Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31127 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31127 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato a Napoli il 17/11/1990,
avverso l’ordinanza del 08/04/2025 del Tribunale di sorveglianza di Torino.
Letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il 27 novembre 2024 il Magistrato di sorveglianza di Cuneo rigettava il reclamo proposto ai sensi dell’art. 35 ord. pen. da NOME COGNOME detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo con isolamento diurno per due anni e sei mesi e sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord. pen., avverso le modalità di esecuzione dell’isolamento diurno, con particolare riguardo alla chiusura del blindo ed al divieto di comunicare e scambiare il cibo con i compagni del proprio gruppo di socialità: dette modalità venivano ritenute afflittive, ma non in contrasto «con il senso di umanità e di rieducazione della pena, tenuto conto che, da un lato, il detenuto Ł quotidianamente sottoposto a controlli da parte del medico e non sono emerse problematiche sanitarie, e che, dall’altro, egli continua a fruire dei colloqui e delle telefonate con i familiari e della saletta socialità e delle ore di permanenza all’esterno, sebbene da solo, e può essere ammesso alle attività lavorative in isolamento oppure di istruzione / formazione con il solo docente».
Con l’ordinanza dell’8 aprile 2025 oggi impugnata, il Tribunale di sorveglianza di Torino rigettava il reclamo del condannato avverso il sopra indicato provvedimento, rilevando che non sussiste fungibilità tra l’isolamento diurno, che ha carattere di vera e propria sanzione penale che si aggiunge alla pena dell’ergastolo, e l’espiazione della pena nel regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord. pen., che incide solo sulle modalità di attuazione del regime detentivo, ed evidenziando tanto che l’COGNOME Ł sottoposto a costanti controlli sanitari, quanto che gli Ł stato concesso di partecipare ad attività lavorative, di studio e di lettura, pur se senza contatto con gli altri compagni di detenzione.
Avverso l’ordinanza da ultimo indicata ha proposto tempestivo ricorso il difensore di fiducia dell’COGNOME, Avv. NOME COGNOME deducendo vizio di motivazione e
violazione di legge.
Si duole della «evidente genericità» della motivazione con la quale l’ordinanza impugnata ha ritenuto legittima, in quanto conforme alla normativa vigente, l’esecuzione dell’isolamento in «forma pienamente segregativa (blindo chiuso, divieto di interazione e di scambio di cibo con altri detenuti del suo gruppo di socialità) senza svolgere alcuna valutazione concreta sulle condizioni effettive di detenzione del ricorrente, nØ sul cumulo tra regime di cui all’art. 41 bis o.p. e isolamento diurno»: in particolare, il Tribunale di sorveglianza avrebbe omesso di considerare la durata e l’incidenza dell’isolamento sulla condizione psicofisica del detenuto, la possibilità di esecuzione in forma meno afflittiva, in linea con i principi di personalizzazione e di umanità della pena che impongono di bilanciare le esigenze detentive e la tutela dei diritti fondamentali, la sostanziale ed illegittima duplicazione sanzionatoria, la circostanza che l’Abbinante non sia mai stato sottoposto ai prescritti controlli giornalieri da parte di un medico e di un componente del gruppo di osservazione.
Deduce, altresì, che dall’art. 73 del d.P.R. n. 230 del 2000 si ricava che il divieto di comunicare riguarda esclusivamente i sottoposti all’isolamento come sanzione disciplinare, e non anche i sottoposti all’isolamento diurno.
Deduce infine l’omessa motivazione in relazione ai provvedimenti di altri tribunali di sorveglianza depositati nell’udienza camerale, che hanno dichiarato illegittime le prescrizioni inerenti la chiusura del blindo, il divieto di comunicare con altri compagni e il passaggio di generi alimentari.
Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile, poichØ fondato su motivi «integralmente privi di specificità in tutte le loro articolazioni (in quanto essenzialmente reiterativi di doglianze già esaminate e non accolte dal Tribunale di Sorveglianza), e comunque del tutto assertivi, poichØ il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione dell’ordinanza impugnata».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
L’isolamento diurno Ł previsto dall’art. 72 cod. pen., ai sensi del quale «Al colpevole di piø delitti, ciascuno dei quali importa la pena dell’ergastolo, si applica la detta pena con l’isolamento diurno da sei mesi a tre anni. Nel caso di concorso di un delitto che importa la pena dell’ergastolo, con uno o piø delitti che importano pene detentive temporanee per un tempo complessivo superiore a cinque anni, si applica la pena dell’ergastolo con l’isolamento diurno per un periodo di tempo da due a diciotto mesi. L’ergastolano condannato all’isolamento diurno partecipa all’attività lavorativa».
Come ripetutamente chiarito da questa Corte (cfr., tra le piø recenti, Sez. 1, n. 37886 del 27/06/2024, COGNOME, Rv. 287079 – 01), si tratta di una sanzione penale temporanea aggiuntiva alla pena perpetua, conseguente al cumulo tra un reato punito con l’ergastolo ed uno o piø ulteriori reati puniti con la pena perpetua o con pene detentive temporaneeper un tempo complessivo superiore a cinque anni: l’isolamento diurno riveste, invero, funzione di sanzione per i reati concorrenti con quello per cui viene inflitto l’ergastolo, che altrimenti rimarrebbero impuniti, in quanto la pena per essi prevista non sarebbe concretamente applicabile; si tratta, dunque, di una sanzione priva di autonomia, in quanto irrogata in aggiunta all’ergastolo e circoscritta al limitato periodo di tempo (sei mesi / tre anni, ovvero due mesi / diciotto mesi) indicato dall’art. 72 cod. pen., che comporta, in concreto, un rovesciamento dei principi generali del trattamento penitenziario.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 115 del 22 ottobre 1964, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 72 cod. pen., sollevata in riferimento all’art. 27, comma 3, Cost., rilevando che «l’isolamento diurno del condannato all’ergastolo, per la funzione cui adempie secondo il diritto vigente, per i limiti e le modalità attuali della sua applicazione, non può ritenersi misura contraria al senso di umanità. ¨ da ricordare innanzi tutto che, nel sistema del vigente codice penale, l’isolamento diurno opera unicamente come sanzione per i delitti commessi in concorso con quello punito con l’ergastolo: delitti per i quali la pena per ciascuno stabilita (ergastolo o pena detentiva temporanea) non sarebbe applicabile, in quanto il delitto col quale essi concorrono già importa la pena dell’ergastolo. Questa riduzione alla sola funzione di sanzione per i reati concorrenti segna un netto distacco rispetto alla corrispondente misura del Codice del 1889. Questo Codice, infatti, sotto la denominazione di segregazione cellulare continua, prevedeva l’isolamento, oltre che come autonoma sanzione per i casi di concorso di reati (art. 84), anche come contenuto e modalità di esecuzione della pena dell’ergastolo, sottoponendo il condannato all’ergastolo, solo perchØ tale, alla segregazione cellulare continua per la durata di ben sette anni (art. 12): durissimo trattamento di rigore che fu soppresso dal Codice vigente. Bisogna riconoscere, in secondo luogo, che anche come sanzione per i reati concorrenti l’isolamento diurno Ł attualmente disposto in misura tale, e regolato da tali condizioni, da rendere anche per questo verso non fondato, per la norma impugnata, l’addebito di contrasto col senso di umanità. A tal proposito occorre tenere ben presente l’art. 72, così come risulta a seguito delle modificazioni apportatevi dalla legge 25 novembre 1962, n. 1634. A chi si rende colpevole di piø delitti, ciascuno dei quali importa la pena dell’ergastolo, si applica detta pena, con l’aggiunta dell’isolamento diurno, la cui durata Ł prevista per un massimo di tre anni e per un minimo che scende a tre mesi. Ne consegue che unica sanzione per i delitti concorrenti, quando anch’essi siano punibili con l’ergastolo, resta soltanto l’isolamento diurno nella misura predetta. Se poi col delitto che importa l’ergastolo concorrono uno o piø delitti punibili con pene detentive temporanee, l’isolamento diurno va da due a diciotto mesi, ma Ł applicabile solo nel caso che i delitti concorrenti importino pene detentive temporanee per una durata complessiva superiore a cinque anni. Si deve infine rilevare che l’afflittività che Ł propria della misura isolatrice in questione, per effetto delle modificazioni apportate dall’art. 2 della citata legge 25 novembre 1962, Ł stata ancora piø sensibilmente ridotta, in quanto l’ergastolano, anche se condannato all’isolamento, partecipa all’attività lavorativa».
Ad identiche conclusioni, facendo proprie queste considerazioni, Ł giunta Sez. 1, n. 780 del 24/02/1993, Asero, Rv. 193665 – 01, statuendo che «¨ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in relazione agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, Cost., dell’art. 72 cod. pen., in cui si prevede che, nei casi ivi indicati, alla pena dell’ergastolo sia aggiunta quella dell’isolamento diurno. (La Corte, nell’affermare detto principio, si Ł richiamata alla dichiarazione di infondatezza di analoga questione, di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 115/64)».
Quanto alla sua concreta esplicazione, poichØ l’isolamento diurno non costituisce una modalità di esecuzione dell’ergastolo, pur discendendo la sua applicazione dall’irrogazione della pena detentiva perpetua, ma Ł misura sanzionatoria connotata da caratteri di afflittività suppletiva e temporanea, questa Corte ha ripetutamente statuito che «L’isolamento diurno previsto dall’art. 72 cod. pen. ha natura giuridica di sanzione penale, di inasprimento dell’ergastolo, con la conseguenza che, in relazione ad esso, il Magistrato di Sorveglianza non può disporre modalità esecutive tali da renderlo privo di contenuto effettivo. (Fattispecie
in cui la Suprema Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza che aveva disposto l’apertura del “blindo” di separazione dagli altri detenuti anche di giorno)». (Sez. 1, n. 9300 del 05/02/2014, Focoso, Rv. 259470 – 01).
Nelle motivazioni della pronuncia appena citata si Ł rilevato che, «come Ł stato evidenziato dalla sentenza della Corte Costituzionale 14/18 ottobre 1996 n. 351, l’isolamento del detenuto dal resto della popolazione carceraria deve intendersi potenzialmente non ricompresa nell’ordinario trattamento penitenziario, dovendo intendersi che la regola generale sia quella dell’ammissione del condannato alla vita in comune onde consentire e favorire il suo processo di risocializzazione e il suo recupero al contesto sociale ai sensi dell’art. 27 Cost., comma 3. Ogni provvedimento che tende pertanto a una separazione in tal senso del detenuto deve intendersi di natura eccezionale. Ciò posto, deve ritenersi tuttavia sussistere un regime derogatorio a quello ordinario di vita in comune, qual Ł quello dell’isolamento continuo (diurno e notturno) per le finalità previste dalla legge tra cui (oltre all’isolamento sanitario, giudiziario e disciplinare) l’isolamento come sanzione penale, disciplinato non dall’ordinamento penitenziario, bensì dall’art. 72 cod. pen. Nonostante l’art. 72 c.p., comma 3, precisi che la condanna all’isolamento diurno non precluda all’ergastolano di partecipare all’attività lavorativa, come specificato anche dal regolamento d’esecuzione che consente agli ergastolani di svolgere attività lavorativa, di istruzione e di formazione (diverse dai normali corsi scolastici) nonchØ di partecipare alle funzioni religiose (art. 73, comma 5, reg. es.), deve rilevarsi che con l’isolamento continuo come sanzione penale, proprio per la sua natura di sanzione penale, si verifica un rovesciamento della regola ordinaria di non separazione, giustificato dal fatto di costituire, esso isolamento, una sanzione di inasprimento dell’ergastolo, anch’essa sanzione penale. Sotto questo profilo, pertanto, il provvedimento impugnato non si profila correttamente motivato dal momento che, di fatto, prevedendo l’apertura del blindo anche di giorno, svuota di contenuto la norma che prevede l’isolamento tout court di natura continua. Dalla lettura del combinato disposto del D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, art. 73 e del R.D. 18 giugno 1931, n. 787, art. 203, si evince chiaramente infatti che colui che Ł posto in isolamento non Ł ammesso alla vita in comune, in via di principio, con tutto ciò che tale divieto comporta, perchØ questa Ł la forma esterna della sanzione. Questo non significa tuttavia che tale misura porti a negare al condannato in isolamento ogni contatto con operatori penitenziari, educatori, esperti dell’osservazione e del trattamento o che gli vieti ogni possibilità di lettura, di corrispondenza e di colloquio o di lavoro, ma solo che, in via ordinaria, il soggetto non Ł posto in contatto con altri detenuti trattandosi di un’intensificazione della pena detentiva perpetua dell’ergastolo. L’isolamento diurno previsto dall’art. 72 cod. pen. non Ł dunque una modalità di vita o di disciplina carceraria, ma costituisce una risposta sanzionatoria per i delitti concorrenti con quello punito con l’ergastolo, afferendo alla genesi del rapporto esecutivo e non può ritenersi misura contraria al senso di umanità in contrasto con l’art. 27 Cost., considerato che il condannato sottoposto a tale misura può comunque fare vita in comune e che la funzione della pena non Ł solamente di emenda del condannato, ma anche di discussione e difesa sociale (funzione deterrente) (v. C. Cost. n. 115/1964)».
Dunque, alla luce del quadro normativo vigente deve ritenersi che il detenuto posto in isolamento non possa essere, in via di principio, ammesso alla vita in comune; tuttavia il sistema penale non esclude a priori la possibilità di riconoscergli uno spazio trattamentale all’interno del quale avviare un percorso di reinserimento sociale ispirato al principio di umanità della pena, in coerenza con quanto previsto dall’art. 27, comma terzo, Cost., e con l’invito, contenuto nella parte finale della citata sentenza costituzionale n. 115 del 1964,
affinchØ «tale indirizzo, nel quadro di una efficiente difesa sociale contro il delitto, trovi sempre piø civili e illuminate applicazioni»: ed infatti, proprio per consentire al detenuto isolato di partecipare ad attività di risocializzazione e di perseguire gli obiettivi rieducativi prefigurati dalla Costituzione, il legislatore ha introdotto disposizioni integrative dell’art. 72, comma terzo, cod. pen., quale l’art. 73, comma 4, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, in forza del quale «L’isolamento diurno nei confronti dei condannati all’ergastolo non esclude l’ammissione degli stessi alle attività lavorative, nonchØ di istruzione e formazione diverse dai normali corsi scolastici, ed alle funzioni religiose».
Tracciate queste coordinate, le questioni agitate dal ricorrente palesano la loro infondatezza, essendo stata attaccata in maniera generica l’ineccepibile motivazione con la quale il Tribunale di sorveglianza, nel pieno e doveroso rispetto dello spirito e della lettera della legge, ha chiarito che le modalità di esecuzione dell’isolamento diurno non possono che comportare la chiusura del blindo ed il divieto di comunicare e scambiare il cibo con i compagni del proprio gruppo di socialità.
Ed invero, quanto al primo aspetto Ł sufficiente richiamare le motivazioni della già citata Sez. 1, n. 9300 del 05/02/2014, Focoso, Rv. 259470 – 01, che ha annullato senza rinvio l’ordinanza del magistrato di sorveglianza che aveva disposto l’apertura del blindo di separazione dagli altri detenuti anche di giorno, così svuotando la sanzione del suo concreto contenuto afflittivo.
Quanto al secondo aspetto, possono invece richiamarsi le motivazioni di Sez. 1, n. 195 del 25/10/2023, dep. 2024, COGNOME, n.m., che ha annullato senza rinvio l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza che, accogliendo il reclamo del condannato avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza, aveva consentito lo scambio di oggetti del detenuto isolato con i compagni di socialità, rilevando quanto segue: «La questione attiene alla possibilità per il condannato che sta espiando l’isolamento diurno ex art. 72 cod. pen. di scambiare oggetti con altri compagni di detenzione. Il Tribunale ha ritenuto di ammettere questo diritto, e nella mancanza di una norma specifica che lo preveda espressamente, ha enucleato l’esistenza dello stesso da tre argomenti: 1. l’art. 73, comma 4, del regolamento penitenziario permette all’isolato diurno l’ammissione ad alcune attività comuni, quali il lavoro, la partecipazione a funzioni religiose, le attività formative . Il Tribunale ha ricavato dall’art. 73, comma 4, del regolamento penitenziario – che permette all’isolato diurno soltanto l’ammissione ad alcune attività comuni, quali il lavoro, la partecipazione a funzioni religiose, le attività formative – un principio generale di non segregazione dell’isolato ex art. 72 cod. pen., che, nel silenzio della norma, permetterebbe anche attività non esplicitamente nØ consentite nØ vietate, quale quella oggetto dell’istanza. In realtà, l’art. 73, comma 4, del regolamento, che riprende e specifica la disposizione dell’art. 72, comma 3, cod. pen. che prevede espressamente che l’isolato diurno partecipi all’attività lavorativa, permette soltanto attività che attengono a bisogni primari dell’individuo che sono arche tutelati dalla Costituzione (la formazione culturale, la pratica religiosa, il lavoro), ma non permette attività sociali, che nell’isolamento diurno sono del tutto precluse. L’estensione analogica della previsione regolamentare dell’art. 73, comma 4, anche alle attività sociali, in essa non espressamente richiamate, oltre che essere in contrasto con la regola interpretativa dell’art. 14 disp. prel. cod. civ. sul divieto di analogia delle norme “che fanno eccezione a regole generali”, finisce anche con il privare di contenuto effettivo quella che Ł una vera e propria sanzione penale (Sez. 1, n. 23553 del 21/03/2023, PG in proc. COGNOME, Rv. 284723; Sez. 1, n. 52624 del 08/11/2017, COGNOME, Rv. 271597; Sez. 1, n. 21309 del 21/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270578), che in tanto ha una sua autonomia in quanto ad essa venga dato un
contenuto ulteriore rispetto alla mera detenzione. La decisione del Tribunale si pone, quindi, in contrasto con l’afflittività che caratterizza l’isolamento stesso, avente natura di sanzione penale temporanea di inasprimento dell’ergastolo per i delitti concorrenti con quello per cui l’ergastolo stesso Ł inflitto (Sez. 1, n. 3763 del 26/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278176)».
I motivi di ricorso sono, dunque, infondati: le modalità esecutive dell’isolamento diurno inflitto all’Abbinante sono quelle ordinariamente previste dal vigente quadro normativo; non risulta che all’Abbinante sia stata preclusa la partecipazione al lavoro, a funzioni religiose, e ad attività formative; il ricorrente non ha prodotto alcun concreto elemento a sostegno delle proprie deduzioni in merito alle condizioni psicofisiche dell’Abbinante; queste conclusioni, perfettamente rispondenti al quadro normativo vigente ed alla consolidata giurisprudenza costituzionale e di legittimità, non possono, ovviamente, mutare alla luce delle motivazioni dei dissonanti provvedimenti adottati da alcuni tribunali di sorveglianza prodotti dal ricorrente.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 10/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME