Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12145 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12145 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/09/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, P. AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, in data 22 settembre 2022, il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME, diretta ad ottenere l’ammissione alle misure alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domiciliare.
Si osservava che l’istante era stato dichiarato irreperibile con decreto presidenziale del 5 settembre 2022, essendone risultate vane le ricerche.
2.Avverso detto provvedimento ha interposto ricorso per cassazione l’interessato a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per violazione di legge e contestuale vizio di motivazione, fondate sull’errata dichiarazione di irreperibilità.
Secondo la difesa, il provvedimento oggetto di gravame è erroneo perché fallace è il decreto di irreperibilità a causa dell’incompletezza delle ricerche condotte dalla Polizia giudiziaria, incompletezza occasionata soprattutto dal mancato compimento di nuove ricerche o, quantomeno, dal compimento delle stesse non in tutti i luoghi indicati dall’art. 159 cod. proc. pen.
All’illegittimità del decreto suddetto conseguirebbe, per il ricorrente, la nullità derivata di tutti gli atti successivi notificati al difensore, tra cui l’ordin reiettiva che non ha ammesso il condannato alle misure alternative alla detenzione.
Con requisitoria scritta il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
In relazione alla peculiare finalità dell’affidamento in prova, la giurisprudenza di questa Corte è uniformemente orientata nel senso che, per formulare il giudizio prognostico favorevole, condizione per l’ammissione al beneficio richiesto, la natura e la gravità dei reati per i quali è stata irrogata l pena in espiazione deve costituire, unitamente ai precedenti (Sez. 1, n. 1812 del 4/3/1999, COGNOME, Rv. 213062), alle pendenze e alle informazioni di P.S. (Sez. 1, n. 1970 del 11/03/1997, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO), il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, la cui compiuta ed esauriente valutazione non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta successivamente dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della
prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, Gobbo, Rv. 244322; Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, COGNOME, Rv. 264602).
Si è, inoltre, precisato che, fra gli indicatori utilmente apprezzabili in tale ottica, possono essere annoverati l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17/9/2018, S., Rv. 273985).
In GLYPH particolare, GLYPH per GLYPH le caratteristiche GLYPH intrinseche della GLYPH misura dell’affidamento in prova al servizio sociale e per le modalità di attuazione concreta, è richiesto un contatto diretto fra il Servizio sociale e la persona del sottoposto, sia prima dell’applicazione del beneficio per consentire la raccolta delle informazioni indispensabili, sia nel corso della sua esecuzione, atteso che soltanto in presenza di detta condizione può essere valutato il comportamento e, segnatamente, l’osservanza delle prescrizioni concernenti i rapporti con l’ente, la dimora, la libertà di locomozione, il divieto di certe frequentazioni, il lavoro da svolgere (tra le altre, Sez. 1, n. 4322 del 24/6/1996, Messina, Rv. 205695).
L’irreperibilità del condannato al momento della decisione sulla richiesta di misura alternativa alla detenzione può, dunque, essere considerata circostanza atta a precludere l’accoglimento dell’istanza, nella misura in cui si riveli, in concreto, sintomatica di disinteresse per la procedura e impedisca in modo assoluto la verifica della sussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio invocato (sez. 1, n. 12411 del 20/12/2000, dep. 2001, Sow, Rv. 218455; Sez. 1, n. 52782 del 9/03/2017, NOME, non massimata, in motivazione; Sez. 1, n. 22442 del 17/01/2019, Falbo, Rrv. 276191).
Del pari, l’irreperibilità sopravvenuta alla sottoscrizione, da parte del condannato, del verbale contenente le prescrizioni connesse alla misura alternativa disposte a suo carico, può costituire causa di revoca della misura, se tale condotta è ritenuta sintomatica della inidoneità del soggetto ad essere risocializzato con il trattamento alternativo (Sez. 1, n. 51879 del 13/9/2016, Hysi, Rv. 268926).
Nel caso specifico il Tribunale di sorveglianza ha preso in considerazione la situazione di formale irreperibilità, ritenendola impeditiva di una qualunque valutazione sui presupposti applicativi degli istituti cui si era chiesto di avere accesso e ha, dunque, rigettato le istanze.
La decisione, peraltro, rispetta la linea interpretativa già emersa nella giurisprudenza di questa Corte, per la quale, in difetto di una stabile residenza di fatto e della presenza nel territorio dello Stato del soggetto condannato, non è concedibile la misura alternativa dell’affidamento in prova (ed è legittima la
declaratoria pronunciata de plano di inammissibilità della domanda che manchi di un tale presupposto: Sez. 1, n. 18225 del 25/03/2014, COGNOME, Rv. 261984; Sez. 1, n. 6584 del 22/12/1998, COGNOME, Rv. 213368; Sez. 1, n. 3256 del 13/05/1996, COGNOME, Rv. 205485; Sez. 1, n. 1676 del 6/03/2000, COGNOME, Rv. 215819). Si è, infatti, sostenuto che “è inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale ove la stessa sia priva della indicazione della residenza e dell’ambiente di inserimento, lavorativo o meno. Tale carenza, infatti, impedisce la valutazione delle prospettive di rieducazione e di prevenzione, cui è subordinata l’ammissione al beneficio, e non consente neppure di acquisire le necessarie notizie attraverso informativa dei competenti servizi sociali, a norma dell’art. 666 c.p.p., comma 5. D’altra parte, la mancanza di una stabile residenza non consente neppure il necessario supporto ed il costante controllo del servizio sociale e del magistrato di sorveglianza del luogo, competente ad adeguare le prescrizioni alle concrete esigenze trattamentali”.
4.La difesa, a fronte dell’adottato provvedimento, comunque, contesta la legittimità della declaratoria di irreperibilità come formalmente accertata dal Tribunale, assumendo che, in ogni caso, non sarebbero state svolte idonee ricerche del condannato, estese a tutti i luoghi indicati dall’art. 159 cod. proc. pen., con conseguente nullità del decreto adottato e degli atti successivi.
La deduzione, tuttavia, è inammissibile in quanto versata in fatto e, comunque, non specifica, posto che neppure la difesa indica il luogo di lavoro presso il quale COGNOME non sarebbe stato cercato, ai fini della redazione del verbale di vane ricerche e dell’emissione del successivo decreto di irreperibilità, né la stessa difesa produce verbale di dichiarazione di domicilio in luogo diverso da quello indicato nell’istanza di misure alternative.
Peraltro, è noto che, a fronte di dichiarazione di domicilio, è onere del condannato notiziare l’Autorità giudiziaria del successivo mutamento di domicilio, circostanza in mancanza della quale nessuna invalidità del decreto di irreperibilità può essere utilmente eccepita.
In ogni caso, si osserva che l’esame degli atti, doveroso per la qualità dell’eccezione formulata, ha consentito di riscontrare che COGNOME ha presentato istanza di misure alternative indicando quale residenza l’indirizzo di San Cesario di Lecce ove risulta essere stato, inutilmente, cercato da personale RAGIONE_SOCIALE e dai Carabinieri, sino alla redazione del verbale di vane ricerche, con successiva adozione del decreto di irreperibilità.
Nella relazione dell’RAGIONE_SOCIALE si legge che l’interessato convocato presso l’ufficio non si è presentato perché, come da verbale di notifica della convocazione, dagli accertamenti svolti presso l’anagrafe risulta irreperibile ed anche dal sopralluogo
eseguito presso l’abitazione risulta trasferito. Lo stesso afferma l’informativa dei Carabinieri.
Orbene, se è vero che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che (n. 15429/2004) ai fini dell’osservanza dell’obbligo di dichiarazione o elezione di domicilio, gravante, ai sensi dell’art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen., sul condannato non detenuto che avanzi domanda di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, non può ritenersi sufficiente la semplice indicazione, in detta domanda, del proprio indirizzo anagrafico, non essendo idonea, di per sé, tale indicazione, a rendere chiara la volontà dell’interessato di assumere detto indirizzo come proprio domicilio, è anche vero che lo stesso difensore non precisa quale sia il luogo di lavoro presso il quale il condannato non è stato cercato e, comunque, non documenta il (diverso) domicilio dichiarato (pur risultando in atti che l’ordine di esecuzione sospeso era stato notificato in Lecce, alla INDIRIZZO).
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e il ricorrente deve essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, valutati i profili di colpa nel ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000) in ragione del motivo devoluto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente