Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20708 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20708 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/01/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG, NOME, che ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha respinto l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale avanzata da NOME COGNOME, in relazione alla pena espianda pari ad anni due e mesi tre di reclusione, di cui alla sentenza del Tribunale di Avellino del 20/06/2017, irr. il 11/09/2017.
Osservava il Tribunale come l’istanza non potesse essere accolta non avendo il condannato fornito dimostrazione di una progressiva evoluzione della personalità e di affidabilità, in considerazione del suo stato di irreperibilità, dell’assenza di domicilio, dell’insussistenza di un lavoro o di una attività di volontariato, e quindi dell’assenza di inserimento in un contesto non contaminato, tutti elementi dai quali derivava la impossibilità di formulare una prognosi positiva in ordine alla idoneità della misura individuata per la rieducazione e la prevenzione di ulteriori reati.
NOME COGNOME propone, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione, articolando due motivi di ricorso.
2.1 Con il primo motivo eccepisce l’omessa notifica del decreto di fissazione dell’udienza camerale del 17/02/2022. Lamenta il difensore che, all’udienza 17/02/2022, tenuta in modalità da remoto, il Tribunale dava atto che la notifica all’istante non era andata a buon fine, senza che il difensore avesse modo di prendere visione della relata. Inoltre, afferma di non avere ricevuto la notifica per l’istante irreperibile, e «il Tribunale non disponeva nessuna nuova verifica e il dichiarato stato di irreperibilità non veniva verificato secondo le norme previste dal codice di rito».
Inoltre, aggiungeva il difensore, il condannato non era affatto irreperibile, essendo regolarmente residente in Lavello a far data dal 2008.
Sotto diverso profilo il ricorrente si duole anche dell’omessa notifica del provvedimento, oggi impugnato, al condannato.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 606 let.b), c) ed e) cod. proc. pen. relativamente alla mancata indicazione di un domicilio in Italia ed alla mancata indicazione di svolgimento di attività lavorativa.
La motivazione del provvedimento impugnato è illogica dal momento che Il condannato nel 2018 ha ottenuto la carta di soggiorno in Italia per soggiornanti di lungo periodo; egli è sempre stato residente in Lavello e non è mai stato irreperibile; ha sempre lavorato regolarmente.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Va subito chiarito come, dall’esame dell’impugnato provvedimento, emerga con chiarezza che il rigetto dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale sia stata pronunciata in considerazione della irreperibilità di fatto del soggetto, e non per la mancanza di elezione di domicilio ex art. 677 comma 2 bis cod. proc. pen.
Secondo quanto emergente dagli atti, che il Collegio è legittimato a compulsare in ragione della natura processuale della censura (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092), il condannato aveva eletto domicilio ex art. 677 comma 2 bis cod. proc. pen. presso il difensore di fiducia, e le notifiche dell’avviso di fissazione dell’udienza innanzi al Tribunale di sorveglianza, risultano regolarmente effettuate.
Il Tribunale di sorveglianza ha rigettato (non dichiarato inammissibile) l’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali, evidenziando come il prevenuto risultasse «irreperibile nel Comune di Lavello e sembra da tempo essersi trasferito in Francia»; che non avesse indicato un diverso domicilio in Italia, e che non avesse offerto un progetto di sostegno al percorso risocializzante, «sebbene il procedimento venisse rinviato onde consentire detta allegazione».
Così chiarito il significato della decisione impugnata, si appalesa del tutto distonico il richiamo effettuato in ricorso alla procedura necessaria per una declaratoria di irreperibilità ai sensi dell’art. 159 cod. pen.: nel caso che ci occupa infatti è pacifico che non vi sia stata alcuna dichiarazione formale di irreperibilità, avendo il Tribunale esclusivamente rilevato l’irreperibilità di fatto dell’interessato.
La decisione negativa sussunta nell’ordinanza impugnata, in ordine alla richiesta di misure alternative, si allinea del resto ad un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, a mente del quale la mancanza di una stabile e conosciuta residenza inibisce il necessario supporto ed il costante controllo, ad opera del servizio sociale e del magistrato di sorveglianza del luogo, competente ad adeguare le prescrizioni alle concrete esigenze trattamentali attinenti al condannato. Tale beneficio, infatti, postula un contatto diretto e continuo, fra la persona fisica dell’interessato ed il servizio sociale al quale – a norma dell’art. 47, nono comma, Ord. pen. – spetta il compito di controllare la condotta del soggetto, nonché di aiutarlo a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale. Risulta del tutto legittimo, pertanto, il rigetto della richiesta, laddove tale decisione sia basata sulla irreperibilità della persona condannata, ossia su una mancanza di stabile residenza, atta a incidere negativamente sulla effettività della misura alternativa invocata (Sez. 1, n. 4023 del 14/10/1992, Rv. 192363; Sez. 1, n. 27347 del 17/05/2019, Lupv. 276198).
Nel caso di specie, in definitiva, ciò che viene in rilievo non è il profilo della necessità di una reperibilità di tipo processuale, da soddisfare mediante l’onere previsto sotto comminatoria di inammissibilità – di dichiarare o eleggere domicilio al momento della presentazione della domanda, bensì il diverso tema della reperibilità di tipo sostanziale: appaiono quindi del tutto inconferenti le allegazioni fornite dalla Difesa (permesso di soggiorno per lavoro subordinato e carta di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo), dal momento che, come osservato dal P.G. nella sua requisitoria, le stesse non appaiono idonee a supportare l’indicazione né di specifiche attività lavorative da parte del ricorrente (solo citate, ma non documentate dal ricorrente), né dell’ambiente di inserimento e della progettualità risocializzante, dal Tribunale mai acquisita nonostante i rinvii in attesa della sua allegazione
Quanto al profilo dedotto circa la mancata notifica del provvedimento al condannato, va osservato che, come già sopra rilevato, il COGNOME aveva eletto domicilio ex art. 677 comma 2 bis cod. proc. pen. presso il difensore di fiducia.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 31/01/2021