Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26601 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26601 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1538/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 20/02/2025 del TRIBUNALE RIESAME di Piacenza;
vista la requisitoria del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il provvedimento di sequestro ha ad oggetto un determinato profilo Youtube ed alcune storie o post pubblicati sul social Instagram ed Ł stato realizzato mediante oscuramento.
La vicenda procedimentale che riguarda NOME COGNOME (cantante di musica trap) ruota intorno ad una contestazione provvisoria di istigazione a delinquere (art.414 cod.pen.) che sarebbe stata realizzata mediante la pubblicazione di post e video – da parte dell’indagato – tesi ad esaltare l’uso della violenza, il possesso di armi e il commercio delle sostanze stupefacenti.
Secondo il Tribunale, che analizza la prospettazione difensiva tesa ad escludere il fumus del reato contestato, non vi Ł alcuna contraddizione tra il mantenimento del sequestro preventivo e l’archiviazione di un procedimento che vedeva il Mohamed indagato per concorso in tentato omicidio. L’istigazione Ł punita in via generale e non riguarda necessariamente il rapporto con un fatto specifico.
Inoltre viene evidenziato che la decisione del GIP non si limita ad illustrare i contenuti dei video ma ne apprezza le ricadute concrete in termini di offensività. I video sono stati pubblicati su un profilo social aperto al pubblico e seguito da molti utenti, il che crea le condizioni per la punibilità dei contenuti. D’altra parte viene precisato che anche le canzoni, ove contenenti espliciti messaggi minacciosi o violenti, possono essere uno strumento di
realizzazione della condotta istigatoria.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge NOMECOGNOME Il ricorso Ł affidato a due motivi.
2.1 Al primo motivo si deduce vizio di motivazione circa la ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti .
Secondo la difesa il Tribunale ha motivato la conferma del sequestro prendendo a riferimento un precedente di legittimità che riguarda l’apologìa e non la istigazione. In ogni caso la richiesta di archiviazione per il delitto di tentato omicidio inizialmente contestato – a titolo di concorso – al ricorrente renderebbe irragionevole il mantenimento del sequestro.
2.2 Al secondo motivo si deduce ulteriore vizio di motivazione e violazione di legge in riferimento alla ritenuta pericolosità dei contenuti dei video.
Oltre a riprendere gli argomenti di cui al primo motivo il ricorrente ritiene del tutto incongrua l’affermazione del Tribunale per cui vi sarebbe una intrinseca pericolosità del contenuto dei video. Si ripropone la tesi per cui le frasi contenute nelle canzoni non hanno alcun finalismo istigatorio ma sono frutto di autocelebrazione e ‘vanagloria di strada’, ricollegabili anche al particolare genere musicale. Da qui la considerazione per cui non potrebbe essere il profilo ‘aperto’ a determinare il rischio di incidenza delle canzoni su future condotte delittuose.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile perchØ proposto per motivi non consentiti.
Ed invero, in entrambi i motivi proposti si compie riferimento al vizio di motivazione, in un contesto procedimentale che vede il ricorso proponibile esclusivamente per violazione di legge.
Ed in ogni caso, pur volendo interpretare la prospettiva difensiva in termini di apparenza del supporto argomentativo, la deduzione Ł manifestamente infondata.
Come Ł noto, la limitazione legislativa dei motivi di ricorso per cassazione alla violazione di legge (art. 325 cod.proc.pen.) non rende, infatti, insindacabile l’apparato argomentativo posto a fondamento della decisione, posto che per costante orientamento interpretativo la violazione di legge ricomprende i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (tra le molte v. Sez. II n. 18951 del 14.3.2017, rv 269656).
Ma nel caso in esame il Tribunale si Ł espresso in termini comprensibili e aderenti alla contestazione provvisoria.
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità, in tema di qualificazione dello standard dimostrativo necessario al fine di ritenere integrato il presupposto applicativo del sequestro preventivo ha piø volte affermato che il Tribunale del riesame in materia di sequestro, pur non dovendo verificare la concreta fondatezza dell’accusa ha il dovere di operare un controllo non meramente cartolare in rapporto al fumus del reato ipotizzato (Sez. I n. 21736 del 11.5.2007, rv 236474; Sez. VI n. 16153 del 6.2.2014, rv 259337) ed in riferimento al caso concreto oggetto dell’incidente cautelare ed anche in riferimento all’eventuale difetto dell’elemento soggettivo, purchØ di immediato rilievo. E’ stato, dunque recepito – in tali arresti – il contenuto della decisione Corte Cost. n.153 del 2007, lì dove si era affermata la necessità di realizzare, sul tema del controllo giurisdizionale in punto di ricorrenza del fumus commissi delicti una verifica non meramente cartolare, includente l’esame dei dati indizianti in punto di ricorrenza dell’elemento psicologico del reato.
Ma nessuno dei profili evidenziati nel ricorso rende non comprensibile la motivazione, posto che il Tribunale ha ritenuto, in estrema sintesi, che alcuni dei contenuti dei video pubblicati dal ricorrente – di cui fornisce puntuale descrizione – abbiano un contenuto tale da integrare gli estremi della punibilità, in rapporto alla evocazione di azioni delittuose di prossimo compimento.
Non vi Ł, pertanto, alcun punto della decisione che possa essere oggetto di sindacato nella presente sede di legittimità, in rapporto alla attuale fase procedimentale.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 30/04/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME