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Istanza ripetitiva: quando è inammissibile in esecuzione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un condannato contro la revoca della sospensione condizionale della pena. La Corte stabilisce che una seconda istanza, identica a una precedente già rigettata, costituisce una istanza ripetitiva e deve essere dichiarata inammissibile se non vengono presentati nuovi elementi di fatto o nuove questioni di diritto. Il principio del ‘rebus sic stantibus’ impedisce di riesaminare all’infinito la stessa questione.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Istanza Ripetitiva: la Cassazione ribadisce i limiti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 24936 del 2025, offre un importante chiarimento sul concetto di istanza ripetitiva nel processo penale, in particolare nella fase di esecuzione della pena. Quando una richiesta al giudice può essere considerata una mera ripetizione di una precedente e, di conseguenza, dichiarata inammissibile? La pronuncia analizza il delicato equilibrio tra il diritto di difesa e la necessità di garantire la stabilità delle decisioni giudiziarie.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un uomo condannato a cui era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. Tale beneficio era subordinato allo svolgimento di un’attività non retribuita presso un’associazione di volontariato. In seguito a una nota dei carabinieri che attestava il mancato svolgimento di tale attività, il Tribunale di Siena revocava il beneficio.

L’interessato presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione per chiedere la revoca di tale provvedimento, sostenendo di aver in realtà svolto i lavori di pubblica utilità e producendo documentazione a supporto. Il Tribunale, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile. Non dandosi per vinto, il condannato presentava una seconda istanza, dal contenuto sostanzialmente identico alla prima. Anche questa veniva dichiarata inammissibile, proprio perché ritenuta una semplice riproposizione della precedente. È contro quest’ultima ordinanza che l’uomo ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte: l’inammissibilità dell’istanza ripetitiva

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione del Tribunale, basandosi su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Una volta che un provvedimento del giudice dell’esecuzione diventa definitivo, esso crea una preclusione che impedisce di ridiscutere lo stesso oggetto.

Questa preclusione, tuttavia, non è assoluta. Opera secondo il principio del rebus sic stantibus, ovvero ‘stando così le cose’. Ciò significa che la questione può essere riaperta solo se vengono presentati nuovi elementi di fatto (sopravvenuti o anche preesistenti ma non ancora valutati) o nuove questioni giuridiche.

Le Motivazioni

Nel caso di specie, la Corte ha osservato che il ricorrente non aveva introdotto alcun elemento di novità. La sua seconda istanza era una fotocopia della prima, già rigettata con un’ordinanza non impugnata e quindi divenuta definitiva. L’errore del condannato è stato quello di riproporre la medesima questione, basata sugli stessi documenti, senza contestare la fondatezza della prima declaratoria di inammissibilità.

La Corte ha inoltre sottolineato una discrepanza sostanziale: l’obbligo imposto per la sospensione condizionale riguardava un’attività di volontariato, mentre i documenti prodotti dal ricorrente si riferivano a un ‘lavoro di pubblica utilità in sostituzione della pena’ svolto presso la polizia municipale. Questa differenza, secondo i giudici, rendeva le prove fornite non pienamente compatibili con l’obbligo violato.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce una regola processuale fondamentale: non è possibile ‘tentare la sorte’ ripresentando all’infinito la stessa istanza al giudice dell’esecuzione. Per superare la preclusione di una decisione già presa, è indispensabile che la nuova richiesta sia fondata su elementi concretamente nuovi, siano essi fatti non ancora esaminati o argomentazioni giuridiche non precedentemente svolte. In assenza di tali novità, l’istanza sarà correttamente dichiarata inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Cos’è una istanza ripetitiva nel processo penale?
È una richiesta presentata al giudice dell’esecuzione che ripropone una questione già decisa con un provvedimento divenuto definitivo, senza introdurre nuovi elementi di fatto o nuove questioni di diritto. Secondo l’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale, il giudice può dichiararla inammissibile.

Una decisione del giudice dell’esecuzione può essere modificata?
Sì, ma solo in presenza di nuove circostanze. Il principio è quello del ‘rebus sic stantibus’: la decisione resta valida finché i presupposti di fatto e di diritto rimangono invariati. Se emergono fatti nuovi (anche preesistenti ma non valutati) o nuove questioni legali, è possibile chiedere un nuovo esame della situazione.

Perché nel caso specifico il ricorso è stato considerato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la seconda istanza presentata dal condannato era una mera riproposizione della prima, già dichiarata inammissibile con un provvedimento non impugnato. Il ricorrente non ha fornito alcun nuovo elemento fattuale o giuridico che potesse giustificare un riesame della questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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