Ipotesi Lieve per Spaccio di Droga: Quando la Quantità Esclude l’Uso Personale
L’applicazione dell’ipotesi lieve nel reato di spaccio di sostanze stupefacenti è spesso al centro di dibattiti giudiziari. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su come il dato quantitativo della droga possa essere decisivo per escludere questa attenuante. La Suprema Corte ha infatti confermato la condanna per un imputato trovato in possesso di un notevole quantitativo di cocaina, ritenendo infondata la tesi dell’esclusivo uso personale e inapplicabile la fattispecie di lieve entità.
I Fatti del Caso: Oltre 300 grammi di Cocaina
Il caso ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. L’imputato era stato condannato per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti dopo essere stato trovato in possesso di 342,68 grammi di cocaina e di materiale idoneo al taglio della sostanza. La difesa del ricorrente si basava su due punti principali: la richiesta di riconoscimento dell’ipotesi lieve del reato e una critica alla determinazione della pena. In particolare, l’imputato sosteneva che l’ingente quantitativo fosse destinato al suo consumo personale quotidiano, quantificato in ben 10 grammi al giorno.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile e Conferma della Condanna
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 26 settembre 2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione conferma integralmente la sentenza della Corte d’Appello, rigettando le argomentazioni della difesa. La Suprema Corte ha stabilito che la valutazione dei giudici di merito era stata corretta e priva di vizi logici. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché non è Ipotesi Lieve
La Corte ha specificato che la richiesta di applicare l’ipotesi lieve era infondata. I giudici hanno sottolineato che l’elevato dato ponderale (oltre 340 grammi di cocaina) e la disponibilità di materiale per il taglio erano elementi sufficienti a dimostrare che la sostanza era destinata a realizzare un elevato numero di dosi per lo spaccio. L’argomentazione del consumo personale di 10 grammi al giorno è stata giudicata “ineccepibilmente ritenuta priva di fondamento”. La Corte ha inoltre considerato generica la censura sulla determinazione della pena, confermando che il giudice di merito aveva correttamente esercitato i propri poteri discrezionali, partendo dal limite minimo previsto per il reato base prima di applicare le attenuanti generiche.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa pronuncia ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: ai fini della configurabilità del reato di spaccio e dell’esclusione dell’ipotesi lieve, il dato quantitativo della sostanza stupefacente è un elemento di primaria importanza. Sebbene non sia l’unico criterio, un quantitativo così ingente da essere palesemente incompatibile con un consumo personale, anche se elevato, costituisce un indizio grave, preciso e concordante della destinazione della droga alla vendita a terzi. La decisione serve da monito: la tesi dell’uso personale, per essere credibile, deve essere supportata da elementi concreti e non può basarsi su affermazioni inverosimili, soprattutto di fronte a prove oggettive come la quantità di droga e la presenza di strumenti per il confezionamento.
Una grande quantità di droga può escludere automaticamente l’ipotesi lieve del reato?
Sì. Secondo la Corte, un’elevata quantità di stupefacente (in questo caso, 342,68 grammi di cocaina), insieme ad altri elementi come la presenza di materiale da taglio, è un fattore decisivo per escludere l’ipotesi lieve e ritenere che la sostanza fosse destinata allo spaccio e non all’uso personale.
Affermare di essere un forte consumatore di droga è una difesa valida per giustificare un grande quantitativo?
Non in questo caso. La Corte ha ritenuto “privo di fondamento” l’argomento dell’imputato di consumare 10 grammi di cocaina al giorno. La tesi dell’uso personale deve essere credibile e non può giustificare quantità così elevate, soprattutto se accompagnate da indizi di attività di spaccio.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna al pagamento di 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34088 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34088 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/12/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso reitera la questione proposta in appello alla quale la sentenza ha risposto senza incorrere in vizi logici e giudici escludendo l’ipotesi lieve, secondo un corretto complessivo esame, tenuto conto dell’elevato dato ponderale (342,68 grammi di cocaina) e del materiale per il taglio della sostanza, idoneo a realizzare un elevato numero di dosi per lo spaccio, essendo ineccepibilmente ritenuto privo di fondamento l’assunto del consumo quotidiano da parte del ricorrente di 10 grammi dello stesso stupefacente;
Ritenuto che, quanto alla determinazione della pena, generica è la censura in relazione al corretto esercizio dei poteri discrezionali demandati al giudice di merito che ha considerato il limite minimo adottato per la pena base prima della riduzione per le generiche prevalenti rispetto alla recidiva;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26.09.2025