Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7548 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 7548  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME, nato in Nigeria il DATA_NASCITA
avverso la sentenza in data 20.10.2022 della Corte di Appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 20.10.2022 la Corte di Appello di Milano, pronunciatasi in sede di rinvio a seguito di annullamento di questa Corte della precedente pronuncia per vizio processuale, ha confermato la penale responsabilità di COGNOME per il reato di cessione di 2,40 grammi di marijuana di cui all’art. 73 quinto comma d.P.R. 309/1990, aggravato dalla recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale e, pur negando il vincolo della continuazione con il reato già accertato con sentenza del 15.1.2020 diventata irrevocabile 1’1.9.2020, così la concedibilità delle attenuanti generiche, ha, a parziale modifica della
pronuncia resa all’esito del primo grado di giudizio dal Tribunale della stessa città, ridotto la pena inflittagli a dieci mesi di reclusione ed C 1.750 di multa.
Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
2.1. Con il primo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 512 cod. proc. pen., l’impossibilità di escutere l’acquirente del sostanza stupefacente dando lettura delle sommarie informazioni da costui rese in sede di indagine alla PG, rilevando come avrebbe dovuto procedersi alle ricerche del teste, ulteriori rispetto a quelle limitate alla constatazione della sua cancellazione dalle liste dell’anagrafe del Comune di Quistello e i tentativi di contattarlo al numero di cellulare indicato al rilascio delle s.i.t.. Nel rilevare come secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale non sia sufficiente ai fini processuali indicati l’infruttuoso espletamento delle ricerche previste dall’art. 159 cod. proc. pen., occorrendo invece accertare la materiale impossibilità di rintracciare fisicamente il teste o di condurlo anche cattivamente in giudizio, evidenzia le plurime informazioni a conoscenza dell’autorità giudicante, quali la residenza in Milano in INDIRIZZO da costui dichiarata al momento delle sit, il fatto che fosse in possesso di un permesso di soggiorno rilasciatogli nel 2016 dal Comune di Mantova, il numero di cellulare risultato attivo, la dichiarazione al momento della ricezione della notifica del decreto di citazione come testimone a Quistello in INDIRIZZO e soprattutto i plurimi controlli eseguiti a Milano nei suoi confronti dal 2017 al 2021, segno evidente che la sua dimora sia in quella città, senza che al contrario fosse mai stata fatta un ricerca sul territorio milanese, che si fosse proceduto a verificare se fosse pendente un’istanza per il rinnovo del permesso di soggiorno o un provvedimento di espulsione. Fa presente che il teste, avendo ricevuto la prima notifica della citazione per la sua deposizione in giudizio a Milano e da allora non avendo mai più risposto al telefono, doveva ritenersi essersi volontariamente sottratto all’esame, operando pertanto la nullità dell’acquisizione delle s.i.t rese da costui, senza che la Corte di appello avesse neppure provveduto, benchè espressamente sollecitata dalla difesa, alla rinnovazione probatoria ex art. 604 quinto comma cod. proc. pen. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
2.2. Con il secondo motivo contesta, in relazione al vizio di manifesta illogicità motivazionale, l’affermazione di responsabilità alla luce di un quadro probatorio del tutto incerto e lacunoso, stante il mancato rinvenimento di somme di danaro, così come di ulteriori quantitativi di stupefacente in possesso dell’imputato, le discrepanze fra le varie deposizioni raccolte, l’incertezza del numero dei presenti al momento della cessione così come in ordine alla persona del cedente e l’assenza di quello che avrebbe dovuto essere il teste principale, ovverosia l’acquirente della cocaina in contestazione. Lamenta altresì la mancanza di motivazione in ordine
alla dedotta maggiore plausibilità della versione dei fatti fornita dall’imputato, secondo cui il preteso acquirente aveva invece in precedenza acquistato la droga da tutt’altro soggetto, versione questa che non poteva essere smentita dai verbalizzanti che avevano limitato il loro periodo di osservazione a non più di cinque-dieci minuti, con conseguente rilevabilità del ragionevole dubbio inficiante la dichiarazione di colpevolezza.
2.3. Con il terzo motivo lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge, il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione con il reato di analoga natura, compiuto nello stesso luogo, ovverosia in Parco Sempione, e con analoghe modalità essendo anche in tale frangente in compagnia di suoi connazionali, accertato con sentenza irrevocabile dal Tribunale di Milano all’esito di separato procedimento. Rileva come l’unico elemento fondante il diniego fosse costituito dalla distanza temporale fra i due episodi, laddove quel che caratterizza l’identità del disegno criminoso è la programmazione delle condotte nelle linee essenziali di cui sono elementi sintomatici la sistematicità, la tipologia dei reati, l’omogeneità delle condotte delittuose, l’identità del bene giuridico protetto, le condizioni d tempo e di luogo e la vicinanza cronologica tra i fatti, senza che tali elementi debbano sussistere tutti contemporaneamente 
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo, compendiandosi in cesure sostanzialmente astratte in ragione del loro non allineamento ai rilievi specifici formulati dalla Corte di merito, deve essere dichiarato inammissibile.
I plurimi elementi a conoscenza dell’autorità giudicante sulla residenza o dimora del teste non servono a superare la sua constatata irreperibilità, sol che si consideri, al di là di ogni altro rilievo, che il giudice di primo grado ha da ampiamente seguito ai suggerimenti della difesa in ordine alla verifica di eventuali cambi di residenza e ai contatti sul cellulare al numero dallo stesso COGNOME a suo tempo indicato, senza che né l’una né gli altri abbiano sortito alcun risultato utile. Il fatto che il teste si trovasse, come si sostiene nel ricorso, con certezza nella citt di Milano, stanti i plurimi controlli eseguiti nei suoi confronti tra il 2017 e il 2 si risolve in una deduzione evidente, ma del tutto inidonea ad inficiare l’accertata irreperibilità sopravvenuta di costui atteso che, pur essendo stata eseguita nel capoluogo lombardo la prima notifica del decreto di citazione a comparire come testimone, lo COGNOME da allora in poi non è stato più rintracciabile, non figurando formalmente al momento delle ricerche residente all’indirizzo da costui dichiarato al momento del rilascio delle s.i.t. a Milano, né ad alcun altro indirizzo della stessa città che neanche la difesa ha potuto indicare, e risultando essere stato cancellato sin dal 2020 dai registri di residenza anagrafica del Comune di Quistello che aveva
indicato al momento della notifica del decreto di citazione come testimone come luogo della propria residenza. Risultanze queste che danno oggettivamente conto della sopravvenuta impossibilità di acquisizione della sua testimonianza e che perciò ha determinato la rituale lettura in dibattimento delle sommarie informazioni da costui rese alla PG, ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen..
In ordine alla irreperibilità del testimone occorre rilevare che, come a suo tempo affermato da questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 33718 del 13/06/2001 dep. 17/09/2001, Barreca, Rv. 219822) e di recente ribadito, la irreperibilità cui fa riferimento l’art. 512 cod. proc. pen. non è quella tecnicamente descritta dall’art. 159 c.p.p., ma indica invece l’impossibilità sopravvenuta di rintracciare il teste, nonostante le più accurate ricerche, secondo un significato non tecnico della parola (Sez. 6, Sentenza n. 50994 del 26/03/2019, Rv. 278195). Se tale condizione non può ritenersi integrata dalla mera difficoltà di assumere la sua testimonianza dato che il sistema contempla una serie di strumenti finalizzati proprio a superare tali ostacoli (notificazioni a seguito di accurate ricerche, accompagnamento coattivo, esame a domicilio, rogatorie), deve ritenersi corretto far coincidere l’irreperibilità sopravvenuta del teste con la materiale impossibilità di rintracciare fisicamente questo soggetto, ovvero di condurlo, anche coattivamente, in giudizio. Deve perciò ritenersi che la irreperibilità del testimone, che si realizza o quando è impossibile notificargli la citazione a comparire in giudizio, ovvero quando risulti impossibile esaminarlo, nonostante la sua citazione e l’infruttuoso esperimento di tutti gli adempimenti imposti dalla legge al fine di assicurarne la comparizione in udienza, e la conseguente impossibilità di assumere la prova sia stata adeguatamente motivata dalla Corte distrettuale, essendosi il giudice di primo grado fatto carico oltre che delle ricerche anagrafiche, altresì degli ulteriori accertamenti congrui alla sua situazione personale stante le plurime chiamate sul suo cellulare, al quale, benchè in funzione, questi non ha mai risposto. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Quanto al secondo motivo l’affermazione di responsabilità non risulta affatto essersi basata sulle dichiarazioni di cui era stata lettura ai sensi dell’art 512 cod. proc. pen. che come chiarito dai giudici di appello hanno costituito solo un elemento di conferma delle risultanze dibattimentali, bensì sulla deposizione in primis del verbalizzante COGNOME che aveva de visu constatato nel corso di in servizio di osservazione nel parco Sennpione la consegna da parte dell’imputato, riconosciuto dal teste anche in udienza, allo COGNOME, entrambi seduti su una panchina di un qualcosa che si è appurato pochi istanti dopo, fermato il cessionario, essere costituita dalla cocaina in contestazione, nonché dall’agente COGNOME che aveva osservato a distanza la scena e che ha confermato il passaggio della merce. A fronte di tali univoche risultanze non è riscontrabile alcuna incertezza nella ricostruzione del fatto che la difesa artatamente tenta di inficiare
lamentando pretese incongruenze sul numero delle persone presenti o incertezze sulla persona che aveva proceduto alla consegna della merce illecita, posto che i verbalizzanti hanno parlato della presenza di alcune persone, senza scendere in ulteriori dettagli e che l’imputato è stato da entrambi i testi riconosciuto. Trattasi di doglianze, non solo prive di consistenza ma che comunque si arrestano sul piano valutativo della prova, il cui apprezzamento essendo naturalmente riservato al giudice di merito preclude qualsivoglia sindacato ad opera di questa Corte di legittimità.
Di natura generica, in quanto meramente contestative, risultano le doglianze articolate in ordine al diniego della continuazione tra il reato in esame e quello accertato con autorità di giudicato dal Tribunale di Milano con sentenza del 15.1.2020.
Le censure difensive si incentrano sulla irrilevanza del lasso temporale, invece ritenuto dai giudici del merito ampiamente significativo ai fini della sua esclusione, in difetto di elementi concreti addotti dalla difesa in ordine alla loro riconducibilit ad un unico disegno criminoso ad integrare il quale non vale l’omogeneità delle condotte o l’identità del luogo in cui sono state commesse, che, invece secondo la Corte territoriale sono espressione di un’abitualità criminosa e di un sistema di vita, improntato alla contingente e sistematica attività di spaccio di sostanze stupefacenti. Nel sottolineare la radicale diversità tra l’identità della spint criminosa o del movente pratico sotteso alle plurime violazioni di legge e l’unicità del disegno criminoso richiesto per la configurabilità del reato continuato, questa Corte ha costantemente affermato come grava sul condannato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a fondamento dell’invocata continuazione (ex multis Sez. 5, Sentenza n. 21326 del 06/05/2010, COGNOME, Rv. 247356), i quali non si risolvono nell’indicazione dei criteri astrattamente rilevanti al riconoscimento del beneficio sanzionatorio, al contrario esigendosi la prospettazione quanto meno in termini di allegazione degli indici di fatto sintomatici di una programmazione unitaria anche del delitto commesso a tanta distanza di tempo dalla realizzazione del primo. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
La sentenza impugnata fa corretto uso dei principi sopra indicati e ne dà conto con argomentazioni assolutamente logiche e non contraddittorie, valorizzando in senso negativo il decorso del tempo per essere stata la condotta delittuosa in esame perfezionata in data 23.7.2020, a distanza di quasi due anni dal precedente ancorchè omologo delitto commesso in data 27.9.2018, laddove nessuna allegazione specifica risulta essere stata effettuata al riguardo dal ricorrente limitatosi ad evidenziare, anche con il presente ricorso, l’identità del titolo dei reat così come del luogo di commissione.
Il motivo in esame si destina perciò anch’esso all’inammissibilità.
All’esito del ricorso segue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 3.000,00
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende Così deciso il 25.1.2024