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Istigazione alla corruzione: quando il reato non sussiste

Una donna era stata condannata per istigazione alla corruzione per aver offerto una somma di denaro a un funzionario INPS al fine di favorire la figlia in un concorso. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna, stabilendo che il reato non sussiste se il pubblico ufficiale non ha la concreta possibilità, neppure di fatto, di compiere l’atto illecito richiesto, rendendo l’offerta inidonea a ledere il bene protetto.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Istigazione alla Corruzione: Quando l’Offerta a un Pubblico Ufficiale Non È Reato

L’istigazione alla corruzione rappresenta uno dei reati più insidiosi contro la Pubblica Amministrazione, poiché mira a minare l’imparzialità e il corretto funzionamento delle istituzioni. Tuttavia, non ogni offerta indebita a un funzionario pubblico integra automaticamente questo delitto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 14014/2024) ha fornito un chiarimento fondamentale: il reato non sussiste se il pubblico ufficiale non ha la concreta capacità di compiere l’atto richiesto. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: L’Offerta di Denaro per un Concorso

Il caso riguardava una donna, condannata in primo e secondo grado, per aver tentato di corrompere un funzionario dell’INPS. La donna aveva offerto la somma di 2.000 euro al funzionario, responsabile di un’unità organizzativa locale, affinché si ‘interessasse’ alla procedura di selezione per avvocati esterni all’ente, a cui partecipava la figlia dell’imputata.

Il funzionario, tuttavia, non solo non aveva accettato l’offerta, ma si era immediatamente attivato per denunciare il fatto alle autorità e consegnare la somma di denaro ricevuta. Nonostante ciò, i giudici di merito avevano ritenuto configurato il delitto di istigazione alla corruzione, condannando la donna.

L’Istigazione alla Corruzione e la Decisione della Cassazione

La difesa dell’imputata ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo un punto cruciale: il funzionario a cui era stata fatta l’offerta non aveva alcuna competenza né potere di influenza sulla procedura di selezione. La valutazione delle domande e la formazione della graduatoria erano di competenza esclusiva di una Commissione centrale, con sede a Roma, che operava sulla base di criteri selettivi rigidi e predeterminati.

Accogliendo questa tesi, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna senza rinvio, con la formula ‘perché il fatto non sussiste’. La Suprema Corte, pur riconoscendo la materialità dell’offerta di denaro, ha stabilito che mancava un presupposto essenziale per la configurabilità del reato.

Le Motivazioni: L’Impossibilità di Influire del Pubblico Ufficiale

Il cuore della decisione risiede nel concetto di ‘serietà’ e ‘idoneità’ dell’offerta. Secondo la Cassazione, affinché si configuri il reato di istigazione alla corruzione, non è sufficiente una generica offerta a un soggetto che riveste la qualifica di pubblico ufficiale. È indispensabile che l’atto illecito richiesto rientri, almeno potenzialmente, nella sfera di competenza o di influenza del funzionario.

I giudici hanno chiarito che l’azione delittuosa deve essere in grado di porre in concreto pericolo il bene giuridico protetto dalla norma, ovvero il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione. Nel caso di specie, questa pericolosità era assente fin dall’inizio. Il funzionario locale non avrebbe potuto in alcun modo, né formalmente né di fatto, intervenire per alterare l’esito del concorso gestito centralmente. La sua posizione era del tutto estranea alla procedura concorsuale.

Di conseguenza, l’offerta, sebbene moralmente riprovevole, era penalmente irrilevante perché ‘inidonea’ a conseguire lo scopo perseguito. Mancava l’idoneità potenziale dell’offerta a scatenare il compimento dell’atto contrario ai doveri d’ufficio, data l’impossibilità oggettiva del pubblico ufficiale di tenerlo. La Corte ha anche escluso la possibilità di riqualificare il fatto come traffico di influenze illecite, poiché questo reato richiede un accordo tra le parti, che qui non c’è mai stato data l’immediata denuncia del funzionario.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio di diritto di fondamentale importanza pratica. Per poter parlare di istigazione alla corruzione, l’accusa deve dimostrare non solo l’offerta, ma anche che il destinatario di tale offerta fosse un soggetto concretamente in grado di ‘vendere la propria funzione’. Non basta la mera appartenenza all’ente pubblico; è necessaria una connessione funzionale tra il soggetto, l’atto richiesto e la somma offerta. Un’offerta fatta a un funzionario incompetente è un tentativo inidoneo, che non può essere punito. La decisione traccia una linea netta tra un comportamento penalmente rilevante e un maldestro tentativo privo di effettiva offensività, rafforzando il principio di materialità e concretezza nel diritto penale.

Quando un’offerta di denaro a un pubblico ufficiale non costituisce istigazione alla corruzione?
Secondo la sentenza, non si configura il reato di istigazione alla corruzione quando il pubblico ufficiale non ha la competenza né la concreta possibilità, neppure di fatto, di compiere l’atto illecito richiesto. L’offerta deve essere ‘seria’ e potenzialmente idonea a ledere il bene giuridico tutelato, cosa che non accade se il funzionario è oggettivamente impossibilitato ad agire come richiesto.

Perché il fatto che il pubblico ufficiale lavori nello stesso ente non è sufficiente a configurare il reato?
La mera appartenenza allo stesso ente non basta. È necessario verificare l’ambito delle competenze specifiche dell’ufficio del soggetto e la sua sfera di relazioni operative. Se l’atto richiesto esula completamente dalle sue funzioni e dalla sua capacità di influenza, l’offerta non è penalmente rilevante ai fini della corruzione.

Qual è la differenza tra istigazione alla corruzione e traffico di influenze illecite in questo caso?
L’istigazione alla corruzione è un’offerta unilaterale per un atto dell’ufficio, esclusa in questo caso per l’impossibilità dell’atto. Il traffico di influenze illecite, invece, presuppone un accordo bilaterale in cui una persona si fa pagare per mediare illecitamente presso un pubblico ufficiale. Poiché l’offerta è stata unilaterale e immediatamente denunciata, è mancata l’attivazione bilaterale dei soggetti, necessaria anche solo per configurare un tentativo di tale reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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