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IVA all’importazione e contrabbando: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43140/2024, ha stabilito che l’evasione dell’IVA all’importazione costituisce il reato di contrabbando. Il caso riguardava una società che aveva importato merce sottostimandone il valore per pagare meno imposte. La Corte ha qualificato l’IVA all’importazione come un ‘diritto di confine’, la cui evasione giustifica il sequestro preventivo della merce finalizzato alla confisca, rigettando la tesi difensiva che la considerava un mero tributo interno.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

IVA all’importazione e Contrabbando: la Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 43140 del 2024, ha affrontato una questione cruciale per gli operatori del commercio internazionale: la qualificazione giuridica dell’IVA all’importazione. Stabilendo che la sua evasione integra il reato di contrabbando, la Corte ha consolidato un orientamento dalle significative conseguenze penali e procedurali, legittimando misure severe come il sequestro della merce. Analizziamo la decisione per comprendere le ragioni e le implicazioni di questo importante principio.

I Fatti del Caso

Il procedimento trae origine da un’indagine su una società italiana che importava merce dalla Cina. Secondo l’accusa, la società, attraverso il suo legale rappresentante, aveva presentato in dogana documentazione commerciale falsa. Nello specifico, le fatture attestavano una condizione di resa FOB (Free on Board), in cui le spese di trasporto sono a carico dell’acquirente, mentre in realtà le operazioni erano avvenute in regime CFR (Cost and Freight), con trasporto già incluso nel prezzo pagato al venditore.
Questo stratagemma aveva lo scopo di dichiarare una base imponibile inferiore a quella reale, portando a un versamento ridotto sia dell’IVA all’importazione sia del contributo per la Stazione Sperimentale Cellulosa e Carta. Di conseguenza, l’autorità giudiziaria aveva disposto il sequestro preventivo della merce importata.

La Questione Giuridica: IVA come Diritto di Confine o Tributo Interno?

Il cuore del ricorso si basava sulla natura giuridica dell’IVA all’importazione. La difesa sosteneva che l’IVA, anche se riscossa in dogana, dovesse essere considerata un tributo interno, al pari dell’IVA applicata alle transazioni nazionali. Secondo questa tesi, la sua evasione non potrebbe configurare il reato di contrabbando doganale (previsto dal TULD, il Testo Unico delle Leggi Doganali), che punisce la sottrazione di merci al pagamento dei soli “diritti di confine”.
Se l’IVA fosse un tributo interno, la sua evasione costituirebbe un illecito tributario, ma non giustificherebbe una misura penale come il sequestro della merce finalizzato alla confisca. Si sarebbe trattato, insomma, di un debito verso l’erario, non di un crimine doganale. La Cassazione è stata quindi chiamata a risolvere il contrasto giurisprudenziale esistente tra due orientamenti opposti.

Le Motivazioni della Cassazione sull’IVA all’importazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, aderendo all’orientamento che qualifica l’IVA all’importazione come un diritto di confine. Le motivazioni si fondano su diversi pilastri argomentativi.

1. L’Interpretazione Letterale dell’Art. 34 TULD: La Corte ha dato peso decisivo al tenore letterale dell’art. 34 del Testo Unico delle Leggi Doganali. Questa norma, nella sua formulazione applicabile ai fatti, definisce i “diritti di confine” non solo come i dazi in senso stretto, ma anche come “ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato”. L’IVA, essendo un’imposta generale sul consumo, rientra pienamente in questa definizione quando la sua riscossione è legata al fatto generatore dell’importazione.

2. La Continuità con la Giurisprudenza Prevalente: Pur riconoscendo l’esistenza di un filone interpretativo contrario, la Cassazione ha scelto di dare continuità all’orientamento, anche espresso in ambito civile, che equipara la sottrazione dell’IVA in dogana alla sottrazione di un vero e proprio diritto doganale. Questo orientamento considera l’evasione di tale imposta come una minaccia diretta agli interessi economici e fiscali dello Stato e dell’Unione Europea legati al controllo dei flussi di merci transfrontalieri.

3. Il Ruolo della Nuova Normativa: La difesa aveva evidenziato che una recente riforma fiscale (d.lgs. 141/2024) ha esplicitamente inserito l’IVA all’importazione nel novero dei diritti di confine. Secondo il ricorrente, ciò dimostrerebbe che prima della riforma non lo fosse. La Cassazione ha ribaltato questa lettura, interpretando la modifica non come un’innovazione, ma come una norma di chiarificazione. Il legislatore, secondo la Corte, ha voluto semplicemente consolidare e rendere inequivocabile l’approdo interpretativo già raggiunto dalla giurisprudenza maggioritaria, convalidandone la correttezza.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza: l’evasione dell’IVA all’importazione è contrabbando. Questa qualificazione comporta conseguenze penali molto più gravi rispetto a un semplice illecito tributario. La condotta non si esaurisce in un mero omesso versamento, ma viene inquadrata in un reato doganale che giustifica l’applicazione di misure cautelari reali, come il sequestro preventivo della merce, che è considerata il corpo del reato o il profitto di esso. Tale sequestro è funzionale alla confisca definitiva dei beni. Per le aziende che operano nel settore dell’import/export, questa decisione ribadisce la necessità della massima diligenza e trasparenza nelle dichiarazioni doganali, poiché le conseguenze di una sottrazione d’imposta vanno ben oltre le sanzioni amministrative, investendo la sfera penale con effetti potenzialmente devastanti sull’attività d’impresa.

L’evasione dell’IVA all’importazione costituisce il reato di contrabbando?
Sì. Secondo la sentenza, l’IVA all’importazione rientra nella categoria dei “diritti di confine” e la sua evasione integra il delitto di contrabbando, in quanto si tratta di un’imposta sul consumo a favore dello Stato riscossa in occasione dell’operazione doganale.

Perché l’IVA all’importazione viene considerata un “diritto di confine” ai fini penali?
La Corte la considera tale sulla base dell’interpretazione dell’art. 34 del Testo Unico delle Leggi Doganali (TULD), che definisce i diritti di confine includendo, oltre ai dazi, “ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato”. Poiché l’IVA è un’imposta sul consumo, quando è riscossa all’atto dell’importazione, assume la natura di diritto di confine.

La recente riforma fiscale che classifica l’IVA all’importazione come diritto di confine cambia la legge o la chiarisce?
Secondo la Cassazione, la nuova normativa (d.lgs. n. 141 del 2024) non introduce una novità, ma ha una funzione di chiarificazione. Conferma e consolida l’orientamento giurisprudenziale già prevalente che considerava l’IVA all’importazione un diritto di confine, risolvendo i precedenti contrasti interpretativi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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