Ipotesi lieve spaccio: la Cassazione stabilisce quando non è applicabile
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui criteri per l’applicazione dell’ipotesi lieve spaccio, una fattispecie di reato attenuata prevista dalla legge sugli stupefacenti. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha ribadito che la valutazione non può limitarsi al solo peso della sostanza, ma deve considerare l’offensività complessiva della condotta, con particolare riguardo al numero di dosi che se ne possono ricavare. Un numero elevato, quantificabile in centinaia, esclude automaticamente la possibilità di riconoscere il fatto come di lieve entità.
Il caso in esame: detenzione di cocaina e ricorso in Cassazione
Due persone venivano condannate in Corte d’Appello per il reato di detenzione ai fini di spaccio di cocaina. Avverso tale sentenza, proponevano ricorso per cassazione, lamentando principalmente due aspetti: il mancato riconoscimento della circostanza attenuante dell’ipotesi lieve spaccio, disciplinata dal comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. 309/90, e la violazione di legge in relazione alla confisca di una somma di denaro pari a 545,00 euro. Il punto centrale della difesa era che la quantità di sostanza detenuta dovesse essere considerata di modesta entità.
La quantità di sostanza e il numero di dosi
L’elemento chiave che ha guidato la decisione dei giudici, sia di merito che di legittimità, è stato il dato quantitativo analizzato non solo in termini di peso, ma soprattutto in relazione al principio attivo e al numero di dosi medie singole che si sarebbero potute confezionare. Dalla cocaina sequestrata era infatti possibile ricavare ben 493 dosi, una quantità destinata ad essere immessa nel mercato di una specifica cittadina.
I criteri per l’ipotesi lieve spaccio secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati della sua giurisprudenza in materia. L’accertamento della lieve entità del fatto non è un’operazione matematica, ma richiede una valutazione complessiva di tutti gli indici sintomatici previsti dalla norma. Questi includono:
* Elementi relativi all’azione: i mezzi utilizzati, le modalità e le circostanze della condotta.
* Elementi relativi all’oggetto materiale: la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti.
La Corte ha sottolineato che, al di là del mero peso ponderale, il grado di offensività della condotta è rivelato in concreto dal principio attivo e, conseguentemente, dal numero di dosi potenzialmente ricavabili e diffusibili sul mercato.
Il discrimine tra “decine” e “centinaia” di dosi
Un passaggio cruciale dell’ordinanza è il richiamo alla giurisprudenza che distingue il “piccolo spaccio” da quello ordinario. Le ipotesi di lieve entità si caratterizzano per una modesta quantità di dosi detenute come provvista per la vendita, che devono essere conteggiabili “a decine”. Al contrario, quando il numero di dosi ricavabili si misura “a centinaia”, come nel caso di specie con 493 dosi, viene a mancare il presupposto per l’applicazione della norma di favore. I giudici di merito avevano correttamente valutato non solo il dato numerico, ma anche la potenzialità offensiva legata alla diffusione di un tale quantitativo nel contesto sociale di una cittadina.
Le motivazioni della decisione
La Cassazione ha ritenuto le argomentazioni della Corte d’Appello complete, coerenti e del tutto in linea con i principi giurisprudenziali. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse questioni già adeguatamente esaminate e respinte nel grado precedente. Anche la motivazione sulla confisca della somma di denaro è stata ritenuta corretta. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come per legge, la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le conclusioni
Questa pronuncia consolida un orientamento fondamentale: nella valutazione dell’ipotesi lieve spaccio, il numero di dosi ricavabili dalla sostanza stupefacente è un indicatore primario e spesso decisivo dell’offensività della condotta. Un quantitativo che permette di confezionare centinaia di dosi è incompatibile con la nozione di “lieve entità”, poiché presuppone un’organizzazione e una capacità di diffusione sul mercato che superano la soglia del piccolo spaccio. La decisione serve da monito, chiarendo che tentare di ottenere l’applicazione dell’attenuante in presenza di dati quantitativi così significativi è una strategia difensiva con scarse probabilità di successo.
Perché è stata negata l’applicazione dell’ipotesi lieve di spaccio in questo caso?
L’ipotesi lieve è stata negata perché dalla cocaina sequestrata era possibile ricavare 493 dosi. Secondo la Corte di Cassazione, un numero di dosi quantificabile in “centinaia” è incompatibile con la nozione di “piccolo spaccio”, che invece si caratterizza per quantità conteggiabili in “decine”.
Quali sono i criteri principali per valutare se un fatto di spaccio è di lieve entità?
La valutazione deve essere complessiva e tenere conto di tutti gli indici previsti dalla legge: i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la quantità e la qualità della sostanza stupefacente. Particolare importanza viene data al principio attivo e al numero di dosi potenzialmente diffusibili sul mercato.
La sola quantità di droga (peso) è sufficiente per escludere l’ipotesi lieve?
No, il solo peso ponderale non è l’unico elemento. La Corte ha chiarito che il grado di offensività della condotta è rivelato in modo più preciso dal dato del principio attivo e, soprattutto, dal numero di dosi che si possono ricavare e immettere sul mercato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22763 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22763 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MOLFETTA il 07/06/1982
NOME nato a BISCEGLIE il 30/05/1975
avverso la sentenza del 25/10/2024 della CORTE APPELLO di BARI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Motivi della decisione
NOME e NOME COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari indicata in epigrafe con la quale è s confermata la condanna in ordine alla detenzione ai fini di spaccio di cocaina, integrant reato di cui all’ art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90. .
Le esponenti lamentano mancanza di motivazione in merito al diniego del riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui al comma V dell’art 73 del DPR 309/1990 nonché violazione di legge ordine alla confisca della somma di denaro di euro 545,00.
Il ricorso è manifestamente infondato, in quanto i ricorsi si limitano a riprodur stesse questioni già devolute in appello, e da quei giudici puntualmente esaminate e disattes con motivazione del tutto coerente e adeguata.
La sentenza impugnata svolge argomentazioni in linea con l’indirizzo della consolidata giurisprudenza di questa Corte (vedasi fra tutte Sez. U – , n. 51063 del 27/09/2018, Murol Rv. 274076 – 01), secondo cui l’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazi complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gl sintomatici previsti dalla disposizione, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, mod e circostanze GLYPH della stessa), GLYPH sia quelli GLYPH che attengono GLYPH all’oggetto GLYPH materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti). Va in proposito al ricordato che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, al di là del peso ponder il grado di offensività della condotta di detenzione a fini di spaccio è invece rivelato in c dal dato del principio attivo e del numero delle dosi ricavabili e potenzialmente da diffon sul mercato (Sez. 4, n. 24509 del 09/05/2018, Rv. 272942 – 01) e che le ipotesi di cd” picco spaccio”si caratterizzano proprio per la modesta entità delle dosi divulgabili, detenute c provvista per la vendita, che devono essere conteggiabili ” a decine” ( e non, come nel caso specie, a centinaia: Sez. 6, n.15642 del 15 aprile 2015, COGNOME, Rv 263068-01). I giudici merito hanno reso esaustiva motivazione in cui risulta valutato non solo il dato quantita (cocaina da cui era possibile ricavare ben 493 dosi da immettere sul mercato), ma anche la potenzialità offensiva della diffusione di un tale numero di dosi nella cittadina di Molfetta, indirizzata la attività di spaccio. Le argomentazioni sopra riportate sono totalmente immuni vizi logici e, come detto, perfettamente in linea con i principi giurisprudenziali in materia
Stesse considerazioni valgono quanto alla confisca della somma, correttamente argomentata dalla Corte territoriale secondo i criteri di cui all’art. 85 bis DPR 309/1990.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisand assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1 del 13.6.2000), alla condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento de processuali e!usanaentQldella somma di euro tremila ciascuna in favore della Cas
Ammende.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2025
Il Consigliere estensore
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Il PrLsi.ente