Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8325 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8325 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NUORO il 12/12/1987 avverso l’ordinanza del 17/05/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di Sassari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo la Corte di appello di Sassari rigettava l’istanza presentata da NOME COGNOME finalizzata a ottenere la fungibilità tra il periodo di isolamento ‘di fatto’ patito durante la detenzione presso la casa circondariale di Macomer (dal 30 novembre 2010 al 16 giugno 2013) nonchØ quello sofferto, per motivi legati all’emergenza sanitaria da Covid-19, presso la Casa di reclusione di Alghero e la frazione detentiva che gli era stata applicata a titolo di isolamento diurno a seguito della condanna alla pena dell’ergastolo emessa dalla Corte di assise di appello di Cagliari in data 22 marzo 2016, irrevocabile il 20 settembre 2017.
A sostegno di tali conclusioni, la Corte territoriale poneva la differenza, riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità, all’uopo citata nel provvedimento, tra l’isolamento diurno previsto dall’art. 72 cod. pen. e quello cautelare, sanitario ovvero disciplinare previsti dagli artt. 33 e 38 l. n. 354 del 26 luglio 1975 (ord. pen.), nonchØ con quello di cui all’art. 41bis Ord. pen.
Avverso tale ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione degli artt. 33, 72 cod. pen. e 657 cod. proc. pen., limitatamente all’isolamento patito presso l’Istituto di pena di Macomer.
Lamenta che la decisione in esame risulterebbe sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivo conto delle ragioni che impediscono di detrarre dal regime dell’isolamento diurno il periodo di isolamento subito dal ricorrente, non essendosi tenuta in adeguata considerazione l’afflittività che connota i due regimi, tra loro perfettamente sovrapponibili per le modalità concrete, essendo stato il condannato sottoposto a un regime di separazione dagli altri condannati e di segregazione arbitrario, siccome non giustificato da motivi ovvero finalità di sicurezza ovvero sanitarie.
2.2. Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza dell’art. 666, comma 5, cod. proc. pen. in punto di mancata attivazione dei propri poteri istruttori e di applicazione del principio della cd ‘vicinanza della prova’.
La Corte avrebbe erroneamente posto a carco del ricorrente l’onere di provare il contenuto della domanda; ciò avrebbe fatto in violazione di principi della giurisprudenza nazionale e convenzionale (enucleati per la diversa materia del reclamo ai sensi dell’art. 35ter Ord. pen., ma da trasporsi al caso che ci occupa) secondo cui l’affermazione dell’istante deve considerarsi assistita da una presunzione di veridicità dei suoi contenuti e che Ł compito dell’amministrazione smentirla attraverso la produzione di elementi idonei.
A tal proposito, rileva il ricorrente che la pur disposta integrazione istruttoria sarebbe insoddisfacente poichØ la Casa circondariale di Macomer si Ł limitata ad indicare che Dessena si trovava in regime detentivo ordinario, senza specificare se lo stesso fosse quello della c.d. custodia aperta.
2.3. Con il terzo motivo lamenta l’apparenza della motivazione.
La Corte territoriale non ha chiarito le ragioni per le quali abbia reputato l’esperienza detentiva oggetto di ricorso quale «modalità di vita o disciplina carceraria» e prestato ossequio a quanto indicato nelle note del 27 dicembre 2023 e 11 aprile 2024 trasmesse dall’Amministrazione penitenziaria, invece contenenti informazioni laconiche e insufficienti a una esatta descrizione delle condizioni detentive nell’Istituto penitenziario di Macomer.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata il 28 ottobre 2024, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che deduce censure inammissibili e, in ogni caso, manifestamente infondate, dev’essere dichiarato inammissibile.
Al fine dello scrutinio dei motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la connessione logica delle questioni trattate, non Ł superfluo premettere che il regime detentivo dell’ergastolo con isolamento diurno, del quale si controverte con riferimento alla posizione di NOME COGNOME Ł disciplinato dall’art. 72 cod. pen. che, per ciò che qui rileva, al terzo comma, recita: «L’ergastolano condannato all’isolamento diurno partecipa all’attività lavorativa».
2.1. Fermo Ł nella giurisprudenza di legittimità l’orientamento ermeneutico – che qui si condivide e riafferma – secondo cui l’isolamento diurno Ł una misura sanzionatoria temporanea e suppletiva e non una modalità di esecuzione della pena, che si applica nelle ipotesi in cui il delitto punito con la pena dell’ergastolo concorre con altri reati sanzionati con pene detentive diverse da quella perpetua, che, in assenza di tale misura suppletiva, resterebbero impuniti.
Questa Corte ha già chiarito che «Non sussiste fungibilità tra il periodo di espiazione della pena in regime differenziato ai sensi dell’art. 41bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e la durata
dell’isolamento diurno inflitto con sentenza di condanna all’ergastolo, attesa la radicale differenza tra i due istituti, in quanto il primo incide soltanto sulle modalità di attuazione del regime detentivo, con sospensione delle regole ordinarie del trattamento, mentre il secondo ha natura di vera e propria sanzione penale» (Sez. 1, n. 52624 del 08/11/2017, COGNOME, Rv. 271597;Sez. 1, n. 31004 del 15/07/2009, Scaduto, Rv. 244834).
Del pari, «non si può riconoscere, ai fini dell’applicazione dell’art. 657 cod. proc. pen., la fungibilità tra il periodo di custodia cautelare trascorso in regime di grandissima sorveglianza e la durata dell’isolamento diurno inflitto con la sentenza di condanna definitiva alla pena dell’ergastolo, attesa la radicale differenza tra l’istituto dell’isolamento diurno, vera e propria sanzione penale e l’isolamento cautelare, modalità di custodia disposta per ragioni processuali o di sicurezza» (Sez. 1, n. 46218 del 14/09/2016, COGNOME, Rv. 26803;Sez. 1, n. 38647 del 18/09/2008, COGNOME, Rv. 241493).
2.2. Per le stesse ragioni – che poggiano sulla la radicale differenza esistente fra l’istituto dell’isolamento diurno, cui va riconosciuto il carattere di vera e propria sanzione penale, e l’isolamento cautelare, disciplinare ovvero sanitario – come correttamente chiarito nel provvedimento impugnato, con il quale il ricorrente non si confronta, non rileva, ai fini della rideterminazione del periodo di isolamento diurno in esame, il periodo di isolamento asseritamente patito dal condannato durante il regime detentivo presso la Casa di custodia di Macomer.
Sotto altro profilo, non può non rilevarsi come l’allegazione del ricorrente di avere patito un isolamento di fatto assimilabile a quello disciplinato dall’art. 72 cod. pen. Ł stata smentita dall’attività istruttoria svolta dal giudice dell’esecuzione, avendo l’Amministrazione penitenziaria escluso che questi fosse stato sottoposto ad un regime differenziati rispetto ad altri detenuti e che gli fossero state imposte limitazioni al diritto alla socialità, risultando sottoposto a regime penitenziario ordinario.
Il ricorso che, trascurando la motivazione della Corte territoriale, reitera censure a-specifiche e avversa in modo apodittico il contenuto delle informazioni fornite dall’Amministrazione penitenziaria, dev’essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 13/11/2024
Il Consigliere estensore
EVA TOSCANI
Il Presidente NOME COGNOME