Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30742 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30742 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 01/01/1985
avverso la sentenza del 29/10/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.G.
rilevato che, con un unico motivo di ricorso, NOME COGNOME ha dedotto il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 73, comma 4, TU Stup. (dolendosi, in particolare, dell’esclusione della c.d. ipotesi lieve da parte dei giudici di appello su impugnazione del pubblico ministero, avendo i giudici valorizzato esclusivamente le modalità dell’azione dell’imputato; diversamente, avrebbe dovuto essere mantenuta la qualificazione giuridica operata dal primo giudice che aveva sussunto i fatti nell’ipotesi di spaccio da strada, richiamando plurimi precedenti giurisprudenziali di questa Corte a sostegno del proprio assunto; l’assenza di un principio attivo particolarmente rilevante, unitamente all’assenza di qualsivoglia elemento organizzativo , collocava l’imputato nel gradino più basso della scala del traffico di stupefacente, attesa anche la sua incensuratezza, con conseguente sussumibilità del fatto nell’ipotesi lieve);
ritenuto che l’unico motivo di ricorso proposto dalla difesa è inammissibile in quanto manifestamente infondato, prospettando enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità (si v., in particolare, le considerazioni espresse alle pagg. 4/5 della sentenza impugnata, che, con argomentazioni immuni dai denunciati vizi, chiariscono le ragioni per le quali il quadro probatorio consentiva di escludere la riconducibilità dell’intera vicenda all’ipotesi lieve contemplata dall’art. 73, comma 5, TU Stup.; in particolare, i giudici censurano il primo giudice laddove, per qualificare il fatto come ipotesi di “spaccio da strada”, si era limitato a valorizzare unicamente le caratteristiche della cessione, ossia il modesto quantitativo venduto, il contenuto guadagno ricavato e le modalità della condotta, senza tuttavia tener conto del contesto nel quale il fatto si era inserito; la descritta dinamica del fatto che aveva visto protagonista l’imputato, puntualmente illustrata alla pag. 5 della sentenza, qui da intendersi integralmente richiamata in quanto conosciuta al ricorrente, viene considerata dai giudici di appello dimostrativa dell’esistenza di consolidati rapporti dell’imputato con il fornitore della sostanza, di cui è persona di fiducia, denotando lo stabile inserimento dell’imputato nel circuito criminale del narcotraffico e comprovando come questi godesse di canali di smercio sicuri e affidabili, non essendo altrimenti giustificabile la decisione di approvvigionarsi di un così cospicuo quantitativo di stupefacente; a ciò, infine, i giudici aggiungono le risultanze delle perizia tossicologica disposta in sede di appello, che evidenziava come dallo stupefacente fossero ricavabili ben 3732 dosi medie singole, con conseguente estrema diffusività della condotta illecita e altrettanto elevato pericolo pe ril bene giuridicamente protetto, così superandosi l’argomentazione
svolta dal primo giudice che aveva riqualificato il fatto nell’ipotesi lieve pe r mancato accertamento del principio attivo; non meno rilevante, nell’ottica della
esclusione dell’ipotesi lieve, la circostanza evidenziata in sentenza per cui l’imputato ebbe a commettere il reato solo 12 giorni dopo essere stata arrestato
per fatto analogo mentre si trovava sottoposto a misura cautelare non detentiva, circostanza dimostrativa del fatto che egli nonostante l’intervento repressivo della
polizia giudiziaria, non avesse avuto difficoltà a riprendere le file dell’illeci commercio, rifornendosi di una consistente partita di stupefacente);
Rilevato che si tratta, all’evidenza, di censure che non si confrontano all’evidenza con la giurisprudenza di questa Corte, che ha in più occasioni ribadito che il
riconoscimento del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
richiede una adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento
al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e proporzionalità della pena; la
configurabilità dell’ipotesi lieve, non può essere esclusa sulla base di singoli parametri, quali la diversa tipologia delle sostanze cedute o lo svolgimento non occasionale dell’attività di spaccio, astraendo tali elementi dalla ricostruzione fattuale nella sua interezza, fondata su una razionale analisi riguardante la combinazione di tutte le specifiche circostanze (Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271959 – 01); e, nel caso in esame, oltre al consistente ed inequivoco dato ponderale, militavano in senso escludente ogni possibile sussunzione nell’ipotesi lieve proprio le descritte modalità del fatto illustrate dai giudici territoriali;
ritenuto, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso l’il aprile 2025
Il Consigliere estensorb
Il Presidente