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Istigazione alla corruzione: quando l’offerta è reato

Una donna è stata condannata per istigazione alla corruzione per aver offerto regali a un agente di polizia in cambio di informazioni riservate. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, specificando che il reato si configura anche con una proposta generica, purché seria e capace di turbare psicologicamente il pubblico ufficiale. La valutazione della Corte ha tenuto conto anche del profilo criminale dell’imputata, escludendo la particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Istigazione alla Corruzione: L’Offerta al Pubblico Ufficiale è Reato Anche se Vaga

Il reato di istigazione alla corruzione, disciplinato dall’articolo 322 del codice penale, rappresenta un presidio fondamentale per la tutela del buon andamento e dell’imparzialità della Pubblica Amministrazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13340 del 2025, torna a delineare con precisione i confini di questa fattispecie, chiarendo quando una semplice offerta, anche se generica e non quantificata, sia sufficiente a integrare il delitto. Analizziamo la vicenda per comprendere i principi di diritto affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: Una Proposta Durante un Incontro Casuale

Il caso ha origine da un incontro casuale tra una donna e un appuntato dei Carabinieri. Durante la conversazione, la donna offriva all’agente e a sua moglie dei regali in cambio di informazioni riservate su eventuali perquisizioni o altre attività investigative programmate nei confronti suoi o della sua famiglia. A seguito di questo episodio, la donna veniva condannata in primo e secondo grado per il reato di istigazione alla corruzione. La difesa, tuttavia, proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che l’offerta fosse troppo generica e non seria, e che comunque non avesse concretamente turbato il pubblico ufficiale, il quale l’aveva ritenuta fin da subito inaccoglibile.

I Motivi del Ricorso e l’analisi sull’istigazione alla corruzione

La difesa dell’imputata ha articolato il ricorso su cinque punti principali:

1. Mancanza di serietà della proposta: Si sosteneva che la Corte d’Appello non avesse valutato correttamente la testimonianza dell’agente, il quale non sembrava certo della serietà dell’offerta.
2. Genericità dell’offerta: La natura vaga della promessa avrebbe dovuto portare all’esclusione del reato.
3. Inoffensività della condotta: L’offerta non avrebbe causato un reale turbamento psicologico nel pubblico ufficiale.
4. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Si chiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., data la presunta scarsa gravità del comportamento.
5. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si lamentava il diniego delle attenuanti ex art. 62-bis c.p.

La Decisione della Cassazione: Quando si configura l’istigazione alla corruzione?

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna e cogliendo l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia.

La Serietà e Concretezza dell’Offerta non Richiedono Dettagli

I giudici hanno chiarito che, per integrare il reato di istigazione alla corruzione, è sufficiente una semplice offerta o promessa, purché sia caratterizzata da adeguata serietà e sia in grado di generare un turbamento psicologico nel pubblico ufficiale. Non è necessario che l’offerta sia dettagliata, che specifichi l’utilità promessa o che quantifichi una somma di denaro. Ciò che conta è la prospettazione di uno scambio illecito. Nel caso di specie, l’offerta proveniva da una persona con precedenti penali e sottoposta a misure di prevenzione, rivolta a un agente che sapeva essere in grado di fornirle le informazioni desiderate. Questo contesto rendeva la proposta tutt’altro che generica o non seria. Il fatto che l’agente l’abbia rifiutata per la propria integrità professionale non diminuisce la potenziale idoneità dell’offerta a raggiungere il suo scopo, valutata con un giudizio ex ante.

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

La Corte ha ritenuto manifestamente infondata la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p. La sentenza impugnata aveva correttamente motivato il diniego sulla base dello “spessore criminale” dell’imputata e della finalità della sua condotta: cercare di “procurarsi una talpa” all’interno delle forze dell’ordine. Un simile comportamento è stato giudicato di gravità tale da non poter essere considerato di particolare tenuità.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche il motivo relativo alle attenuanti generiche è stato respinto. La Corte ha osservato che i giudici di merito avevano già tenuto conto della modesta gravità del fatto (avvenuto in un incontro casuale) applicando l’attenuante specifica dell’art. 323-bis c.p. Non sussistevano, secondo la Corte, altri elementi positivi da valutare. In particolare, è stata respinta la tesi del basso livello culturale dell’imputata, poiché la promessa di regali a un agente di polizia per ottenere informazioni riservate è universalmente percepita come un fatto illecito, a prescindere dal grado di istruzione.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale che mira a proteggere la Pubblica Amministrazione da qualsiasi tentativo di interferenza illecita. Il bene giuridico tutelato dalla norma sull’istigazione alla corruzione non è solo l’effettivo compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio, ma anche il prestigio, l’imparzialità e la correttezza della funzione pubblica. Per questo motivo, il reato si perfeziona con la sola offerta seria e potenzialmente idonea, indipendentemente dalla reazione del pubblico ufficiale. La valutazione della serietà e dell’idoneità non deve basarsi sull’esito della proposta, ma sulle circostanze esistenti al momento in cui essa viene formulata. La Corte ha sottolineato come la condotta dell’imputata, per il suo profilo soggettivo e per l’obiettivo perseguito, rappresentasse un attacco significativo a questi valori.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza riafferma che il delitto di istigazione alla corruzione è un reato di pericolo che non richiede né l’accettazione della proposta né una sua dettagliata formulazione. È sufficiente che la promessa sia seria e idonea a creare il rischio che il pubblico ufficiale possa cedere. La decisione evidenzia anche come la valutazione della gravità del fatto, ai fini dell’applicazione di istituti come la particolare tenuità o le attenuanti generiche, debba tenere conto non solo delle modalità della condotta, ma anche della personalità dell’autore del reato e del fine ultimo della sua azione.

Perché si configuri il reato di istigazione alla corruzione, l’offerta deve essere dettagliata e indicare una somma di denaro specifica?
No, la Cassazione ha ribadito che è sufficiente la semplice offerta o promessa, purché sia seria e in grado di turbare psicologicamente il pubblico ufficiale, senza che sia necessario specificare l’utilità o quantificare il denaro.

Se un pubblico ufficiale ritiene l’offerta ‘inaccoglibile’ fin da subito, il reato di istigazione alla corruzione sussiste comunque?
Sì, il reato sussiste. L’idoneità dell’offerta a conseguire lo scopo va valutata con un giudizio “ex ante” (cioè dal punto di vista di chi la fa, al momento in cui la fa). L’integrità del pubblico ufficiale che la rifiuta non rende la condotta inoffensiva né esclude il reato.

È possibile ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) per questo reato?
In linea di principio è possibile, ma nel caso specifico è stata negata. La Corte ha ritenuto che il tentativo di ‘infiltrare una talpa’ nelle forze dell’ordine e lo ‘spessore criminale’ dell’imputata fossero elementi che indicavano una gravità del fatto non trascurabile, ostativa all’applicazione del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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