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Irreperibilità misure alternative: la Cassazione conferma

La richiesta di un condannato per l’affidamento in prova ai servizi sociali è stata respinta a causa della sua irreperibilità. Pur avendo ottenuto l’autorizzazione a rientrare in Italia, non si è presentato alle convocazioni dei servizi sociali. La Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso, ribadendo che in tema di irreperibilità e misure alternative, la disponibilità fisica del soggetto è un presupposto indispensabile per avviare il percorso di risocializzazione e concedere il beneficio.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Irreperibilità e Misure Alternative: La Cassazione Sottolinea un Principio Fondamentale

La concessione di misure alternative alla detenzione, come l’affidamento in prova al servizio sociale, rappresenta un pilastro del sistema penitenziario moderno, orientato alla risocializzazione del condannato. Tuttavia, esistono presupposti imprescindibili per accedere a tali benefici. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza un principio cardine: in caso di irreperibilità e misure alternative, la non disponibilità del soggetto è un ostacolo insormontabile. Analizziamo la decisione per comprenderne le ragioni e le implicazioni.

I Fatti del Caso: Una Richiesta Respinta

Un uomo, condannato in via definitiva, presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, la detenzione domiciliare. Il Tribunale rigettava la richiesta, motivando la decisione sulla base dell’irreperibilità del condannato. Questi, infatti, dopo aver tentato di rientrare in Italia, era stato respinto alla frontiera e risultava irreperibile da diversi mesi. Tale situazione, secondo i giudici, impediva di formulare un giudizio prognostico favorevole, data l’assenza di notizie attuali sulla sua condizione e sul suo comportamento.

L’interessato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua assenza non derivava da negligenza, ma da un’oggettiva impossibilità di rientrare nel territorio nazionale senza una specifica autorizzazione. Lamentava inoltre che, una volta ottenuta tale autorizzazione, i tempi per le convocazioni da parte dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (Uepe) erano stati troppo stringenti per potervi adempiere.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. I giudici di legittimità hanno rigettato le argomentazioni del ricorrente, condannandolo al pagamento delle spese processuali. La sentenza si fonda su un principio consolidato e logico: non si può avviare un percorso di reinserimento sociale per una persona che non è fisicamente presente e disponibile.

Le Motivazioni: Perché l’Irreperibilità è un Ostacolo alle Misure Alternative?

La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale costante: la concessione di una misura alternativa presuppone la reperibilità del soggetto. Questo requisito non è un mero formalismo, ma la condizione essenziale per realizzare le finalità di risocializzazione previste dalla legge. Un percorso come l’affidamento in prova si basa su contatti costanti con i servizi sociali, sull’adempimento di specifiche prescrizioni e su un controllo continuo del comportamento del condannato. Tutte attività impossibili da svolgere se la persona non è reperibile.

Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato un punto cruciale. Anche dopo aver ottenuto l’autorizzazione a rientrare in Italia, il ricorrente non si era presentato a due diverse convocazioni dell’Uepe, fissate per l’indagine socio-familiare necessaria alla valutazione della sua istanza. Egli non aveva fornito alcuna notizia o giustificazione documentata per queste assenze. La semplice affermazione di ‘tempi troppo stringenti’ o di ‘legittimi impedimenti’, senza alcuna prova a supporto, è stata ritenuta dalla Corte del tutto infondata e insufficiente a giustificare la sua condotta.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza l’idea che la collaborazione e la disponibilità del condannato sono elementi non negoziabili per accedere a benefici penitenziari. La sentenza chiarisce che l’onere di rendersi reperibile e di partecipare attivamente al processo di valutazione ricade interamente sul richiedente. Non è sufficiente manifestare l’intenzione di seguire un percorso alternativo al carcere; è necessario dimostrare con i fatti la propria affidabilità, a partire dalla semplice presenza agli appuntamenti fissati dalle autorità competenti. In assenza di questa condizione basilare, la porta verso le misure alternative rimane, giustamente, chiusa.

L’irreperibilità di un condannato impedisce la concessione di misure alternative alla detenzione?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la concessione di una misura alternativa, come l’affidamento in prova, presuppone la reperibilità del soggetto, poiché questa è essenziale per la realizzazione dei fini di risocializzazione e per i necessari controlli.

Aver ottenuto l’autorizzazione a rientrare in Italia è sufficiente per ottenere un beneficio penitenziario?
No, non è sufficiente. Come dimostra il caso, anche dopo aver ottenuto l’autorizzazione al rientro, il condannato ha l’obbligo di presentarsi agli appuntamenti fissati dalle autorità (in questo caso l’Uepe) per le necessarie valutazioni. La mancata presentazione senza un impedimento documentato è considerata ostativa.

Tempi stretti per le convocazioni dei servizi sociali possono giustificare la mancata presentazione?
No, a meno che l’impedimento non sia legittimo e debitamente documentato. Nel caso di specie, il ricorrente ha lamentato tempi troppo stringenti ma non ha fornito alcuna prova a sostegno di tale impedimento, motivo per cui il suo ricorso è stato ritenuto infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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