del riesame ha provveduto alla totale riscrittura del titolo cautelare (ri)parametrandolo alla sola sottrazione del pagamento dellÕIVA allÕimportazione.
1.2.Con il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 321 cod. proc. pen., 292 d.P.R. n. 43 del 1973, 8e 68 d.P.R. n. 633 del 1972, 4, 5 e 6, della Decisione della Commissione Europea n. 1/06 in esecuzione dellÕAccordo di unione doganale UE-Turchia per effetto del quale nessun dazio o diritto di confine deve essere corrisposto allÕimportazione di un bene dalla Turchia nel territorio unionale, sicchŽ lÕespletamento delle formalitˆ doganali di importazione avviene allÕatto dellÕesportazione. Si tratta, inoltre, di importazione non imponibile ai fini dellÕimposta sul valore aggiunto.
Il Tribunale ha disatteso le deduzioni difensive sul rilievo (errato) che lÕIVA è esigibile al momento (e a causa) dellÕingresso fisico del bene nel territorio dellÕUnione non essendo mai stata assolta lÕimposta in precedenza. In tal modo è stato fatto malgoverno dellÕart. 4 del citato Accordo e della Decisione n. 1/2006. La societˆ MCM aveva espletato tutte la formalitˆ doganali di importazione alla frontiera turca conseguendo la convalida del documento di libera pratica in data 28 giugno 2024 e il certificato A.TR. prontamente rilasciato dalla Dogana Turca il 6 settembre 2024. Tali adempimenti sono stati letteralmente ignorati. La nave, manifestamente destinata ad uso commerciale turistico, è stata acquistata per essere adibita alla locazione turistica internazionale da effettuarsi lungo le coste non solo della Croazia, ma anche dellÕAlbania e del Montenegro. A tal fine, la
societˆ proprietaria aveva provveduto ad attestarne la condizione della navigazione Òin alto mareÓ nei modi e nelle forme previsti dagli artt. 8e 68 d.P.R. n. 633 del 1972. La ricorrente precisa che lÕutilizzo della nave, ancorchŽ con ingresso in porti di Paesi esteri, rientra a pieno titolo nella nozione di navigazione in Òalto mareÓ, sicchŽ erra lÕordinanza impugnata allorquando ritiene sufficiente, a fini impositivi, lÕingresso fisico della nave nel territorio italiano.
1.3.Con il terzo motivo deduce lÕerronea applicazione dellÕart. 321, comma 2, cod. proc. pen. in relazione alla sussistenza del erroneamente ritenuto in considerazione della natura permanente del reato di cui allÕart. 70 d.P.R. n. 633 del 1972 tuttavia non configurabile nel caso di specie per le ragioni illustrate nel secondo motivo che escludono la qualificazione della sequestrata come intrinsecamente abusiva. LÕobbligazione tributaria, nel caso di specie, non è ma personale, a carico del soggetto passivo del rapporto, non del detentore del bene, nel caso di specie una societˆ ed una persona fisica solide dal punto di vista finanziario.
2.Il ricorso è fondato.
3.Si contesta al ricorrente, nella sua qualitˆ, la violazione degli artt. 1, 67 e 70 d.P.R. n. 633 del 1972 e 292 d.P.R. n. 43 del 1973 per aver sottratto al pagamento dei diritti di confine (IVA comunitaria allÕimportazione) lÕimbarcazione Reborn battente bandiera extracomunitaria delle Isole Kitts e Nevis (Piccole Antille) giunta nel porto di Termoli il 14 luglio 2024 proveniente direttamente dal porto turco di Tuzia. Il 28 agosto 2024, la Guardia di Finanza aveva effettuato il sequestro preventivo dÕurgenza dellÕimbarcazione sul rilievo che a quella data non era stata ancora espletata alcuna pratica doganale, essendo il porto di Termoli il primo approdo nel territorio dellÕUnione.
3.1.Il Giudice per le indagini preliminari aveva convalidato il sequestro osservando, quanto alla sufficienza indiziaria, che Çl’imbarcazione in questione, di proprietˆ di un armatore residente in territorio comunitario, non poteva essere assoggettata al regime di immissione temporanea che le avrebbe lasciato un margine di 18 mesi per gli adempimenti fiscali era approdata nel porto di Termoli il 14/07/2024, senza effettuare le formalitˆ per l’immissione in libera pratica, sottraendosi al pagamento dei diritti di confine (Iva comunitaria e dazi doganali allÕimportazione)È, aggiungendo, quanto al che Çla libera disponibilitˆ dell’imbarcazione, con possibile ulteriore utilizzo da parte
dell’indagato, protrarrebbe il reato stante l’assenza della necessaria autorizzazione allÕutilizzoÈ.
3.2.Il ricorrente se ne duole deducendo la totale mancanza di autonoma valutazione delle esigenze cautelari e degli indizi del reato lamentando che il Tribunale del riesame non avrebbe potuto integrare la motivazione mancante sul punto. Si sostiene, in particolare, che Çla mancata valutazione autonoma da parte del giudice della cautela aveva determinato il richiamo ad istituti quali l’immissione temporanea per 18 mesi assolutamente inconferenti rispetto all’acquisto dell’imbarcazione da un paese extra UE per il quale esiste un accordo doganale che abolisce i daziÈ.
3.3.Il rilievo è infondato e intrinsecamente contraddittorio.
3.4.La motivazione errata non è, allÕevidenza, una Ònon motivazioneÓ, nŽ di certo pu˜ di per sŽ costituire prova della acritica adesione del giudice alla domanda cautelare la condivisione della qualificazione giuridica del fatto proposta dallÕinquirente, soprattutto nei casi, come quello di specie, in cui il fatto materiale non è in contestazione, la sua qualificazione non appariva infondata e la decisione del giudice si muoveva nellÕambito di una interlocuzione unilaterale con il Pubblico ministero senza alcuna possibilitˆ di avvalersi di contributi e punti di vista diversi come invece ha potuto fare il Tribunale del riesame che ha deciso allÕesito di un contraddittorio pieno sulla regiudicanda cautelare (pur errando a sua volta).
3.5.Stando cos’ le cose, lÕerrore del giudice della cautela poteva certamente essere emendato dal Tribunale del riesame il quale, come noto, pu˜ confermare il provvedimento impugnato anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso (art. 309, comma 9, cod. proc. pen.; nel senso che, in sede di riesame del sequestro preventivo, è legittima la decisione con la quale il tribunale conferma il relativo decreto per ragioni non coincidenti con quelle che lo sorreggono, in quanto, data la natura interamente devolutiva del citato mezzo di gravame, il Tribunale, da un lato, ha il potere di sottoporre a nuovo scrutinio l’atto di impulso del P.M. e, dall’altro, pur non potendo supplire con argomentazioni proprie a carenze motivazionali del provvedimento impugnato di portata tale da renderlo giuridicamente inesistente, è tuttavia abilitato a modificarne e integrarne la struttura logica nei termini ritenuti meglio rispondenti allo scopo legittimamente perseguito in concreto dall’organo di accusa, Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239694 – 01; nello stesso senso, S.U., 29 maggio 2008 n. 25933, COGNOME, non massimata sul punto; Sez. 2, 7 marzo 2007 n. 11940, COGNOME, non massimata).
3.6.Ed invero, anche a seguito delle modifiche apportate dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 all’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., il potere-dovere del tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento
impugnato non opera nelle sole ipotesi di motivazione mancante sotto il profilo grafico, apparente o inesistente per inadeguatezza normativa, quale quella in cui il primo giudice si sia limitato ad una sterile rassegna delle fonti di prova a carico dell’indagato, in assenza di qualsiasi riferimento contenutistico e di enucleazione degli specifici elementi reputati indizianti (Sez. 5, n. 643 del 06/12/2017, COGNOME, Rv. 271925 – 01; Sez. 2, n. 46136 del 28/10/2015, COGNOME, Rv. 265212 – 01; Sez. 5, n. 3581 del 15/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266050 – 01).
4.ƒ invece fondato e assorbente il secondo motivo.
4.1.La vicenda storica è incontestata: lÕimbarcazione sequestrata era stata importata in Turchia ed era stata iscritta nei registri italiani navali in data 8 agosto 2024 senza alcun versamento dellÕIva allÕimportazione, imposta che, secondo il Tribunale del riesame, andava invece versata per le seguenti ragioni:
4.2.lÕimportazione di un bene è fatto costitutivo dellÕobbligazione tributaria che impone al soggetto passivo il versamento dellÕimposta sul valore aggiunto (art. 1 d.P.R. n. 633 del 1972);
4.3.a norma dellÕart. 67, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 633 del 1972, costituiscono importazioni le operazioni di immissione in libera pratica dei beni introdotti nel territorio dello Stato che siano originari da Paesi o territori non compresi nel territorio della Comunitˆ e che non siano stati giˆ immessi in libera pratica in altro Paese membro della Comunitˆ medesima ovvero che siano provenienti dai territori da considerarsi esclusi dalla Comunitˆ a norma dellÕart. 7 d.P.R. n. 633;
4.4.per le merci soggette a diritti di confine il presupposto dell’obbligazione tributaria è costituito, relativamente alle merci estere, dalla loro destinazione al consumo entro il territorio doganale; le navi, ad esclusione di quelle da diporto, costruite all’estero o provenienti da bandiera estera si intendono destinate al consumo nel territorio doganale quando vengono iscritte nelle matricole tenute dagli uffici di compartimento marittimo, sedi di direzione marittima di cui allÕart. 146 Cod. nav. (art. 36 d.P.R. n. 43 del 1973, applicabile );
4.5.lÕimbarcazione è stata iscritta nei pubblici registri italiani lÕ8 agosto 2024 e ha ottenuto la licenza per lÕattivitˆ commerciale di locazione di unitˆ di diporto;
4.6.in nessun altro Stato membro dellÕUnione è stato assolto il debito IVA;
4.7.trattandosi di IVA allÕimportazione, il fatto generatore dellÕimposta è la fisica importazione del bene ed il suo ingresso materiale nel territorio italiano, essendo irrilevante che lÕoperazione sia avvenuta nellÕambito dellÕUnione doganale dellÕEuropa con la Turchia, non potendo lÕIVA allÕimportazione essere confusa con lÕIVA intracomunitaria (la specificitˆ dellÕIVA allÕimportazione si desume, sostiene il Tribunale, dallÕart. 70 d.P.R. n. 633 del 1972 e dallÕart. 201 del Regolamento doganale della Comunitˆ Europea n. 2913 del 12/10/1992);
4.8.il fatto costitutivo dellÕobbligazione, dunque, non si identifica in una cessione di beni bens’ nella mera introduzione fisica (importazione) nel territorio italiano (e dunque dellÕUnione) di un bene che non ha mai scontato lÕimposta sul valore aggiunto;
4.9.altrimenti ragionando, verrebbe vulnerata la paritˆ di condizioni fra gli operatori economici garantita allÕinterno dellÕUnione Europea che sarebbe alterata dalla possibilitˆ di introdurre beni ad un costo inferiore (per il mancato pagamento dellÕIVA) rispetto ad altri;
4.10.trattandosi di IVA allÕimportazione sono inapplicabili le esenzioni previste dagli artt. 8-bis, comma 1, lett. e), e 68 d.P.R. n. 633 del 1972, senza considerare che in alcun modo emerge che lÕimbarcazione era destinata ad attivitˆ commerciale di navigazione in alto mare, laddove la dichiarazione nautica attestante le condizioni dellÕesenzione è intervenuta solo il 6 settembre 2024, dopo il sequestro.
5.Le considerazioni del Tribunale del riesame non sono conformi al quadro normativo che disciplina i rapporti doganali tra lÕUnione Europea e la Turchia.
5.1.Con l’Accordo istitutivo di un’Associazione tra la Comunitˆ Economica Europea e la Turchia con Protocolli e Atto finale, firmati in Ankara il 12 settembre 1963 (cd. ÇAccordo di AnkaraÈ, ratificato in Italia dalla legge n. 959 del 1964), è stata istituita, nellÕottica di una futura partecipazione della Turchia alla CEE, una immediata Associazione tra la Comunitˆ Economica Europea e la Turchia (art. 1) finalizzata alla progressiva istituzione di una unione doganale tra la Turchia e la Comunitˆ scandita da una fase preparatoria, una fase transitoria ed una fase definitiva (art. 2, par. 3). La fase preparatoria non avrebbe dovuto durare più di cinque anni (art. 3, par. 2), quella transitoria più di dodici (art. 4, par. 2). La fase definitiva è basata sull’unione doganale (art. 5). Ai sensi dellÕart. 10, par. 2, dellÕAccordo, ÇÕunione doganale comporta: il divieto, tra gli Stati membri della Comunitˆ e la Turchia sia all’importazione che all’esportazione, dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente, delle restrizioni quantitative, nonchŽ di qualsiasi altra misura di effetto equivalente intesa ad assicurare alla produzione nazionale una protezione contraria agli obiettivi dellÕAccordo; nelle relazioni tra la Turchia ed i Paesi terzi, la adozione della tariffa doganale comune della Comunitˆ, nonchŽ un riavvicinamento alle altre regolamentazioni applicate dalla Comunitˆ in materia di commercio esteroÈ.
5.2.Per il raggiungimento degli obiettivi fissati dallÕAccordo fu istituito un Consiglio di associazione (artt. 6 e 22 dellÕAccordo) composto, da un lato, da membri dei Governi degli Stati membri, del Consiglio e della Commissione della Comunitˆ, e, dall’altro, da membri del Governo turco (art. 23). Il Consiglio ha il compito di prendere le decisioni del caso, quando si riveli necessaria un’azione
comune delle parti contraenti per conseguire, nell’attuazione del regime di Associazione, uno degli obiettivi dellÕAccordo (art. 22), dirime le controversie tra le parti contraenti relative all’applicazione o all’interpretazione dell’Accordo e concernente la Comunitˆ, uno Stato della Comunitˆ o la Turchia cos’ come pu˜ ugualmente decidere di sottoporre la controversia alla Corte di giustizia delle Comunitˆ Europee o ad ogni altro organo giurisdizionale esistente (art. 25). Il Consiglio pu˜ costituire qualunque comitato qualificato ad assisterlo nell’adempimento dei suoi compiti e in particolare un comitato che assicuri la continuitˆ di cooperazione necessaria al buon funzionamento dellÕAccordo (art. 24).
5.3.Con decisione n. 2/69 del 15 dicembre 1969, il Consiglio aveva istituito il Comitato di cooperazione doganale.
5.4.Il 22 dicembre 1995 il Consiglio di associazione ha adottato la decisione n. 1/95 il cui art. 3, comma 3, stabilisce che Çil territorio doganale dell’unione doganale è costituito dal territorio doganale della Comunitˆ, quale definito all’articolo 3 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario; – dal territorio doganale della TurchiaÈ. Il secondo comma precisa che Çono considerate in libera pratica nella Comunitˆ o in Turchia le merci provenienti da paesi terzi per le quali sono state espletate le formalitˆ di importazione e sono stati pagati i dazi doganali o gli oneri di effetto equivalente esigibili nella Comunitˆ o in Turchia e che non hanno beneficiato di una restituzione totale o parziale di tali dazi o oneriÈ.
5.5.Per effetto dellÕart. 4 della decisione, in coerente conseguenza della costituzione dellÕunione doganale, i dazi doganali all’importazione o all’esportazione e gli oneri di effetto equivalente sono stati totalmente aboliti fra la Comunitˆ e la Turchia dalla data di entrata in vigore della decisione stessa. Di conseguenza, la Comunitˆ Economica Europea e la Turchia si sarebbero astenute dall’introdurre nuovi dazi doganali all’importazione e all’esportazione oppure oneri di effetto equivalente. LÕart. 4 precisa che Çali disposizioni si applicano anche ai dazi doganali di natura fiscaleÈ. Ai sensi dellÕart. 1, lett. b), dellÕAllegato 7 della decisione, per Çdazi doganaliÈ s’intendono tutti i dazi, le imposte, i diritti o gli altri oneri riscossi nei territori delle parti contraenti in applicazione della legislazione doganale, esclusi i diritti e gli oneri il cui importo è limitato al costo approssimativo dei servizi resi.
5.6.In attuazione della decisione n. 1/95, il Comitato di cooperazione doganale ha adottato la decisione n. 1/2006 del 26 settembre 2006 il cui art. 5, per quanto qui rileva, stabilisce che Ç(É) la prova che sono soddisfatti i criteri per l’applicazione delle disposizioni sulla libera pratica contenute nella decisione di base è fornita su presentazione di un titolo giustificativo rilasciato a richiesta dell’esportatore dalle autoritˆ doganali della Turchia o di uno Stato membroÈ. Il
titolo giustificativo di cui all’articolo 5 è costituito dal certificato di circolazione A.TR che pu˜ essere utilizzato unicamente quando le merci sono trasportate direttamente tra le due parti dell’unione doganale (art. 6).
5.7.Il testo dellÕart. 4 della decisione 1/95 è chiaro nella parte in cui stabilisce lÕapplicazione della decisione stessa ai Çdazi doganali di natura fiscaleÈ. Altrettanto chiara è la definizione di Òdazi doganaliÓ fornita dallÕart. 1, lett. b), dellÕallegato 7 alla decisione.
5.8.LÕIVA allÕimportazione è un Òdiritto di confineÓ ai sensi dellÕart. 34 d.P.R. n. 43 del 1973 (applicabile ) per effetto del quale Çcostituiscono “diritti di confine”: i dazi di importazione e quelli di esportazione, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione previsti dai regolamenti comunitari e dalle relative norme di applicazione ed inoltre, per quanto concerne le merci in importazione, i diritti di monopolio, le sovrimposte di confine ed ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello StatoÈ.
5.9.LÕart. 36 d.P.R. n. 43, cit., stabilisce che, per le merci soggette a diritti di confine, il presupposto dell’obbligazione tributaria è costituito, relativamente alle merci estere, dalla loro destinazione al consumo entro il territorio doganale (primo comma) e precisa che le navi, ad esclusione di quelle da diporto, si intendono destinate al consumo nel territorio doganale quando vengono iscritte nelle matricole di cui allÕart. 146 cod. nav.
5.10.Gli artt. 34 e 36 sono stati abrogati, insieme con lÕintero d.P.R. n. 43 del 1973, dallÕart. 8, d.lgs. 26/09/2024, n. 141, recante disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi.
5.11.LÕart. 27 dellÕAllegato 1 del d.lgs. n. 141 cit. stabilisce che sono diritti doganali tutti quei diritti che lÕAgenzia delle Dogane è tenuta a riscuotere in forza di vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea o da disposizioni di legge (primo comma) e precisa che fra i diritti doganali costituiscono diritti di confine, oltre ai dazi all’importazione e all’esportazione previsti dalla normativa unionale, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione, i diritti di monopolio, le accise, l’imposta sul valore aggiunto e ogni altra imposta di consumo, dovuta all’atto dell’importazione, a favore dello Stato (secondo comma). LÕIVA, precisa il terzo comma, non costituisce diritto di confine nei casi di: a) immissione in libera pratica di merci senza assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto per successiva immissione in consumo in altro Stato membro dell’Unione europea; b) immissione in libera pratica di merci senza assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto e vincolo a un regime di deposito diverso dal deposito doganale.
5.12.LÕimposta sul valore aggiunto allÕimportazione è, dunque, un Òdiritto di confineÓ (in tal senso, Sez. 3, n. 4978 del 13/01/2022, COGNOME, Rv. 282921 – 01, che richiama, in motivazione, numerosi precedenti conformi; nel senso che l’IVA all’importazione rientra nel novero dei “diritti di confine” di cui all’art. 34 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, nella formulazione antecedente all’introduzione dell’art. 27, comma 2, d.lgs. 26 settembre 2024, n. 141, che l’ha espressamente previsto e, pur essendo estranea all’obbligazione doganale, dev’essere corrisposta in occasione delle operazioni doganali, perchŽ soggetta alle disposizioni in materia, sicchŽ la sua evasione, configurando il delitto di cui all’art. 292 d.P.R. cit., legittima il sequestro preventivo funzionale alla confisca prevista dal successivo art. 301, cfr., da ultimo, Sez. 3, n. 43140 del 14/10/2024, Avonto, Rv. 287188 – 01).
5.13.In passato, la giurisprudenza di legittimitˆ civile aveva dubitato della natura di Òdiritto di confineÓ dellÕIVA allÕimportazione siccome estranea allÕobbligazione doganale ai sensi dei punti 1, 2 e 18 dellÕart. 5 del Regolamento della Comunitˆ Europea n. 952 del 9 ottobre 2013 (Cass. civ., Sez. 5, n. 23674 del 24/09/2019, Rv. 655141 – 01; Cass. civ., Sez. 6-5, n. 30538 del 20/12/2017, Rv. 646992 – 01; Sez. 5, n. 16459 del 05/08/2016, Rv. 640656 – 01). LÕodierno dato testuale è inequivoco nella parte in cui qualifica lÕimposta sul valore aggiunto come Òdiritto di confineÓ ma resta valido un profilo della riflessione giurisprudenziale che sembra essere stato colto dal legislatore nazionale e che nasce dalla constatazione della possibile scissione, con un certo intervallo temporale, tra lÕIVA esigibile al momento della immissione in libera pratica del bene (al momento, cioè, della sua fisica importazione) e quella esigibile al momento della sua immissione al consumo: la prima (IVA allÕimportazione) è accertata, liquidata e riscossa dallÕautoritˆ doganale insieme con i diritti di confine (ai sensi dellÕart. 70, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972); la seconda (IVA conseguente allÕimportazione) è accertata, successivamente, dallÕAgenzia delle Entrate a seguito della immissione in consumo e non è un diritto di confine. Precisa, altres’, la Corte di cassazione che, pur nellÕunicitˆ dell’IVA alle importazioni e dell’IVA interna, vi è una profonda differenza strutturale e funzionale tra lÕuna (IVA allÕimportazione, che è riscossa al momento del passaggio in dogana) e lÕaltra (IVA conseguente allÕimportazione, che è riscossa al momento della immissione in consumo del bene), specificando che lÕart. 70 d.P.R. n. 633 del 1972 si applica solo alla prima, non alla seconda.
5.14.Si tratta di un ragionamento condivisibile perchŽ anche per il legislatore nazionale del 2024 lÕIVA non riscossa al momento dellÕimmissione in libera pratica non è un diritto di confine quando il bene è destinato ad essere immesso in consumo in un altro Stato dellÕUnione.
5.15.In questo contesto si colloca la vicenda tuttÕaffatto peculiare dei beni regolarmente immessi in libera pratica in Turchia ma immessi in consumo nel
territorio dellÕUnione Europea. La peculiaritˆ sta nel fatto che: a) lÕingresso materiale nel territorio comunitario del bene immesso in libera pratica in Turchia non pu˜ essere considerato unÕimportazione ai sensi dellÕart. 67 d.P.R. n. 633 del 1972 perchŽ, come detto, pur non essendo Stato membro dellÕUnione Europea, la Turchia è parte integrante dellÕUnione doganale, sicchŽ, una volta immesso in libera pratica in Turchia, il bene acquista la posizione doganale di merce comunitaria, in libera circolazione in tutto il mercato interno; b) lÕimmissione in consumo del bene nel territorio dellÕUnione Europea costituisce fatto eventuale ma necessariamente successivo alla sua immissione in libera pratica nel territorio Turco.
5.16.Pertanto, il bene regolarmente immesso in libera pratica in Turchia e accompagnato, come nel caso di specie, dal certificato di circolazione A.TR (che attesta il regolare assolvimento dei diritti di confine) non è soggetto a ulteriori diritti di confine, nŽ in Italia, nŽ nei paesi dellÕUnione e, dunque, nŽ a dazi, nŽ allÕimposta sul valore aggiunto allÕimportazione. Questo non vuol dire che il bene sia sottratto allÕIVA (interna) conseguente allÕimportazione ma certo è, che nel caso del bene regolarmente immesso in libera pratica in Turchia, la scissione temporale con lÕimmissione in consumo costituisce evenienza peculiare e tuttavia fisiologica (non potendo, come detto, la Turchia esigere il pagamento dellÕIVA allÕimportazione) con conseguente impossibilitˆ di qualificare lÕIVA come Òdiritto di confineÓ e di applicare lÕart. 70 d.P.R. n. 633 del 1972.
5.17.Vero è che nel caso in esame il certificato A.TR è stato rilasciato su richiesta della ricorrente solo dopo il sequestro; tuttavia, il documento è stato sottoposto allÕattenzione dei Giudici del riesame che non hanno questionato sulla genuinitˆ del documento stesso (che, come detto, attesta lÕassolvimento dei diritti di confine allÕingresso del bene nel territorio doganale della Turchia e, dunque, nel territorio dellÕunione doganale) nŽ sulla natura fraudolenta dellÕintera operazione. Pertanto, che il bene sia stato sdoganato in Turchia e siano stati colˆ assolti i diritti di confine è questione estranea alla e, allo stato, alla stessa rilevanza penale della condotta.
5.18.Il Tribunale, infatti, fa leva esclusivamente sulla specificitˆ dellÕIVA allÕimportazione siccome disciplinata dallÕart. 70 d.P.R. n. 633 del 1972 e dallÕart. 201 del Regolamento doganale della Comunitˆ Europea n. 2913 del 12/10/1992 (in realtˆ abrogato dal Regolamento n. 952/2013 che allÕart. 77 disciplina lÕobbligazione doganale allÕimportazione in termini sostanzialmente non dissimili) e osserva, in aggiunta, che altrimenti ragionando si creerebbe una sorta di privilegio a favore delle merci provenienti dalla Turchia che non sconterebbero mai lÕimposta sul valore aggiunto cui sono soggette le merci circolanti nellÕUnione.
5.19.LÕosservazione è, come detto, errata perchŽ, nel caso di regolare (e non fraudolenta) immissione in libera pratica di beni importati in Turchia (che – si ripete
– sono entrati nel territorio dellÕunione doganale tramite la Turchia e che vengono fisiologicamente e successivamente immessi al consumo nel territorio dellÕUnione Europea), lÕIVA allÕimportazione cessa di essere un Òdiritto di confineÓ ma non per questo non deve essere pagata al momento dellÕimmissione in consumo. Tale considerazione va coniugata con la rilevanza penale della condotta che giustifica il sequestro e che è stata qualificata dai Giudici della cautela come sottrazione del bene ai diritti di confine (art. 292 d.P.R. n. 43 del 1973, secondo il Giudice per le indagini preliminari) e/o allÕIVA allÕimportazione (art. 70 d.P.R. n. 633 del 1972, secondo il Tribunale del riesame); sicchŽ la domanda che occorre porsi è se tali diritti di confine (compresa lÕIVA allÕimportazione) fossero dovuti oppure no. La risposta, alla luce delle considerazioni che precedono, non pu˜ che essere negativa, sia perchŽ i diritti di confine erano stati definitivamente assolti in Turchia, sia perchŽ lÕIVA allÕimportazione non era dovuta (nŽ era esigibile), essendo dovuta solo lÕIVA conseguente allÕimportazione, con irrilevanza penale della condotta.
5.20.Pertanto, lÕordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio e con essa il decreto di sequestro preventivo del 31 agosto 2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Larino; lÕimbarcazione sequestrata deve essere restituita allÕavente diritto.
5.21.Restano assorbite le altre questioni dedotte.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonchŽ il decreto di sequestro in data 31/08/2024 e ordina il dissequestro e la restituzione all’avente diritto di quanto in sequestro.
Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dellÕart. 626 cod. proc. pen. Cos’ deciso in Roma, il 21/03/2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME