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Irreperibilità condannato: inammissibile la misura

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che si era visto negare le misure alternative alla detenzione a causa del suo stato di irreperibilità. Secondo la Corte, l’irreperibilità condannato è una circostanza che preclude la valutazione necessaria per la concessione del beneficio, dimostrando un disinteresse per la procedura e rendendo impossibile il contatto con i servizi sociali, elemento fondamentale per l’affidamento in prova.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Irreperibilità condannato: la Cassazione nega le misure alternative

L’accesso a misure alternative alla detenzione, come l’affidamento in prova al servizio sociale, è subordinato a una valutazione prognostica favorevole sulla personalità del condannato e sulle sue prospettive di risocializzazione. Ma cosa succede se il soggetto si rende irreperibile? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 12145/2024) ha ribadito un principio consolidato: lo stato di irreperibilità condannato è una condizione ostativa che rende inammissibile la richiesta, poiché impedisce la necessaria verifica dei presupposti applicativi.

I fatti del caso

Un soggetto condannato presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, alla detenzione domiciliare. Il Tribunale rigettava la richiesta, motivando la decisione con il fatto che l’istante era stato dichiarato irreperibile con un decreto presidenziale, a seguito di vane ricerche effettuate presso l’indirizzo indicato.

Contro tale provvedimento, il condannato proponeva ricorso per cassazione tramite il suo difensore. La difesa sosteneva l’illegittimità della dichiarazione di irreperibilità, affermando che le ricerche condotte dalla Polizia Giudiziaria erano state incomplete, in quanto non estese a tutti i luoghi previsti dall’art. 159 del codice di procedura penale. Tale vizio, secondo il ricorrente, avrebbe comportato la nullità di tutti gli atti successivi, inclusa l’ordinanza che negava le misure alternative.

Le motivazioni della Corte sull’irreperibilità condannato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Gli Ermellini hanno innanzitutto ricordato che la valutazione per la concessione delle misure alternative deve basarsi su un’analisi completa della personalità del soggetto, che include non solo i reati commessi e i precedenti, ma anche e soprattutto la condotta successiva e i comportamenti attuali.

In tale contesto, la condizione di irreperibilità condannato assume un ruolo centrale e negativo. Questa situazione, infatti:

1. Impedisce il contatto diretto: Misure come l’affidamento in prova richiedono un contatto diretto e costante tra il condannato e i servizi sociali, sia nella fase preliminare di raccolta informazioni, sia durante l’esecuzione della misura. L’irreperibilità rende impossibile questo contatto, vanificando lo scopo stesso del beneficio.
2. È sintomatica di disinteresse: La condizione di irreperibilità viene interpretata come un chiaro segnale di disinteresse del soggetto nei confronti della procedura e del percorso di reinserimento sociale.
3. Preclude la valutazione dei presupposti: Senza una stabile residenza e senza la presenza del soggetto sul territorio dello Stato, il giudice non può compiere quella valutazione prognostica sulla buona prospettiva di risocializzazione che è condizione indispensabile per ammettere il condannato al beneficio.

La Corte ha inoltre qualificato come generica e inammissibile la doglianza del ricorrente sulla presunta incompletezza delle ricerche. La difesa, infatti, non aveva specificato quali altri luoghi (ad esempio il posto di lavoro) avrebbero dovuto essere controllati, né aveva fornito prova di un diverso domicilio. È onere del condannato, sottolinea la Corte, comunicare all’autorità giudiziaria ogni variazione del proprio domicilio, e la sua mancanza non può essere usata per eccepire l’invalidità del decreto di irreperibilità.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un orientamento giurisprudenziale pacifico: la reperibilità e la collaborazione del condannato sono presupposti essenziali per poter accedere alle misure alternative alla detenzione. La mancanza di una stabile residenza o, a maggior ragione, uno stato di irreperibilità formalmente dichiarato, non costituiscono meri ostacoli formali, ma impedimenti sostanziali che minano alla base la possibilità di intraprendere un efficace percorso di recupero sociale. La decisione sottolinea la responsabilità del condannato nel mantenere un canale di comunicazione aperto con la giustizia, pena l’impossibilità di beneficiare di strumenti pensati per favorire il suo reinserimento nella società.

L’irreperibilità di un condannato impedisce la concessione di misure alternative alla detenzione?
Sì, secondo la sentenza, l’irreperibilità è una circostanza che preclude l’accoglimento dell’istanza. Si rivela sintomatica del disinteresse del condannato per la procedura e impedisce in modo assoluto la verifica dei presupposti necessari per la concessione del beneficio, come il contatto con i servizi sociali.

È sufficiente contestare genericamente le modalità di ricerca per annullare una dichiarazione di irreperibilità?
No, la Corte di Cassazione ha ritenuto tale contestazione inammissibile perché generica e attinente a questioni di fatto. Il ricorrente avrebbe dovuto specificare quali luoghi, previsti dalla legge, non sono stati oggetto di ricerca da parte delle autorità e fornire prova di un diverso domicilio.

Qual è l’onere del condannato riguardo al proprio domicilio?
È onere del condannato comunicare all’Autorità giudiziaria ogni successivo mutamento di domicilio. In mancanza di tale comunicazione, non può essere eccepita alcuna invalidità del decreto di irreperibilità emesso a seguito di ricerche infruttuose presso l’ultimo indirizzo noto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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